L’Aquila. Novità domenicali sul fronte della riforma Csm. “Oltre a non risolvere il problema del condizionamento delle correnti nell’individuazione dei consiglieri eletti”, la proposta del governo di riforma del metodo elettorale del Csm “rischia di aggravare la situazione emersa con l’applicazione di quello attualmente in vigore, marginalizzando, fino quasi ad eliminare, la possibilità di essere eletti in Consiglio per candidati indipendenti o rappresentativi dei gruppi minori”. Lo sottolinea l’Anm nel suo documento approvato stamani. “Il sistema, dunque”, prosegue l’Anm, “produrrà una polarizzazione del consenso verso i due schieramenti maggioritari” tradendo gli intenti del riformatore. “Occorre ribadire”, rileva l’Anm, “come sia illusorio pensare che l’intervento sul sistema elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura possa, di per sé solo, offrire una soluzione alle criticità emerse con quella che è stata definita ‘degenerazione correntizia’, come dimostrato dal fatto che numerose volte (ben 7) è stato modificato il sistema elettorale, senza che nessun meccanismo sia stato in grado di risolvere il problema”. In particolare, per quanto riguarda il metodo elettorale, il ‘parlamentino’ dei giudici e dei pm (Cdc) osserva che “si tratta di un sistema spiccatamente maggioritario (per i ó), con un correttivo proporzionale minimo che finisce per assegnare, ai possibili eletti membri di gruppi minoritari, quasi esclusivamente una sorta di diritto di tribuna”.
Nella sua analisi l’Anm parte “da un dato di realtà, facendo riferimento alle ultime consultazioni proprio per l’elezione del Cdc (Comitato direttivo centrale). Attualmente ci sono due gruppi che raccolgono una quota di consenso che supera, complessivamente, il 60% dei voti, con una prevalenza ora dell’uno ora dell’altro gruppo. Il residuo si divide fra almeno tre o quattro gruppi”. Secondo l’Anm dunque “è pacifico prevedere che i due gruppi maggioritari possano ottenere, per ciascuno: un candidato di legittimità; due candidati pubblici ministeri; quattro candidati giudici di merito”. “È ben vero che alle elezioni del Csm – prosegue l’Anm – intervengono, nella scelta del candidato da votare, anche fattori diversi rispetto all’ispirazione e alla vicinanza culturale (ad esempio la conoscenza personale, la vicinanza ‘territoriale’), ma di norma questi fattori determinano scostamenti modesti, soprattutto in collegi nazionali o macro collegi come quelli ipotizzati”. Quanto ai cinque giudici da eleggere con il metodo proporzionale, “nonostante il meccanismo di ‘scorporo’ dei voti di chi riesce ad essere eletto nel collegio maggioritario, è difficilmente contestabile che tra essi vi saranno anche quelli (prevedibilmente almeno altri due) collegati agli esponenti dei gruppi maggiori”.
“Il ‘collegamento tra candidati’ – sottolinea l’Anm – assomiglia molto alla creazione di vere e proprie liste, che il singolo ‘gruppo di candidati apparentati’ avrà interesse a rendere la più lunga possibile (con candidature anche prevedibilmente destinate all’insuccesso ma capaci di attrarre voti ‘personali’, locali e di stima professionale), per aumentare il più possibile il totale dei voti utilizzabili nel collegio virtuale per la ripartizione dei cinque seggi proporzionali”. Tra gli aspetti critici a questo riguardo, l’Anm segnala “la mancata previsione di un numero massimo di candidati ‘collegati’ in ciascun collegio, che andrebbe più correttamente limitato”. “Il risultato sarà quindi un Consiglio prevedibilmente composto, per la parte togata, da 16-17 consiglieri (su complessivi 20) appartenenti ai due gruppi di maggioranza, e 3-4 consiglieri divisi, si spera, fra gli altri gruppi” e – in conclusione – “il sistema, dunque, produrrà una polarizzazione del consenso verso i due schieramenti maggioritari”. In questo modo “l’ obiettivo politico dichiarato dal riformatore sarà dunque necessariamente e chiaramente tradito, consegnando il Consiglio (quanto meno per la parte togata) in prevalenza ai due gruppi principali”. Per questo l’Anm ritiene che “il sistema proposto, oltre a non risolvere il problema del condizionamento delle correnti nell’individuazione dei consiglieri eletti, rischia di aggravare la situazione emersa con l’applicazione di quello attualmente in vigore, marginalizzando, fino quasi ad eliminare, la possibilità di essere eletti in Consiglio per candidati indipendenti o rappresentativi dei gruppi minori”.