Bussi sul Tirino. Viaggiare, esplorare, scoprire, alla ricerca del bello, alla ricerca della conoscenza. Tutto muta e prende la forma dell’evoluzione, ma altresì, tutto si quieta nei ricordi passati, dove il tempo, come fosse un abile prestigiatore, si diverte a cancellare le tracce più regresse. Ed è qui, che dobbiamo captarne le sue dinamiche e portare la nostra attenzione su un piano più alto, proprio per riuscire a decifrare quei dettagli che potrebbero passarci inosservati.
Percorrendo la strada statale 153 che ci induce nell’armonioso paese di Bussi sul Tirino, saremo colti da una distrazione mozzafiato e, proprio in quel momento, dalla guida del nostro veicolo sceglieremo di fermarci per regalare ai nostri occhi una piccola sosta artistica. Così, prendendo in mano la nostra fotocamera, ne immortaleremo la visione con estasi, assorti unicamente verso un soggetto di raro fascino, per poi riprendere la nostra meta con quel qualcosa in più, che dentro di noi ci ha scosso intensamente di stupore.
Si tratta di una rovina risalente all’undicesimo secolo che vi appare con la sua architettura romanica abruzzese tra la natura selvatica, essa è la chiesa di Santa Maria di Cartignano, nata come chiesa benedettina e come monastero. La struttura, interamente priva di copertura, presenta un impianto a tre navate abside semicircolare. La facciata a doppi salienti, è caratterizzata da un piccolo portale con l’architrave a semicerchio, è ornata da un rosone floreale monolitico a otto raggi e da un campanile a vela ad arco ogivale frutto di ricostruzioni per anastiliosi, susseguente al crollo dell’originale.
Divenuta monumento nazionale nel 1902, la chiesa si è poi trasformata in un sito visitabile e turistico che dona pregio al paese di Bussi noto anche per le sue acque cristalline date dal fiume Tirino. Seppur l’edificazione si presenta tra la natura incolta e non particolarmente curata a scopo turistico, i muri perimetrali rimasti in piedi, oltrepassando le vicissitudini legate ai fenomeni sismici, continuano a destare forti pulsioni emozionali.
Inoltre, prima dei restauri necessari, l’interno custodiva svariati affreschi, opera di Armanino da Modena e diversi oggetti di culto che ora sono conservati nella città aquilana all’interno del museo nazionale d’Abruzzo. Avere dunque il privilegio di attenzionare questi preziosi nel museo, ci fa sbarcare nelle parole del filosofo Walter Benjamin: “Per il collezionista, in ciascuno dei suoi oggetti è presente il mondo stesso”. E, proprio su questa base concettuale, possiamo interpretarne il valore racchiuso in un oggetto storico e che, ad oggi, ne segna un importante cammino cognitivo.