Chieti. Carlo Verdone incanta gli studenti di Chieti. Ospite come vincitore del Premio Penne per la scrittura del cinema, l’attore e regista romano arriva all’Auditorium del rettorato dell’Università D’Annunzio di Chieti. Presentato da Enrico Vanzina e Giacomo Manzoli, Verdone accoglie il pubblico, in vista della premiazione nella conferenza tenuta presso l’auditorium rettorato alle 11.30 di questa mattina. “Accolgo con felicità questo premio perché, in fondo, non è proprio il mio lavoro quello dello scrittore”, apre così il discorso, riflettendo sul libro vincitore del premio e sulla concezione di vita che esprime, tra una battuta e l’altra. Verdone parla del suo libro La casa sopra i portici , “non l’ho scritto per fare soldi ma per atto di amore e dolore d’aver perso la mia casa, quella dove ho visto vivere mia madre e mio padre, dove ho visto passare i più grandi personaggi, le nascite e le morti. È un libro vero, sincero” dice “se non ci fosse stata quella casa probabilmente non sarei diventato quello che sono”. “Questo libro è la radiografia della mia anima e di quello che ho provato; la casa dove vivo oggi è una casa grande, ma non una grande casa, perché quello che le manca è la storia. In questo libro ricordo tutto quello che non voglio dimenticare”, prosegue. Tra gli applausi e l’euforia esplicita del pubblico, l’attore racconta e ricorda con Vanzina episodi della loro carriera e della loro artistica amicizia. È difficile per l’artista riuscire a parlare tra gli applausi incessanti della platea, che si sciolgono in grandi risate al momento dell’imitazione dei più famosi personaggi, dai primi film ai più celebri. Svelando, anche, d’aver preso ispirazione per ogni personaggio dalla vita quotidiana. Un attore, regista ma soprattutto un uomo umile e semplice; egli stesso si definisce “non protagonista, ma fan degli altri”, attribuendo a questo comportamento il vero segreto del successo. Uno sguardo sul cinema passato, sui tempi moderni e sul resoconto di una carriera di 38 anni di vittorie, si alza davanti al pubblico per lasciare un insegnamento: “Io ho ancora voglia di guardare e raccontare, ma questi tempi sono duri perché è un periodo senza filo di etica e di moralità. La qualità della nostra vita è mediocre perché stiamo perdendo la memoria storia”.Ironizzando sui disturbi psicologici, sulle nevrosi, ricordando i grandi tormentoni del cinema italiano e scovandone il trucco, vuole dimostrare che bisogna vivere seriamente ma senza prendersi troppo sul serio. E tra le grida ad alta voce del pubblico che incita “Grande, sei un grande” a nome del pensiero comune del pubblico italiano, Carlo Verdone risponde “Non sono un grande. Sono solo un grande appassionato della vita e della realtà”.