Martinsicuro. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Teramo hanno eseguito una misura cautelare non custodiale a carico di una donna, residente a Martinsicuro, poiché ritenuta presunta responsabile del reato di maltrattamenti in famiglia nei confronti del coniuge, convivente.
Lui settantenne, lei cinquantenne, dopo le nozze risalenti a circa dieci anni fa, si trasferiscono a Martiniscuro. Tutto sembrava scorrere normalmente fino a circa un anno fa, quando l’uomo si incontra con uno dei suoi figli che vive in un’altra città e gli confida che a casa sta subendo delle violenze da parte della donna. Nonostante le insistenze del figlio, l’uomo non vuole formalizzare alcuna denuncia e torna a casa dalla moglie. Giungono intanto alcune segnalazioni ai carabinieri di Martinsicuro da parte di alcuni cittadini che conoscono l’uomo e lo vedono sempre più spesso con lividi ed ematomi vari in volto e sul corpo. I militari dell’Arma approfondiscono sentendo alcuni vicini di casa dell’uomo, poi passano ai dipendenti e ai proprietari di alcuni esercizi commerciali della zona frequentati dalla coppia. Raccolti elementi sufficienti, l’AG viene informata e partono quindi le indagini coordinate dalla Procura di Teramo. Le attività eseguite dai carabinieri coordinate e dirette dalla Procura teramana, hanno fatto emergere a carico della donna gravi elementi di responsabilità circa i maltrattamenti posti in essere nei confronti del marito. Azioni vessatorie giornaliere con insulti, violenze psicologiche ma anche pesanti violenze fisiche.
Calci al volto, schiaffi, sputi, ma anche colpi alla nuca con bottiglie, telecomandi ed altri oggetti. L’uomo, per diversi mesi, ha subito e, per amore, ha accettato anche di rimanere in silenzio. La donna si è premurata di dire al marito di stare zitto e di non parlare con nessuno, figli, amici od altri perché altrimenti sarebbero stati separati e l’uomo sarebbe rimasto solo senza nessuno al suo fianco. Adesso la donna è stata allontanata dalla casa familiare con divieto di avvicinarsi alla persona offesa con l’apposizione del “braccialetto elettronico” in ottemperanza a quanto disposto dal G.I.P. del Tribunale di Teramo che ha condiviso in pieno la richiesta della locale Procura della Repubblica con la quale sono stati ricostruiti i fatti, avvalendosi anche di attività intercettive.