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Bloccati i lavori sul fiume Pescara, l’amaro commento del WWF: la tragedia di Rigopiano non ha insegnato nulla

Federico Falcone di Federico Falcone
26 Settembre 2018
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Pescara. Il Genio civile che afferma l’avvenuto adempimento alle sue prescrizioni idrauliche non è l’ufficio che può autorizzare la ripresa dei lavori per il cosiddetto “Megalò2”e nelle sue comunicazioni si lascia andare a considerazioni che non sono di sua competenza. Ci si aspetta un intervento della Regione con un chiarimento che restituisca a ciascuno dei propri uffici i limiti delle rispettive competenze. E anche le autorizzazioni a suo tempo concesse dai Comuni non hanno valore alcuno in assenza di parere favorevole del Comitato VIA.

Non a caso ci sono stati ricorsi al TAR di Pescara sia da parte proprio della Regione (che ha chiesto l’annullamento di quanto deciso dalla conferenza dei servizi del Comune di Cepagatti, che ha assurdamente preteso di interpretare i giudizi negativi del Comitato VIA spendendosi nei fatti in favore delle costruzioni a ridosso del fiume) sia da parte della SILE, la ditta oggi titolare del progetto già SIRECC, che chiede al contrario l’annullamento dei giudizi negativi espressi e ribaditi in varie sedute proprio dal Comitato VIA. Il TAR ha stabilito che le udienze di merito si terranno l’8 febbraio 2019. Fino a quella data bisogna solo attendere…

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Il WWF, che parteciperà alle udienze dell’8 rispettivamente in appoggio alla Regione e contro la SILE, ha anche notificato, attraverso l’avvocato Francesco Paolo Febbo, un ricorso alla giustizia amministrativa contro la proroga dei titoli edilizi concessa dal SUAP Chietino-Ortonese sulla base della contestata conferenza di servizi di Cepagatti. E anche su questo dovrà pronunciarsi il TAR.

La questione principale però è un’altra: “Il fatto che si voglia a ogni costo cercare di continuare a costruire a due passi dal fiume – è questo l’amaro commento del WWF – dimostra solo una cosa: che la tragedia di Rigopiano e le tante alluvioni che si sono succedute in questi anni non hanno insegnato nulla. La prima regola per la prevenzione dovrebbe essere quella rispettare i territori: aree di pertinenza fluviale, a rischio idrogeologico o soggette a smottamenti e valanghe. Invece si insiste come se nulla fosse nel silenzio assordante di una politica attualmente impegnata esclusivamente nella ricerca dei voti e ben attenta a non scontentare nessuno”.

Su Megalò ci sarebbero infinite cose da dire, a cominciare dalla realizzazione senza valutazione di impatto ambientale in virtù di una legge illegittima rimasta in vigore pochi mesi all’argine realizzato non come da progetto ma più corto e con un’appendice inutile e anzi dannosa; dallo sperpero di denaro pubblico alla superficialità con la quale i frequentatori dell’area sono stati per anni esposti a un potenziale rischio alle infinite varianti presentate negli anni (in una circostanza persino una pista di sci al coperto modello Dubai!) di un progetto che sembra avere un solo obiettivo:

costruire a ogni costo, a dispetto del danno ambientale e paesaggistico e di quelli sociali ed economici che hanno devastato l’intero territorio circostante e ridotto Chieti a una periferia in crescente stato di abbandono, anche in questo caso nel totale silenzio dei suoi rappresentanti politici e delle associazioni che dovrebbero battersi a tutela della città.

Ma lo sa il Ministero dei Lavori Pubblici che soldi destinati alla riqualificazione urbana (PRUSST è l’acronimo di Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile) sono stati invece impiegati per costruire a ridosso di un fiume? Sarebbe ora che anche il Ministero, dopo tanti anni di indifferenza, intervenisse finalmente per chiudere i rubinetti del denaro pubblico e porre così fine a una vicenda che ha creato infinite polemiche e palesi danni al territorio e all’ambiente.

Foto: CityRumors

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