Roma. Il dossier vaticano sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, di cui si parla da tempo, “esiste, lo abbiamo trovato, è quello cui allude Pietro Orlandi, quello di cui parlò Paolo Gabriele.” È quanto dichiara – a margine della presentazione del libro Il trono e l’Altare. Guerra in Vaticano: una storia inedita, di Maria Antonietta Calabrò – il Promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, attualmente impegnato a indagare sulla vicenda. E spiega che il “contenuto è riservato.” “Mi auguro che venga presto il giorno in cui potremo presentare la nostra attività di indagine e ognuno potrà dare la sua lettura, ora non è ancora arrivato il momento.”
Diddi ha considerato che, relativamente al caso Orlandi, si sono delineati, in tanti anni, “cinque piste: dalla tratta delle bianche alla pista legata a problematiche familiari. Cinque piste che ovviamente non possono essere tutte vere. Si autoescludono. Stiamo cercando di eliminare quelle non attendibili.”
“Io”, ha aggiunto, “vorrei lavorare senza avere una opinione personale perché le idee personali fanno deviare rispetto ai fatti. Ognuna delle ricostruzioni ha una sua plausibilità. Io non mi voglio fare convincere da nessuna per ora. Stiamo parlando di una vicenda terribile su cui molti stanno speculando.”
Anche la magistratura italiana sta nuovamente investigando sulla scomparsa della cittadina vaticana, avvenuta a Roma il 22 giugno 1983 e, in proposito, Diddi ha rimarcato che con il nostro Paese vi è piena collaborazione nel “rispetto di confini: l’Italia sta facendo indagini e noi non ci mettiamo in competizione. Collaboriamo.”
Qualcuno rivolge a Diddi una domanda relativa all’ultima seduta della Commissione bicamerale di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, nell’ambito della quale è stato ascoltato l’ex Comandante della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani. Questi ha affermato, nella circostanza, di aver svolto in passato una “attività informativa” sul caso, consegnando la relativa documentazione proprio all’ufficio del Promotore di giustizia.
“Se ha detto questo bene”, è stata la risposta di Diddi, “ci sono delle regole che vanno rispettate, c’è una sovranità che va rispettata, ci sono delle regole che sono le rogatorie, se la Commissione ritiene di dover acquisire documentazione del nostro fascicolo, si muova secondo i canali istituzionali.”
Nei giorni scorsi, dinanzi alla Commissione di inchiesta, Domenico Giani ha in effetti affrontato vari aspetti della misteriosa vicenda.
I rapporti con la famiglia Orlandi
“Ho abitato in Vaticano dal 1999 al 2020, in un certo periodo in una palazzina vicina a Sant’Anna, adiacente alla palazzina dove vive la signora Maria Orlandi”, ha ricordato – secondo quanto riportato sul Gazzettino – l’ex Comandante della Gendarmeria nel corso della sua audizione dinanzi all’organismo presieduto dal senatore Andrea De Priamo, “ebbi modo di conoscere il signor Ercole Orlandi quando arrivai in Vaticano, quando seppe che ero stato prima nella Guardia di Finanza e venivo anche dai Servizi, mi chiese se sapevo qualcosa, ma io non sapevo nulla di questo caso, ero entrato in Guardia di Finanza nel 1991. Anche tra le nostre famiglie c’è stato grande affetto, la signora Maria, la mamma di Emanuela, aveva avuto sempre grande affetto verso mia figlia, c’è sempre stata questa attenzione.”
Tanti scenari e nessuna certezza
Tuttavia, sulla sorte di Emanuela, “io non so niente” ha ribadito più volte Giani. “In quel momento lì, con Agcà si disse del terrorismo internazionale, poi è venuta fuori la pista della criminalità organizzata, poi ho sentito di un’altra pista ma io non posso dare risposte, come poliziotto non posso avere opinioni se non ho elementi.”
“Quando io sono arrivato”, ha aggiunto, “tante persone che c’erano al tempo non c’erano più, quello che ho letto io è quello che ha potuto leggere chiunque, se mi fate una domanda di carattere più generale, io in coscienza non so dare una risposta, quando ero in Finanza ci è stato insegnato di non perseguire mai una sola pista, ma in quel momento lì io non c’ero, le indagini erano condotte dall’Italia e io credo in buona fede.”
La tomba di De Pedis e gli incontri con il Procuratore
In merito alla presenza della tomba di Enrico De Pedis all’interno di Sant’Apollinare: “Io non so perché era lì, non me ne sono mai occupato, non faceva parte dei miei compiti”, ha precisato. “Se non fosse venuta fuori dai giornali probabilmente questa tomba sarebbe ancora lì. Anche io lo ritengo un fatto grave, ma detto questo non so perché c’era, non me ne sono occupato. Nel momento in cui i superiori della Segreteria di Stato si sono resi conto di questa cosa, è stato detto ‘questa tomba qui non ha titolo di starci’ ed è stata portata via.”
Numerose domande hanno riguardato gli incontri di Giani con il procuratore Giancarlo Capaldo, i cui termini sono stati più volte ribaditi dall’ex Comandante in sede di audizione. “Confermo quanto detto, è stato il Vaticano attraverso me come Comandante della Gendarmeria a chiedere di incontrare il procuratore Capaldo per trattare esclusivamente la questione della estumulazione della tomba di De Pedis dalla basilica di Sant’Apollinare, confermo che a un certo punto questi rapporti che si erano instaurati di cordialità con la procura di Roma si sono interrotti e non ho più visto il dottor Capaldo da quel tempo.” Due gli incontri, ha specificato, avvenuti “il 25 gennaio 2012” e “il 1 febbraio 2012.”
Nel corso di essi si è parlato solo della estumulazione o anche di supporto per il ritrovamento del corpo di Emanuela Orlandi o di informazioni inerenti il caso? “Il primo incontro avvenne in Procura, il secondo in Vaticano. Nel secondo in Vaticano Capaldo mi chiese se avevo notizie, che cosa sapessi. Risposi che la Santa Sede non aveva esperito alcuna attività di indagine e che all’epoca della scomparsa, questa fu delegata all’Italia.”
Il “dossier”
Giani ha quindi menzionato una “attività informativa” espletata su richiesta della Segreteria di stato e di mons. Georg Gaenswein. Si trattava, ha specificato, di “un fascicolo redatto da me a richiesta di mons. Georg per ricostruire storicamente i fatti, il fascicolo è presso l’ufficio del Promotore di giustizia, al quale la Commissione si può rivolgere per richiederne gli atti.”