L’Aquila. In merito all’opinione sulla presenza degli animali selvatici, tra i quali i cinghiali, nelle aree protette, espressa dal consigliere regionale Mario Febbo e riportata oggi sui giornali online, riportiamo il commento dell’assessore Lorenzo Berardinetti: “Il protocollo d’intesa non solo non risolverà il problema dei danni alle colture agricole e degli incidenti stradali ma lo aggraverà e per di più in completa illegittimità tecnico-giuridica. Al di là dei titoli dei giornali e dei commenti a caldo di diversa natura che però confermano la non conoscenza del protocollo sottoscritto, mi preme rimarcare quanto segue: nel documento ci sono espliciti riferimenti alle Linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette realizzate dall’I.S.P.R.A. per conto del Ministero dell’Ambiente e l’esplicito richiamo alle norme della 394 del ’91 ed in particolare art. 22 che prevede al comma 6 che nei Parchi l’attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici e abbattimenti selettivi necessari per ricomporre gli squilibri ecologici. E’ chiaro che nella gestione del cinghiale va tenuta la visione complessiva della verifica dell’efficacia e dell’efficienza degli interventi sia fuori che dentro le aree protette”.
“Nel protocollo, le aree protette regionali”, specifica Berardinetti, “come anche da indirizzo tecnico del documento dell’Istituto Abruzzese delle Aree Protette, hanno chiesto di privilegiare le catture, ma al tempo stesso si prevedono azioni di abbattimento selettivo, qualora le prime non funzionino e per motivi di sicurezza pubblica, in linea con quanto previsto dalle leggi”. Mentre, in merito alla valorizzazione della carne da cinghiale, si è definito di avviare un percorso atto alla costituzione di una filiera, anche di prossimità in modo da favorire le economie locali, che dia soluzione non solo alle eventuali catture ma pure agli abbattimenti, perché il problema oggi esiste per entrambi. Non si comprende il riferimento alla normativa comunitaria in merito alla macellazione in quanto la normativa non vieta di certo il trasporto (purché gli animali siano svezzati e non siano scrofe in lattazione) ne la macellazione, identificando quale «macello» qualsiasi stabilimento utilizzato per la macellazione di animali terrestri (regolamento (CE) n. 853/2004).
“I regolamenti comunitari impongono che tutte le misure adottate garantiscano il consumatore finale dai rischi sanitari ed igienici delle carni degli animali. E comunque il tutto spetta agli organi ufficiali di controllo (Servizi veterinari ASL) che valutano di volta il volta il rispetto dei requisiti richiesti, come d’altronde riportato nelle intese della Regione. Di fondamentale importanza è la necessità che gli animali siano identificati singolarmente, con provenienza nota e sottoposti alle analisi sanitarie, all’esito delle quali potranno entrare nella catena alimentare umana. Il risultato è che finalmente questo protocollo cambia l’approccio nella gestione del problema cinghiali e supera i vecchi schemi e pregiudizi, chiamando tutti alla corresponsabilità. Si lavora in sinergia con ruoli, modalità ed obiettivi certi per prevenire e ridurre il rischio delle collisioni fauna-autoveicoli, garantire l’incolumità e la sicurezza dei cittadini e la copertura dei danni agli agricoltori. Quanto alle preoccupazioni di Febbo che giudica il protocollo un provvedimento”, conclude Beradinetti, “è utile sottolineare che dopo mesi di lavoro si è arrivati a condividere un protocollo che mai fino ad ora era stato possibile, neanche nei circa sei anni che cui ha rivestito la carica di assessore; noi continueremo col nostro impegno nell’interesse esclusivo dell’intera popolazione abruzzese a Febbo, volentieri, lasciamo, ancora, l’ennesima campagna elettorale, da consigliere”.