Pescara. “È un dovere tutelare l’istituzione penitenziaria e le donne e gli uomini del corpo di polizia penitenziaria in servizio nella casa circondariale di Pescara alla luce della misura cautelare personale interdittiva a cui è stato sottoposto un assistente capo accusato di avere introdotto droga e telefonini nel carcere San Donato”.
Lo evidenzia in una nota Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei baschi azzurri. “Nell’assoluta convinzione dei capisaldi giuridici della presunzione d’innocenza e del carattere personale della responsabilità penale, che vale per tutti, se gli indizi saranno confermati il responsabile che avrebbe favorito traffici illeciti ai detenuti subirà le giuste conseguenze sia sotto il profilo penale e disciplinare, perché ha tradito lo Stato e la fiducia di tutti i colleghi. La polizia penitenziaria è in prima linea per eliminare le mele marce”.
“È inutile nascondere la grande amarezza che questo grave fatto ha determinato tra i colleghi di Pescara e dell’Abruzzo”, conclude, “ma il corpo di polizia penitenziaria è una istituzione sana. È del tutto evidente che rendersi responsabili di comportamenti che sono non solo contrari alla nostra etica professionale, ma addirittura illegali perché violano le norme penali, è assolutamente ingiustificabile, tanto più se a porli in essere è chi svolge la delicata professione di poliziotto penitenziario”.