Sulmona. Si è appena conclusa la conferenza stampa convocata a Sulmona dai Comitati Cittadini per l’Ambiente, dall’Archeoclub Abruzzo e dal Coordinamento No Hub del Gas sui ritrovamenti archeologici presso la località di Case Pente di Sulmona, nei progetti interessati dal progetto Linea Adriatica e centrale di Sulmona.
Nell’area di Case Pente, oltre a quello della centrale, c’è un altro sito archeologico che riguarda
direttamente l’infrastruttura Snam. Su questo secondo sito, situato dietro il cimitero di Sulmona,
dovrebbero essere interrati i 4 metanodotti di collegamento tra la centrale e l’impianto Snam esistente. La
Snam dovrebbe conoscerlo bene, perché anch’esso è descritto nel volume “Forma Italiae. Superaequum
Corfinium Sulmo”, pubblicato nel 1984 dall’archeologo belga Frank Van Wonterghem. Ci chiediamo come
mai la Snam non abbia ancora effettuato l’indagine GPR (georadar) anche in questo sito e perché abbia
lasciato ampie zone dell’area destinata alla centrale ancora da indagare.
Quella che la multinazionale del gas ha sempre considerato un’area insignificante si sta invece rivelando
sempre di più come una delle più importanti dell’intero comprensorio peligno sotto l’aspetto
paesaggistico, ambientale e storico. Qui c’era una delle più antiche vie tratturali (come attesta l’epigrafe
detta “dei callitani”, custodita presso il museo civico di Sulmona). Qui quasi certamente c’era un antico
abitato dal quale, percorrendo la strada che si inerpica lungo il vallone Grascito, si raggiungeva l’area
archeologica di Ocriticum vicino Cansano, dove è stato scoperto un grande santuario dedicato a Giove.
Sono gli stessi esperti incaricati dalla Snam ad ammetterlo, quando affermano che gli elementi raccolti
“non lasciano dubbi sull’esistenza in loco di un insediamento diffuso ed articolato nello spazio e nel
tempo, a maglie larghe, di epoca italica e romana, compreso tra due importanti assi viari che dalla conca
peligna si dirigevano e si dirigono verso Est”. E allora, perché la Snam, pur consapevole di ciò, ha
continuato a portare avanti il suo progetto, ed anzi ha continuato a premere sui decisori politici affinché
rilasciassero tutte le autorizzazioni necessarie per la centrale? Perché, a distanza di due anni e mezzo da
quando ne è a conoscenza, la Snam non ha ancora realizzato nessun sondaggio di archeologia preventiva
nell’area della centrale?
La Snam non ha nessun diritto di distruggere, e neppure di manomettere, un patrimonio culturale che è
parte integrante della nostra storia e della nostra identità. In modo fortemente emblematico la scoperta
archeologica di cui si è appreso in questi giorni sembra quasi una ribellione dell’antico popolo dei Peligni
contro il nuovo invasore, così come più di 2000 anni fa esso si ribellò contro un invasore che si chiamava
Roma. Quel popolo che diede il nome “Italia” al nostro Paese, con le sue antiche testimonianze “risorge”
ora simbolicamente per allearsi con i cittadini che da molti anni stanno lottando per la difesa dell’integrità
e della dignità del nostro territorio. La Snam prenda atto che il suo progetto non può più andare avanti.
Rinunci spontaneamente prima che siano le autorità preposte ad impedirglielo. Ma non pensi di
delocalizzare la sua centrale in un altro posto della Valle Peligna oppure in altri luoghi, perché ovunque
incontrerà una forte opposizione. Il nostro Paese e l’Europa non hanno bisogno di nuove infrastrutture per
il gas. Le fonti fossili non hanno futuro, né qui né altrove, se davvero vogliamo salvare il nostro pianeta.