ORSOGNA – Garantire la salvaguardia e reintrodurre la coltivazione dell’antico vitigno “Middialonghe”, ‘rara cultivar dall’uva rosa e profumata’, espressione dell’area montana e pedemontana della Maiella orientale, di cui sono rimaste poche decine di viti, e parallelamente valorizzare prodotti locali ad esso legati, come il vino cotto e ricette come lo “sgattone”, minestra a base di pasta fatta a mano e vino, tipica nelle umili mense delle famiglie contadine.
Sempre nell’esclusivo segno della tutela della biodiversità e della rinascita dell’agricoltura montana, nei giorni scorsi è stata sottoscritta un’ulteriore intesa tra il Comune di Civitella Messer Raimondo, in provincia di Chieti, e la Bio Cantina Sociale Orsogna, che da anni pratica un modello di viticoltura biologica e biodinamica, leader in Abruzzo e in Italia con circa 300 soci operativi su 1.500 ettari di vigneto.
L’iniziativa si inquadra nel progetto più ampio di “Pe’ nin perde la sumente”, in collaborazione con la Banca del Germoplasma del Parco nazionale della Maiella, e fa seguito all’accordo sottoscritto il 30 giugno scorso con la stessa Civitella Messer Raimondo, e i comuni di Lama dei Peligni, Altino, e Montenerodomo, per la valorizzazione e l’ampliamento della coltivazione di rari e antichi vitigni nelle aree montane e pedemontane della Maiella orientale. In questo quadro si inserisce anche l’accordo per la tutela della biodiversità sottoscritto con l’ente parco nazionale della Maiella.
Presenti all’incontro nel suggestivo sottoportico nel cuore di Civitella Messer Raimondo, il sindaco Danilo D’Orazio – assieme a numerosi esponenti della giunta e del consiglio -, il presidente di Bio Cantina Sociale Orsogna, Giuseppe Micozzi, e il direttore ed enologo, Camillo Zulli, il direttore del Parco Nazionale della Maiella, Luciano Di Martino, e l’etnobotanico Aurelio Manzi.
“Quest’uva è stata coltivata per decenni tra Civitella Messer Raimondo e Lama dei Peligni, poi è stata progressivamente abbandonata – ha spiegato il direttore Zulli -, sostituita da varietà più produttive come Trebbiano e Montepulciano. Fortuna ha voluto che abbiamo trovato le viti superstiti in contrada Lami nella vicina Lama dei Peligni, nella vigna del signor Pietro Di Florio di cui oggi ne è il custode. È partito dunque un lavoro di risanamento e di mantenimento, e abbiamo fatto già tre vendemmie sperimentali nel piccolo vigneto di ‘Middialonghe’, studiando i modelli ottimali di vinificazione, con o senza la cottura del mosto. Una volta conservato e fatto salvo il germoplasma, ci sono insomma ora le condizioni per recuperare le vigne già esistenti che sono state abbandonate, e impiantarne di nuove, al fine di produrre una quantità significativa, per una eventuale commercializzazione, di un vino che esprime una storia centenaria e l’anima profonda di questo territorio”.
La “Middialonghe”, dall’uva a bacca rosata, con grappolo molto grande e di forma conica, deve il nome, secondo una ipotesi restituita da racconti locali, dal fatto che fu individuata e coltivata da un contadino del territorio, detto Emidio il Lungo, e il suo mosto veniva utilizzato anche per produrre il vino cotto. Momento significativo è stato dunque allorché la signora Maria Assunta Candeloro ha fatto assaggiare ai presenti una bottiglia di vino cotto da “Middialonghe” conservata in casa da oltre 40 anni e ritrovata in un sottoscala.
“L’iniziativa che oggi mettiamo in campo assieme alla Bio Cantina Sociale Orsogna e al Parco Nazionale della Maiella e la sua Banca del Germoplasma- ha commentato il sindaco di Civitella Messer Raimondo, D’Orazio -, vuole essere un esempio di come le aree cosiddette interne, marginali e periferiche, possono invece riacquistare una centralità e un protagonismo: le nostre montagne sono infatti custodi di una straordinaria biodiversità, come nel caso della ‘Middialonghe’, che qui ha resistito, seppure in pochi esemplari, mentre nelle aree collinari e costiere le antiche cultivar sono stati eliminate e sostituite con varietà più produttive. Ora questa diventa una opportunità, un valore anche economico, in uno scenario in cui il mondo del vino si sta omogeneizzando, con sapori sempre più uguali”.
“Questa ulteriore iniziativa – ha aggiunto il direttore del Parco Nazionale della Maiella, Di Martino -, nasce dall’accordo sottoscritto nel 2019 tra l’Ente Parco e Bio Cantina Sociale Orsogna per salvaguardare la biodiversità e soprattutto con l’obiettivo di riportare l’agricoltura nei territori marginali. Gli studi degli ecotipi sono stati effettuati anche all’interno della Banca del Parco, che in questi anni è diventato anche un riferimento a livello internazionale. Salvare un vitigno, favorire la reintroduzione, significa tutelare un paesaggio agrario secolare, e con esso la memoria e il genius loci, azione che in una area protetta è altrettanto importante rispetto alla tutela della fauna e della flora”.
Ha spiegato infine l’etnobotanico Manzi a proposito della “Middialonghe”: “È importante recuperare queste vecchie varietà che presentano delle caratteristiche di adattamento al clima, ai parassiti, con sapori e valori nutrizionali unici. Suscettibili anche di trasformazione vinicola interessante, che prima non venivano espresse perché le tecniche enologiche non lo permettevano. È un’uva che ha una bacca di colore rosato e probabilmente potrebbe trattarsi di un ibrido tra due varietà diverse, di un nuovo vitigno che si è costituito oltre cento anni fa, che produce dei grappoli molto grandi e una grande quantità di mosto. Lo scarso contenuto di zucchero, e di conseguenza una bassa gradazione alcolica del vino, era la ragione per cui questo mosto veniva spesso cotto, da qui l’affermarsi di un prodotto tipico come il vino cotto, che merita altrettanta valorizzazione”.