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CGIL Provincia dell’Aquila: “Più partecipazione per le aree interne”

Redazione Abruzzolive di Redazione Abruzzolive
6 Settembre 2025
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L’Aquila. “La Provincia dell’Aquila è la più estesa d’Abruzzo, coprendo circa la metà della superficie regionale, e, per le sue caratteristiche morfologiche, è definita area interna a prevalenza montana, caratterizzata da una bassa densità di popolazione.

Per risolvere le problematiche delle aree interne non si può utilizzare lo stesso modello che le ha marginalizzate, alla rincorsa del paradigma neoliberista. Si rischierebbe, infatti, di ricadere in un grave errore, non sfruttando appieno le risorse a disposizione (quando ce ne sono), e senza, quindi, invertire una tendenza che continua inesorabilmente ad aggredire i nostri territori: desertificazione e spopolamento.

Le nostre aree interne, infatti, sono crollate perché è venuto meno il modello di economia a supporto di questi aggregati sociali. Per troppo tempo ci siamo forse illusi che il turismo bastasse a sostituire quell’economia legata all’agricoltura, alla cura del suolo e dei boschi e alla pastorizia. Un sistema rurale, quindi, che, oggi, rischia di morire soffocato dalle grandi corporazioni dell’agroalimentare, dai bassi prezzi dei centri commerciali, dalla grande distribuzione organizzata e dalla concentrazione dei servizi nei grandi centri urbani.

Per ripartire dalle aree interne bisogna, perciò, riconoscerne il ruolo fondamentale di comunità democratiche, a cui garantire la fattuale applicazione dei principi di uguaglianza, giustizia sociale, solidarietà e libertà. Per questo è necessario uscire dalla logica dei numeri e del profitto, del grande e del piccolo, inevitabilmente trasformati in disuguaglianze sociali, riportando al centro il nesso tra l’accrescimento dei bisogni delle nostre comunità e l’adeguatezza delle risposte a quegli stessi bisogni.

Solo nel 2024, nella nostra Provincia, sono 14 i comuni a zero nascite, e cioè quasi il 13% dei 108 comuni dell’ambito provinciale. Nello stesso anno, gli over 65 rappresentano il 26,8% della popolazione, e cioè il 2% in più rispetto al dato nazionale. Gli under 15, intanto, rappresentano solo il 12% della popolazione provinciale. D’altra parte, pur continuando il saldo naturale a scendere inesorabilmente anche nei primi mesi del 2025 (nel periodo di gennaio-maggio 2025, il saldo corrisponde a -862), il saldo migratorio estero, nel medesimo periodo, ha compensato il saldo naturale, aumentando quasi nella stessa misura (corrisponde, infatti, a +834).

Eppure, le aree interne rappresentano un patrimonio di risorse, cultura e identità, e sono custodi di biodiversità, tradizioni, comunità coese e potenzialità inespresse. Se, quindi, vogliamo rilanciare il Paese, dobbiamo ripartire dalle nostre aree interne.

Se il declino demografico e la perdita di servizi sono fenomeni reali e costanti, il futuro dei nostri territori è ancora tutto da scrivere. Lavoro, sanità, scuola e mobilità sono gli elementi su cui investire per invertire la tendenza all’abbandono delle nostre aree. L’Italia è un Paese con un patrimonio di fondi europei e nazionali da investire, ma occorre una politica partecipata. Solo attraverso il coinvolgimento di chi vive ed abita nelle zone interne si possono, infatti, comprendere le reali necessità e i veri bisogni delle popolazioni a cui dare risposta. Le nostre comunità, per risolvere le problematiche che le affliggono, rivendicano ascolto, valorizzazione e strumenti per la loro autodeterminazione. Le aree interne rappresentano potenzialità inespresse, irrealizzate e represse, per la mancanza di coraggio nelle scelte politiche adottate. Per questa ragione, per scoprirle e valorizzarle, occorrerebbe una capacità di ascolto, di investimento e programmazione.

Nei confronti delle comunità resistenti che ancora riescono a vivere nelle nostre aree interne abbiamo un debito da saldare, perché rappresentano un presidio umano per la gestione del suolo e svolgono un’azione di contrasto agli eventi che rischiano di compromettere irreparabilmente le nostre montagne. La presenza di donne e uomini nelle aree più marginalizzate della nostra provincia è l’ultimo vero presidio di prevenzione e di cura del territorio, anche a causa del costante arretramento della presenza dello Stato e delle sue articolazioni in aree sempre più vaste.

I segnali di inversione di tendenza fortunatamente non mancano, con i piccoli comuni che provano a rigenerare i propri territori, con imprenditori e imprenditrici che, con tenacia, riscoprono colture ormai dimenticate, reti civiche tese a rafforzare identità e culture locali, anche con la costituzione di cooperative di comunità e comunità energetiche. Tutti questi sforzi si scontrano, però, con la mancanza di servizi essenziali, quali presidi sanitari e scolastici, infrastrutture materiali e immateriali, e di una efficace mobilità verso i centri urbani.

Sono in molti, infatti, a non poter raggiungere il posto di lavoro per la carenza di mezzi pubblici che collegano i grandi centri alle aree interne. Non possedere un mezzo di trasporto proprio è, quindi, un ulteriore elemento di isolamento. Non possiamo più contare solo sulla buona volontà di chi coraggiosamente resta a vivere nelle aree interne, ma occorrono programmazione, condivisione risorse da spendere e idee su come spenderle, snellendo procedure spesso troppo burocratizzate. Occorre una rinnovata presenza dello Stato, con il superamento dei numeri e dei modelli legati al mercato e al contenimento della spesa pubblica: ogni euro correttamente investito nelle aree interne produce ricchezza.

La soluzione va ricercata in una fiscalità di vantaggio, in investimenti in infrastrutture materiali e immateriali e attraverso il potenziamento di servizi sanitari di prossimità, di una legislazione per le scuole di montagna e di una mobilità adeguata ai bisogni della popolazione ed alle caratteristiche del territorio. Senza un ecosistema di servizi pubblici e senza un’economia di prossimità che sostenga imprese, lavoratrici e lavoratori è difficile rendere attrattivo un territorio ed invertire la tendenza allo spopolamento e alla desertificazione.

Per la crescita e lo sviluppo dei comuni delle aree interne bisogna rilanciare un’aggregazione funzionale che metta insieme energie, risorse e competenze per riattivare le funzioni locali e migliorare le condizione di vita delle persone.

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Il futuro si realizza, infatti, attraverso una comunità d’intenti fatta di persone, istituzioni, politica, associazioni e movimenti”.

Francesco Marrelli

Segretario Generale CGIL della Provincia dell’Aquila

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