Pescara. Un 35enne pescarese è stato tratto in arresto dalla Polizia di Stato in esecuzione di un
provvedimento restrittivo disposto dal Gip presso il Tribunale di L’Aquila (Baldovino de
Sensi) su richiesta della Procura del capoluogo regionale (Stefano Gallo).
A finire in carcere è stato L.C., già noto per i suoi trascorsi giudiziari, nei cui confronti la squadra
mobile della Questura di Pescara ha eseguito un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in
carcere, come disposto dall’Ag aquilana. L’uomo è accusato di aver reso false dichiarazioni di fronte al Tribunale di L’Aquila, per favorire A.C., 57enne di Pescara, appartenente ad una nota famiglia della zona di origine rom, con precedenti per reati contro il patrimonio ed associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. In particolare ad occuparsi di A.C. era stata, sul finire del 2019, la Sezione Misure di Prevenzione di quel Tribunale, chiamata a decidere sull’opposizione, da questi avanzata, alla misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di beni, mobili ed immobili, disposta dal Tribunale di L’Aquila nel giugno di quell’anno. Il Tribunale, infatti, in accoglimento della richiesta formulata dal Questore di Pescara, aveva applicato nei confronti di A.C. e del suo nucleo familiare (la convivente e i due figli della coppia) il sequestro di prevenzione, adottatto ai sensi del c.d. codice antimafia, di un immobile sito a Pescara, in via Aterno, di tre autovetture e della somma di denaro, in contanti, di circa 115mila euro. Somma, quest’ultima, rinvenuta dai Carabinieri di Pescara, nel gennaio del 2019, in un appartamento popolare nel quartiere Fontanelle, occultata all’interno di un’intercapedine ricavata sotto i mobili della cucina. Il sequestro disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale si fondava sulla ravvisata sproporzione tra la capacità reddituale dei destinatari di detta misura di prevenzione patrimoniale (dediti a traffici illeciti e gravati da precedenti penali o di polizia per reati di usura, contro il patrimonio e in materia di stupefacenti) ed il loro tenore di vita, stante per l’appunto la disponibilità dei suddetti beni in assenza di fonti di guadagno lecite.
L.C., nell’ambito di quel procedimento di prevenzione, chiamato come testimone, aveva portato
argomentazioni a difesa di A.C., sostenendo, in particolare, che una parte sostanziosa, circa 40mila,
di quei 115mila euro sequestrati a quest’ultimo ed alla sua convivente, era stata vinta al gioco da
A.C., nel corso del triennio 2009-2011, in un centro scommesse Snai di Francavilla al Mare di cui
L.C. sosteneva di essere stato, all’epoca, responsabile. In particolare L.C. aveva dichiarato, producendo (falsa) documentazione apparentemente comprovante la sua versione, di aver in quegli anni riscosso diverse vincite, tutte in contanti, su richiesta e per conto di A.C.., cliente e giocatore abituale, impossibilitato a farlo personalmente in quanto sprovvisto di conto corrente su cui far transitare dette vincite. La versione fornita da L.C. non aveva però affatto convinto la Procura di l’Aquila, che aveva
delegato di conseguenza la Squadra Mobile di Pescara a svolgere indagini finalizzate a verificare la
veridicità di quanto attestato da L.C. nell’ambito del procedimento di prevenzione in corso. Gli accertamenti condotti dalla Mobile, segnatamente dagli investigatori in forza al Nucleo della
Polizia dei Giochi e delle Scommesse, anche grazie alla proficua collaborazione con gli uffici della
Snai, consentivano di rilevare la non veridicità degli atti prodotti e della testimonianza rilasciata da
L.C., il quale era addirittura arrivato a predisporre, a supporto di quanto sostenuto di fronte al
Tribunale, falsa documentazione relativa ai moduli di identificazione dei riscossori delle vincite, poi
prodotti nel procedimento di prevenzione. E’ emerso invero che L.C., negli anni in cui avrebbe incassato vincite in contanti per conto di A.C., frequentava l’agenzia di scommesse di Francavilla al Mare non perché ne fosse il titolare, ma perché lì semplicemente era solito recarsi, come un normale cliente, per fare le sue giocate. L.C. (che pur aveva aperto, ma con altra concessionaria e solo nel 2103, una società di raccolta di scommesse sportive) con la Snai aveva collaborato solo per un breve periodo,
peraltro successivo agli anni in cui A.C. avrebbe vinto quei 40milaeuro e per di più presso un centro
scommesse diverso da quello in cui si sarebbero realizzate quelle giocate fortunate. Veniva anche accertata la reale provenienza dei moduli di riscossione delle vincite prodotte a difesa di A.C. nel procedimento di prevenzione pendente presso il Tribunale di L’Aquila. Le indagini hanno infatti documentato come L.C. avesse richiesto con una scusa quei moduli (in cui egli figurava di aver vinto al gioco) all’ignaro titolare di un’agenzia di scommesse di Pescara, falsificandoli poi per indurre i giudici a credere che quelle vincite fossero state realmente riscosse dal predetto negli anni 2009, 2010 e 2011 presso il punto Snai di Francavilla e poi consegnate in contanti ad A.C.
Alla luce della articolata ricostruzione fatta dalla Squadra Mobile, la Procura della Repubblica di
L’Aquila chiedeva al G.I.P. presso quel Tribunale l’applicazione della custodia cautelare in carcere
nei confronti di L.C., cui vengono contestati i reati di cui agli articoli 374 (false dichiarazioni o
attestazioni in atti destinati all’Autorità Giudiziaria) e 372 (falsa testimonianza) del codice penale. L’ufficio del Gip, ravvisando gravi indizi di colpevolezza a carico di L.C., ritenendo i fatti a lui
ascrivibili di inaudità gravità, in quanto idonei ad inquinare irrimediabilmente il procedimento di
prevenzione e cioè lo strumento previsto dalla legge per perseguire i patrimoni illecitamente
costituiti dalla criminalità organizzata e pertanto osservando come questi, con le sue condotte, si sia
reso protagonista di una vera e propria sfida al Tribunale impegnato nell’accertamento dei
patrimoni illeciti, disponeva la misura cautelare della custodia in carcere, eseguita poi dalla Squadra
Mobile della Questura di Pescara.