L’Aquila. Sono stati consegnati i riconoscimenti della prima edizione del Premio letterario nazionale Gioacchino Volpe, in omaggio allo storico aquilano (1876-1971).
La cerimonia, che ha avuto luogo nel Palazzo Pica Alfieri all’Aquila, ha visto la partecipazione, del sindaco, Pierluigi Biondi, dei componenti della giuria, presieduta da Gianni Letta, Gaetano Quagliariello, Bruno Vespa e Antonio Polito. La moderazione è stata affidata a Giancarlo Loquenzi. “Questa serata – ha sottolineato Biondi – ha confermato il valore della nostra proposta culturale, anche in vista dell’imminente appuntamento con L’Aquila Capitale italiana della cultura 2026”. La cerimonia è stata impreziosita dal recital, a cura del maestro Davide Cavuti, di Giancarlo Giannini al quale è stato attribuito un riconoscimento per l’interpretazione di Celestino V nella trasposizione teatrale, prodotta nel 1969 dal Tsa, dell’opera siloniana ‘L’avventura di un povero cristiano’.
“Quello di Celestino – ha ricordato Giannini – è un ricordo molto bello di uno spettacolo con Valerio Zurlini e scene di Alberto Burri. Sono felice di tornare all’Aquila”. II premio si articola in tre sezioni. Quella principale ‘Gioacchino Volpe’ ha visto una vittoria ex aequo dei saggi storici ‘Italy’s Christian Democracy: the catholic encounter with political modernity’ di Rosario Forlenza e Bj›rn Thomassen e ‘Storia della Democrazia Cristiana 1943-1993’ degli autori Paolo Pombeni, Guido Formigoni e Giorgio Vecchio. La sezione ‘Panfilo Gentile’, dedicata al giornalismo politico, ha premiato ‘Tempesta – La vita (e non la morte) di Giacomo Matteotti’ di Antonio Funiciello. La sezione ‘Stefano Vespa’, per giornalismo emergente su temi di sicurezza interna e internazionale, ha premiato ‘Sfide e opportunità della sicurezza europea nel nuovo scenario geopolitico’ di Tullio Ambrosone. Riconoscimenti alla carriera sono stati assegnati a Elena Aga Rossi e Walter Cavalieri.
IL DISCORSO DEL SINDACO PIERLUIGI BIONDI:
Vorrei raccontarvi “il mio Gioacchino Volpe”, che mi ha nutrito attraverso la sua moderna e sofisticata visione storiografica, il suo universo etico, il suo indubbio talento di intellettuale, il suo essere orgogliosamente
e amorevolmente aquilano, abruzzese. Condivido con voi quattro istantanee del mio percorso di crescita,
che ci ha condotti qui, oggi, a celebrare Gioacchino Volpe attraverso il Premio a lui dedicato.
La prima, mi riporta alla mente mia madre, la sua passione per il teatro e i racconti degli spettacoli visti rigorosamente dal loggione, postazione di tendenza per i giovani degli anni Settanta del Novecento.
Accogliendo la richiesta di un testo originale per il Teatro Stabile dell’Aquila, Ignazio Silone per scrivere “L’Avventura di un povero cristiano” consultò diverse opere storiografiche, tra le quali “Movimenti
religiosi e sette ereticali”, in cui Gioacchino Volpe raccolse i suoi saggi scritti tra il 1907 e il 1912. La pubblicazione, attraverso l’analisi dei fenomeni religiosi presenti in Italia tra l’inizio del secondo millennio e il Trecento, mette in evidenza lo scontro di poteri nella Chiesa e i suoi protagonisti, tra i quali non poteva
mancare Bonifacio VIII. Pagine, queste di Volpe, di ispirazione per il dramma siloniano che, nell’ultimo quadro ambientato all’interno del Palazzo Caetani ad Anagni, ci rappresenta un duro confronto tra Bonifacio VIII e Pietro Celestino, portatori di due opposte concezioni della Chiesa.
Il primo esponente della “boria di dominio teocratico”, definizione dello stesso Volpe; il secondo sostenitore coraggioso di una Chiesa povera e libera dal potere e pienamente testimone della misericordia di Dio, come
ci ha ricordato proprio all’Aquila Papa Francesco, primo pontefice, dopo 728 anni, ad aprire la Porta Santa della basilica di Collemaggio in occasione della Perdonanza del 2022.
La seconda istantanea mi riporta tra i banchi del quinto E del Liceo scientifico Bafile, alle lezioni sulla Grande Guerra del prof. Cavalieri. Gioacchino Volpe da storico sul campo, raccontò l’Italia della prima
guerra mondiale e il popolo in armi, rivelando un “sobrio amor patrio senza fanatismi”.
Volpe, nella scrittura scorrevole delle pagine di storia, rivela uno stile da cronista, acquisito durante il tirocinio al Mattino di Napoli, giornale fondato da suo cugino Edoardo Scarfoglio e da sua moglie Matilde Serao.
L’esperienza della Grande Guerra fu decisiva per trasformare Volpe nel più importante storico dell’Italia in cammino. Storico che non rinunciò mai alla sua umanità, che andava oltre le scelte politiche, come dimostra la critica al razzismo e la difesa di Ernesto Buonaiuti e dei fratelli Rosselli.
La terza istantanea mi porta al terremoto del 6 aprile 2009, alla
generosità degli alpini e delle loro associazioni di volontariato.
Ero sindaco di Villa Sant’Angelo all’epoca e nei rari momenti di
riposo, quando gli occhi non riuscivano a chiudersi, rileggevo con la mente
il coinvolgente e delicato racconto sul “popolo in grigio-verde”.
Gli eroi positivi di Volpe sono stati gli alpini: “una magnifica truppa
con spalle salde, garetti d’acciaio, tolleranti ad ogni disagio (…) Potevano
esserci differenze fra alpini piemontesi o friulani, lombardi o abruzzesi, ma
la montagna aveva dato stampo comune, quasi un popolo entro un popolo,
un esercito entro un esercito”.
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L’ultima istantanea mi vede sindaco dell’Aquila, l’impegno per la
sua rinascita; la convinzione della forza rigeneratrice della cultura e la sua
capacità di ridare forma e anima alla comunità dispersa; la cura per rendere
la Perdonanza celestiniana un evento di respiro internazionale; il
raggiungimento dell’obiettivo dell’Aquila capitale della cultura 2026, di
cui questa prima edizione del Premio Volpe ne è una delle pietre miliari.
Oggi, sarebbero da rileggere le pagine di quella preziosa
pubblicazione della casa editrice del figlio di Gioacchino, Giovanni, dal
titolo “Ritorno al paese. Paganica”, illustrato con acqueforti originali di
Sigfrido Bartolini.
Era il 1920 quando Volpe torna al “natio Abruzzo”. Nel libro
racconta che si fermò due giorni all’Aquila per rivedere, non tanto le cose
nuove, quanto quelle vecchie con occhi di un quarantenne, rispetto a
quando le vedeva senza guardarle veramente, a 12 anni.
I suoi ricordi dell’infanzia lo riportano davanti a quella che lui
chiama “la mia impareggiabile Santa Maria di Collemaggio, sacra a Pier
Celestino”.
Più che un ritorno, il suo è un percorso dell’anima attraverso i luoghi
del cuore; è il racconto dell’amore per le sue origini, la testimonianza di
come le radici identitarie sono ricordo che si fa memoria.
Radici che aggiungono all’approccio scientifico dello storico,
l’espressività valoriale della terra atavica.
La vita di un personaggio come Gioacchino Volpe non si può
racchiudere in poche battute.
La sua è una personalità complessa e semplice allo stesso tempo.
Complessa come può essere la storiografia, della quale Volpe è stato uno
dei più interessanti rappresentanti del Novecento.
Personalità semplice, nel senso di unica, per la sua capacità di elevare
a virtù il dolore che cerca rispetto, la gloriosa bellezza del sacrificio del
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popolo in armi, l’umanità dello studioso e ricercatore, nonostante le
contraddizioni degli avvenimenti, le logiche del potere, le contrapposizioni
degli egoismi, la violenza delle armi, la rigidità dell’ideologia …
Il Premio Gioacchino Volpe – che questa sera prende forma nei
nomi dei vincitori – va oltre la sua denominazione.
Abbiamo, infatti, operato una scelta che, sono convinto, sarebbe stata
accolta con entusiasmo dallo stesso Volpe.
Abbiano affiancato a quella di Volpe, le storie straordinarie di due
aquilani illustri, come Panfilo Gentile e Stefano Vespa.
A Stefano, che ho conosciuto personalmente, rivolgo il mio pensiero
di affetto e stima, ricordando una delle nostre ultime chiacchierate sul
futuro del TSA.
L’Aquila, come per molti di noi, era la sua certezza; il suo approdo;
dove ritrovare gli amici, i profumi e i sapori di sempre; dove godere delle
fresche serate estive, dell’aria frizzantina delle mattine autunnali, del
freddo intenso delle serate invernali, di quel cielo terzo e inimitabile,
carico di promesse, della nostra primavera.
Il Premio Volpe, esalta L’Aquila e il suo territorio come terra fertile
di ingegno e saperi, di creatività e professionalità, di arte e scienza, di
capitale della Pace e del Perdono, di capitale della cultura 2026, di città
nuova e rigenerata.