L’Aquila. Il WWF Abruzzo e le associazioni ALTURA, Animalisti Italiani L’Aquila, Appennino Ecosistema, CAI Abruzzo, Dalla parte dell’Orso, ENPA, GADIT – Guardie Ambientali d’Italia – Abruzzo, Guardie ambientali Italicum – Roseto degli Abruzzi, Guide del Borsacchio, Italia Nostra Abruzzo, LAV Pescara, Lega Italiana dei Diritti degli Animali Teramo, LIPU Abruzzo, LNDC Animal Protection, Pronatura L’Aquila, Rifiuti Zero Abruzzo, Salviamo l’Orso, Tutela Animali Invisibili, hanno inviato una nota al Consiglio regionale abruzzese, al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e all’ISPRA con puntuali osservazioni alla Relazione tecnica redatta dalla società D.R.E.Am., allegata alla delibera regionale dell’8 agosto che ha approvato l’uccisione di 469 cervi.
Nella nota delle associazioni si evidenziano le incongruenze e le lacune ammesse dalla Relazione stessa che non fornisce elementi certi né in ordine al numero di cervi, né sul collegamento tra presenza di cervi e danni alle colture o incidenti stradali, né tanto meno sull’efficacia degli abbattimenti per ridurre eventuali danni a cose o persone.
Di seguito si riportano sinteticamente le osservazioni delle associazioni alla Relazione.
- Conteggi e monitoraggi sono stati affidati prevalentemente agli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), vale a dire gli stessi soggetti chiamati a svolgere la caccia di selezione. Una scelta inopportuna: i monitoraggi vanno affidati a strutture “terze” con una solida preparazione scientifica.
- Per la dinamica della popolazione del Cervo sono state utilizzate osservazioni a partire dal 2018, ma nella stessa Relazione si riconosce un andamento variabile, probabilmente legato alla mancanza di uniformità della raccolta e archiviazione dei dati. La Relazione ammette che anche i dati degli ultimi tre anni rappresentano solo “probabilmente” la reale situazione.
- I dati forniti dalla Regione Abruzzo per la determinazione del danno alle colture da parte dei cervi, da quanto riportato più volte nella stessa Relazione, risultano incompleti e inattendibili sotto vari punti di vista. Manca una raccolta di dati omogenei: la mancanza di una copertura complessiva del territorio può aver “parzialmente inficiato il dato complessivo sul cervo in particolare per alcune classi di sesso e di età”. Non è stato sempre possibile ricostruire “una sequenza storica e quindi una dinamica di popolazione corretta, poiché lo sforzo non è stato omogeneo né tantomeno il numero di punti coperti”. Inoltre, i dati non sono analizzati per singola stazione, ma vengono trattati a scala di ATC non permettendo un’analisi puntuale e capillare della distribuzione spaziale della specie nelle aree indagate. Mancano poi alcune informazioni utili per capire le dinamiche legate ai danni in agricoltura: la distribuzione delle osservazioni non appare coerente con quella dei danni e non emerge un inequivocabile nesso di causalità tra numero di cervi e danni all’agricoltura. Si evince che, verosimilmente, i problemi sono concentrati in poche zone per le quali andrebbe fatta un’analisi più specifica (tipo di coltivazioni danneggiate, presenza o meno di strumenti di contenimento e/o dissuasione intorno ai campi, contesto ambientale). Nella stessa Relazione si legge che “dal database fornito sono state riscontrate alcune criticità relative all’inserimento delle informazioni, inoltre sono stati forniti soltanto gli importi stimati e non quelli effettivamente erogati, non permettendo un’analisi puntuale sul reale danno economico che la specie ha indotto”. Più della metà dei Comuni nei quali si sono rilevati danni ha un solo evento all’anno, suggerendo danneggiamenti episodici più che una presenza continuativa del problema.
- Non si stima in nessun modo in che misura l’intervento venatorio possa portare alla riduzione dei danni: se l’obiettivo delle uccisioni è quello di ridurre i danni alle coltivazioni, appare evidente la necessità di ulteriori studi, puntuali e specifici rispetto alle situazioni a maggior rischio, con la messa in campo di azioni preventive rispetto ai danni. I sistemi preventivi sono noti e utilizzati da tempo in altri contesti: recinzioni idonee e dissuasori di diverso genere (olfattivi, acustici, visivi), da sperimentare nelle aree dove si manifestano più danni alle colture. Il prelievo venatorio, peraltro, non assicura la diminuzione dei danni: è sotto gli occhi di tutti quello che accade per il Cinghiale, specie cacciata in diversi modi e in diversi periodi dell’anno, ma che continua a crescere di numero e a causare danni all’agricoltura. Prima di replicare lo stesso approccio fallimentare per il Cervo, sarebbe il caso di avviare una seria riflessione.
- Rispetto agli impatti sulla viabilità, l’analisi dei dati si fa anche più confusa. In un passaggio della Relazione viene esplicitato che non sempre i danni sono riferibili ai cervi, ma alla più generica categoria “ungulati”. L’analisi è condizionata da interpretazioni di dati a elevata incertezza, indebolendo ulteriormente le asserzioni circa un forte legame causale tra numero di cervi e frequenza di incidenti stradali con la fauna selvatica! La stessa D.R.E.Am., in una versione precedente della Relazione, afferma: “Gli incidenti stradali solo in parte possono essere messi in relazione alla densità degli animali sul territorio, mentre una grossa influenza è determinata dalla tipologia della strada, dalla velocità media dei veicoli ed in particolare dagli ambienti attraversati”. Rispetto alla tematica degli incidenti stradali, esiste una copiosa bibliografia che attiene alla Road ecology, e dalla quale si possono trarre molteplici elementi per la messa in sicurezza di strade e altre infrastrutture.
- Infine, non è sfuggito il fatto che il file che contiene la proposta di gestione al Cervo si chiami “Comune di Pistoia”. Un errore di distrazione che certo non cambia i contenuti del documento… ma la nostra Regione non meriterebbe un po’ di attenzione in più?
In conclusione, le associazioni tornano a chiedere alla Regione Abruzzo di sospendere la Delibera di Giunta regionale n. 509 dell’8 agosto 2024 che prevede l’uccisione di 469 cervi in Abruzzo, aprendo un tavolo di confronto. Se l’obiettivo è trovare soluzioni che vogliano realmente limitare i danni all’agricoltura e il rischio da impatto con autoveicoli, le alternative vanno studiate e applicate scientificamente. Altrimenti, si sta semplicemente trovando una “scusa” a una scelta già fatta: il solito regalo ai cacciatori! Esistono professionalità e competenze, anche in ambito regionale, che possono essere coinvolte per i necessari approfondimenti sulle tematiche qui affrontate.
È ora di trattare temi complessi e delicati, come la coesistenza tra fauna selvatica e attività umane, con l’attenzione e la trasparenza necessarie. La natura abruzzese lo merita.