Roma. Martedì 5 luglio 1983. Emanuela Orlandi è scomparsa da nemmeno quindici giorni, il 22 giugno. Un sedicente rapitore fa ritrovare in un cestino della spazzatura in piazza Parlamento la fotocopia di un biglietto che sembrerebbe vergato da lei. C’è scritto: “Con tanto affetto, la vostra Emanuela.”
La famiglia Orlandi riconosce la sua scrittura e la sua firma. Ora un’analisi tecnica condotta dalla grafologa forense Sara Cordella, di cui riferisce il settimanale Giallo, rimette tutto in discussione. Svela che le frasi sono state scritte sì da Emanuela, ma in tempi diversi. Qualcuno le avrebbe ritagliate da due differenti documenti e incollate sul biglietto.
“Il documento è stato creato assemblando due testi differenti, con una semplice attività di collage meccanico”, spiega Cordella alla rivista.
Chi disponeva di saggi della grafia della ragazza scomparsa? Certamente la famiglia. E, a quanto emerso nei mesi scorsi, anche i servizi segreti. Esiste, ricorda il settimanale, un documento riservato del Ministero dell’interno, datato 20 luglio 1983, con cui è stato trasmesso alla Questura di Roma il diario di Emanuela, “occasionalmente acquisito dal noto organismo.”
Secondo quanto dichiarato dalla famiglia Orlandi, anche dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta deputata a indagare sul caso Orlandi e su quello di Mirella Gregori (di cui si sono perse le tracce il 7 maggio 1983), pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela, uomini dei servizi segreti avrebbero infatti portato via dalla sua camera fotografie, cartoline, scritti, agende e tanto altro materiale.
L’amica di Emanuela
A proposito della Commissione di inchiesta, oggi l’organismo presieduto da Andrea De Priamo ha ascoltato Gabriella Giordani, amica della Orlandi. “La stavamo aspettando in gruppo e mi ricordo che non è arrivata, abbiamo atteso un paio di ore e non è arrivata”, ha riferito la donna, rievocando il pomeriggio della scomparsa. “La stavamo aspettando sul Lungotevere, lei usciva da musica e doveva venire da noi per tornare a casa tutti insieme.” “Da lì sono iniziate le vicissitudini che si sanno”, ha aggiunto.
Con Emanuela “eravamo amiche, mio padre lavorava con il papà e ci siamo conosciute nel gruppo di Sant’Anna; per un paio di anni prima della sua scomparsa ci siamo viste parecchie volte specialmente la domenica in chiesa e il sabato pomeriggio per le prove di canto.”
Il compagno di scuola di Mirella
Oggi la Commissione ha inoltre ascoltato Alessandro De Luca, ex compagno di scuola di Mirella Gregori. In apertura di seduta il presidente De Priamo ha dato conto della richiesta dell’audito di non farsi riprendere dalle telecamere del circuito interno – neppure nei pochi istanti precedenti l’audizione – e di secretare le dichiarazioni rilasciate. Intento dell’organismo parlamentare era quello di chiarire la dinamica degli eventi precedenti la scomparsa.
Quel giorno, tornata a casa da scuola, Mirella viene chiamata al citofono da un sedicente amico che, secondo la ricostruzione dei fatti cui finora si è pervenuti, le propone di uscire. Lei risponde: “Chi sei? Se non mi dici chi sei non scendo!”
Mirella spiega poi alla madre che si tratta di Alessandro, un suo compagno delle scuole medie e afferma di avere appuntamento con lui alle 15,30 presso il monumento del Bersagliere, a Porta Pia, poco di stante dalla sua abitazione, in via Nomentana. Verso le 15,20 Mirella esce di casa in fretta, dicendo appunto alla madre che sarebbe andata a salutare “Alessandro”, assentandosi solo una decina di minuti. Non prende neanche la borsetta. Uscita di casa, entra nel bar “Da Baffo”, sotto casa Gregori. La figlia dei gestori, Sonia De Vito, è la sua migliore amica. Vi si è recata anche prima di tornare a casa. Qui, lei e Sonia si chiudono nel bagno e rimangono a parlare per circa quindici minuti. Poi Mirella esce dal bar e di lei si perdono le tracce.
Un rapimento pianificato?
“Alessandro ha citofonato a mia sorella e non si sa se fosse veramente lui o qualcuno che ha usato il suo nome”, ha riferito, anche nel corso dei lavori della Commissione, la sorella della giovane scomparsa, Maria Antonietta Gregori.
Nei giorni precedenti il 7 maggio 1983, ha dichiarato inoltre in una intervista televisiva, “eravamo seguiti e pedinati tutti noi della famiglia; lo fecero per pianificare bene il rapimento. Non a caso, chi quel giorno invitò Mirella a scendere in strada, prima di citofonare aspettò che mio padre rientrasse a casa dal lavoro. Il rapitore o i rapitori di Mirella attesero almeno 10-15 minuti dopo il rientro di papà prima di citofonare.”
“Tutto questo è confermato anche dalla testimonianza di Simona, un’amichetta di Mirella”, ha aggiunto Maria Antonietta Gregori. “Simona disse che qualche giorno prima erano state seguite, pedinate e poi avvicinate da una macchina a Santa Maria Maggiore; gli occupanti dell’auto chiamarono Mirella che però tirò dritto visto che non era una ragazza facile.”