L’Aquila. C’è una miccia accesa che rischia di far saltare il fragile funzionamento della ASL dell’Aquila, già provata dall’epidemia da Coronavirus: il focolaio di contagi alla RSA “Don Orione” di Avezzano ha registrato 71 positivi tra ospiti anziani, personale di servizio e volontari. Nonostante le precauzioni adottate con il blocco delle visite e la chiusura della struttura, è presumibile che gran parte dei 71 debba essere trasferito in ospedale.Ma il Covid Hospital di Pescara non può accoglierli perché privo di personale sanitario e infermieri !
E dunque il rischio è che vengano intasati tutti gli ospedali della ASL1 con in testa il San Salvatore. E’ terribilmente triste dire “l’avevamo previsto” quando denunciammo una megastruttura incapace di funzionare. Bisogna investire in uomini e donne, potenziare il personale, la formazione professionale e tecnologica, moltiplicare controlli preventivi, tamponi e screening diffusi sul territorio.
Il reparto di malattie infettive del San Salvatore ha già tutti i letti a disposizione occupati. La medicina territoriale, che ha lavorato a mani nude tra marzo e aprile, e di cui abbiamo implorato il potenziamento, è stata affiancata, a macchia di leopardo e comunque in numero insufficiente, dalle USCA – Unità Speciali di Continuità Assistenziale, squadre di medici e infermieri che, a domicilio e su segnalazione dei medici di base, intervengono nei casi di contagio dove non sia necessaria l’ospedalizzazione. Ma sono poche e non sempre funzionano.
Le persone preoccupate – facendo file disorganizzate e interminabili al freddo – prendono d’assalto i laboratori privati per fare i tamponi, perché i protocolli ufficiali del Sistema Sanitario prevedono test differenti, più complessi, con tempistiche lunghe. E anche perché i centralini sono intasati e non sempre rispondono. La Regione è una volta ancora in ritardo su tutto: sulla prenotazione dei vaccini anti-influenzali ma anche sulla capacità di spendere le donazioni private raccolte già all’indomani della prima ondata di contagi e che prevedono oltre 4 milioni di euro da spendere in Abruzzo per fronteggiare le necessità più urgenti.
Fondi che non sono stati ancora spesi, quando oggi – 15 ottobre – scade l’obbligo di rendicontazione. Mi chiedo se non sarebbe stato utile impegnarli nel potenziamento della medicina generale di base attraverso un incremento proprio delle USCA ad esempio (la cui istituzione compete alle Regioni) che dove funzionano con il congruo numero di personale medico, infermieristico e DPI, come nella “solita” Emilia-Romagna, hanno fatto la differenza durante la prima fase della crisi e contribuiscono tuttora a decongestionare gli ospedali.
Nel Distretto Sanitario della nostra ASL il problema grave è proprio la mancanza del personale infermieristico che rallenta e rende meno efficace l’azione, pur di alto livello, dei medici domiciliari, costretti da soli a fronteggiare le delicate operazioni logistiche necessarie per una visita domiciliare a un paziente Covid. La superficialità e l’inadeguatezza della sanità regionale si mostra incapace di contenere i flussi di ritorno del Covid 19, pur ampiamente previsti mesi fa. E’ necessario correre ai ripari immediatamente, per evitare di trovarsi in una situazione analoga a quella della Lombardia. E soprattutto per fare in modo che l’Abruzzo resista all’onda d’urto che ci aveva risparmiato in primavera.