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“C’è ancora molta gente in giro, ma la pressione sugli ospedali è altissima”, lo dice l’infettivologo Grimaldi

Francesca Trinchini di Francesca Trinchini
15 Novembre 2020
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L’Aquila. “Speriamo non ci sia bisogno di un lockdown totale, ma se il trend dovesse rivelarsi ancora molto negativo, è l’unica soluzione per invertire la tendenza della curva. Il mio pensiero è che è meglio tirare il freno in modo energico in questo periodo, per sperare poi di riaprire qualcosa, con molta prudenza, in prossimità delle festività natalizie”. Così il primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Salvatore, Alessandro Grimaldi, nel fare il punto sulla emergenza in regione e, soprattutto in provincia dell’Aquila, da settimane maglia nera dell’intera regione con il sistema sanitario al collasso. L’infettivologo parla nel giorno del record di contagi in Abruzzo con 939 casi, di cui 374 in provincia dell’Aquila.

“Come se ne esce? Lavorando tanto, facendo tantissimi tamponi, tracciando velocemente le persone e iniziando i trattamenti a casa: chi comincia prima, anche se peggiora, ha più probabilità di guarire” spiega Grimaldi. “Ancora si vede molta gente che circola, si deve rimanere a casa e muoversi solo per necessità e impegni improrogabili. È una situazione esplosiva: dobbiamo tenere in considerazione l’Rt, ma il parametro ancora più importante è la pressione sulle strutture ospedaliere, che bisogna abbassare per non lasciare nelle tende senza cure i positivi in condizioni precarie. Servono interventi rapidi, tempestivi ed efficaci”.

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“L’Rt valuta un trend, ma bisognerebbe anche fare i conti la realtà di una pressione ancora estremamente elevata sulle strutture sanitarie” prosegue l’infettivologo. “Ciò che abbiamo compreso in questi mesi è che interventi terapeutici precoci possono migliorare la prognosi dei pazienti. Le terapie inoltre vanno il più possibile personalizzate tenendo conto anche delle problematiche di salute dei malati, le cosiddette comorbidità, come ad esempio diabete, insufficienza respiratoria cronica, insufficienza renale cronica e cardiopatie. Poi, sembrerebbe da alcuni studi che, indipendentemente dalla tempestività e congruità delle cure, alcuni pazienti sviluppino una forma più grave di malattia dovuta a una probabile predisposizione genetica. Però il dato certo è che gran parte delle persone, se curate precocemente, sviluppano una malattia meno grave: l’intervento tempestivo e le cure adeguate salvano la vita e riducono la ospedalizzazione. E anche se si finisce in ospedale, si hanno più chance di farcela” conclude l’infettivologo.

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