Pescara. Il 10 febbraio si concluderà finalmente in Abruzzo una stagione venatoria che anche quest’anno gli amministratori regionali hanno voluto prolungare con la caccia al Colombaccio. Un prolungamento di cui certamente nessuno sentiva il bisogno, ma che è il risultato di un certo asservimento della politica regionale al mondo venatorio.
La Regione ha concesso di sparare a circa 30 specie animali, dal mese di settembre al mese di febbraio, consapevole che la vigilanza venatoria sul territorio è pressoché nulla. Quando poi i controlli vengono effettuati, emerge una condotta non certo esemplare da parte dei cacciatori: negli interventi eseguiti dal Comando provinciale dei Carabinieri Forestali de L’Aquila tra i cacciatori, nei soli primi dieci giorni di gennaio, sono state elevate 13 sanzioni amministrative e inoltrata 1 denuncia penale.
Si è registrato purtroppo anche un incidente mortale, che seppur non legato direttamente all’attività venatoria, ne è fortemente dipendente, in quanto la vittima ha perso la vita a causa di un colpo partito accidentalmente da un fucile sul quale si stavano facendo delle operazioni: ogni anno, in Abruzzo e in tutta Italia, a fine stagione venatoria, si contano decine di incidenti più o meno gravi, per i quali spesso si parla di “fatalità”, ma che invece in molti casi potrebbero essere evitati.
“Abbiamo più volte sottolineato – commenta Filomena Ricci, delegata regionale del WWF – come la caccia sia, sotto molti punti di vista, incompatibile con le tante altre attività possibili negli spazi naturali, sulle quali l’Abruzzo ha costruito la sua immagine. È inconcepibile che l’incolumità di chi voglia fruire degli ambienti naturali per fare un’escursione o una passeggiata o semplicemente coltivare il proprio orto o terreno, sia messa a rischio da persone che girano armate.”
“Le richieste che avanziamo come WWF Abruzzo – continua Claudio Allegrino, coordinatore delle Guardie del Panda in Abruzzo – sono quelle di incrementare le attività di vigilanza, anche riattivando quelle che erano le presenze sul territorio delle Polizie Provinciali, di fatto oggi smantellate; istituire Commissioni d’esame per il conseguimento dell’attestato d’idoneità a guardia venatoria volontaria, attese da anni; effettuare maggiori verifiche sulle licenze di caccia; intensificare i controlli anche in ordine all’uso e alla detenzione di sostanze alcoliche prima e durante l’attività venatoria; vietare l’attività di caccia nei giorni festivi e nelle aree particolarmente frequentate da escursionisti e fruitori della natura.”
In generale, quello che il WWF Abruzzo critica da anni alle diverse amministrazioni regionali che si sono susseguite è l’impostazione generale delle programmazioni territoriali, siano esse i calendari venatori o il Piano faunistico venatorio regionale, che di fatto puntano più a soddisfare le richieste del mondo venatorio che a una attenta gestione faunistica. La caccia è da considerarsi un’attività ludica (ammesso che si possa comprendere cosa ci sia di ludico nello sparare ad animali indifesi!) il cui esercizio spesso contrasta con la gestione faunistica che la legge affida allo Stato e non ai cacciatori.
“Come se tutto ciò non bastasse – conclude Filomena Ricci – la Regione Abruzzo ha deciso di introdurre la caccia di selezione a Cervo e Capriolo già dal prossimo calendario venatorio 2023-2024. Una decisione incomprensibile e inaccettabile soprattutto per una Regione come la nostra che ha fatto della convivenza tra uomini e grandi mammiferi un esempio per tutto il Paese. Ma è questo quello che vogliono gli abruzzesi? Veramente vogliono consentire l’uccisione di animali come cervi e caprioli solo per il divertimento di pochi?”