“La bonifica dei territori inquinati di Bussi e Piano d’Orta non può prescindere dalla conoscenza degli effetti dell’esposizione della popolazione ai veleni sotterrati nei siti industriali per anni. Per questo nessun risarcimento o compensazione può dirsi giusta e adeguata senza uno studio epidemiologico aggiornato che metta in relazione storicamente la mortalità con quelle presenze nel perimetro di Bussi, Piano d’Orta e il Sito di Interesse Nazionale. Solo accostando il danno di immagine, al danno ambientale a quello epidemiologico si potrà arrivare a un giusto risarcimento ed è questo che chiederò come vicepresidente della Commissione Ambiente e Territorio, che si faccia uno studio capace di completare un quadro che rischia di essere chiuso troppo frettolosamente per interessi che non contemplano direttamente e prioritariamente la vita e il futuro della popolazione e del territorio”, così il consigliere regionale Antonio Di Marco, vicepresidente della Commissione Ambiente.
“Da un recente accesso agli atti da me fatto per capire se mai si fosse analizzata la situazione sanitaria dei luoghi, mi è stato confermato che nessuno studio è stato effettuato in tempi recenti, sebbene nel 2018 l’allora assessore alla Sanità Paolucci avesse richiesto e promosso un’indagine per affrontare proprio queste problematiche con l’Agenzia Sanitaria Regionale, Arta, Asl e Istituto Zooprofilattico – riferisce Di Marco – da cui emergeva la persistenza di criticità locali vicino alle discariche, aree da monitorare. Una base di partenza, arrestatasi con il cambio politico alla Regione. E scavando negli atti della Commissione regionale d’inchiesta su Bussi è emerso un rapporto datato 2019 dello studio dell’Istituto Superiore di Sanità “SENTIERI”, acronimo di Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, che analizza lo stato di salute delle popolazioni che vivono nei Siti di Interesse Nazionale. Il rapporto utilizza dati ufficiali su mortalità, ricoveri, tumori e malformazioni congenite, mettendoli in relazione con le fonti di inquinamento ambientale presenti in ciascun sito (discariche, industrie chimiche, raffinerie) per supportare le decisioni di sanità pubblica e le azioni di bonifica. Le conclusioni, dopo aver analizzato le patologie e la mortalità dei residenti, descrivono il sito di Bussi come fortemente compromesso dal punto di vista ambientale e sanitario. I dati mostrano eccessi di mortalità e ospedalizzazione per patologie plausibilmente associate a inquinanti presenti nel sito: tumori all’apparato digerente, respiratorio, urinario, alla mammella, al polmone, linfomi, casi fuori norma. A fronte di tali eccessi lo studio sosteneva, anche qui, l’urgenza di interventi di bonifica e un attento monitoraggio sanitario. Ma nulla si è mosso da allora a oggi. Né la bonifica, né le azioni per un giusto risarcimento. Eppure tutto questo ha un costo sociale, ambientale, economico e forse proprio per tale importanza si spiega l’ansia di chiudere il caso ora, manifestato da Edison con l’accordo fatto con il Comune di Bussi e che presumibilmente sarà replicato anche per Piano d’Orta. Ma non spiega la fretta della Provincia di Pescara che, con me presidente, aveva individuato in Edison il soggetto inquinatore, che ha ceduto, dopo di me, proprio a Edison per solo 3 milioni di euro peraltro investiti altrove non a Bussi e nel SIN. Ci sono fatti e atti da portare avanti a tutela del bene comune che in quel perimetro è stato violato, ma per arrivare a una rinascita vera ed efficace, bisogna conoscere a fondo la perdita, a questo serve un nuovo studio epidemiologico che le istituzioni, Regione in primis devono promuovere, che dettagli la situazione tenendo conto dei dati esistenti fino a oggi e completi la fotografia di una situazione importante in tutte le sue sfaccettature per costruire una restituzione giustamente risarcitoria sotto tutti gli aspetti”.