Castelvecchio Subequo. “Dopo ogni ricorrenza si fa più forte il dolore di chi ha perso i propri cari nel sisma. Le scrivo Gentile Presidente Marsilio perché tutto questo non accada di nuovo, perché un terremoto non debba sempre ricordarsi per le vittime e la mancata ricostruzione, perché gli errori del passato non si ripetano e le case siano ricostruite con la giusta sicurezza antisismica e rapidamente. Sono stato personalmente colpito dal terremoto dell’Aquila e da quello di Pescara del Tronto, ho conosciuto la paura, ho sofferto il dolore, ho provato l’angoscia, l’impotenza , la rassegnazione. Ho visto la morte, la distruzione, la disperazione di chi ha perso tutto, la stupidità dell’essere umano, la potenza distruttrice della natura. Sono stato testimone di questo orrore e comprendo che non riuscirò mai a descrivere quanto davvero grande è la tragedia”.
Inizia così la lettera indirizzata al presidente della Regione, Marco Marsilio, resa nota all’indomani del 13esimo anniversario del terremoto dell’Aquila del 2009, di Sergio Giangregorio, presidente del Centro Europeo Orientamento e Studi (Ceos), Onlus attiva nella difesa dei diritti civili e nella valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, presente in Abruzzo con una propria articolazione regionale.

“È qualcosa che ti porti dentro, vorresti che il problema del terremoto non sia solo un tuo problema, ma un problema di tutti anche di quelli che lo hanno visto solo, in tv. Invece ti rendi conto di essere assolutamente solo ed impotente di fronte alla tragedia. Dal Belice all’Irpinia, alla Valnerina, all’Aquila, ad Amatrice a Pescara del Tronto fino ai terremoti più recenti, tutti hanno o stanno dimenticando tutti dicono… Faremo. La politica promette il cambiamento ma logora e consunta occupa la scena della nostra informazione con siparietti autoreferenziali senza mai agire concretamente nella soluzione dei problemi. A tredici anni dal sisma molti paesi del cratere non hanno ricostruito neppure il 50 % dei loro centri storici, radici e tradizioni che vengono spinte verso l’oblio, verso lo spopolamento selvaggio dei borghi, anziani che non ritorneranno più nelle loro case e giovani che non conosceranno mai dove hanno vissuto i loro nonni ed i loro genitori. Tutto questo nonostante le risorse economiche siano state messe a disposizione, tutto questo mentre i tecnici continuano a prendere incarichi di progettazione e la popolazione continua a sperare che da domani possano iniziare i lavori per ricostruire le case che amano. Ho deciso, allora, di essere testimone dell’abbandono di Castelvecchio Subequo, dove oggi camminare tra i vicoli del vecchio paese equivale ad attraversare una “Nuova Pompei” tra le antiche mura e la desolazione degli edifici degradati. Sono una voce di questo terremoto con la necessità di raccontare la verità”.
“Come presidente del CEOS (Centro Europeo Orientamento e Studi), Onlus che tutela i diritti civili dei cittadini e la conservazione dei Beni culturali e paesaggistici ho chiesto da tempo una accelerazione nel recupero degli edifici danneggiati nel centro storico di Castelvecchio Subequo, ho chiesto la possibilità di illuminare tutti gli angoli bui del borgo per ridare dignità artistica agli edifici, al fine di ripopolare il paese di abitanti e turisti, ho chiesto di rendere noti, con delle istallazioni grafiche i lavori fatti e da fare per ridare speranze ai proprietari, ma tutto è rimasto inascoltato. Anche i lavori per il ripristino della Storica Chiesa di San Giovanni, che ha dato il nome all’intero rione non sono mai iniziati come se il terremoto fosse arrivato ora a distruggere tutto. Oggi come ogni giorno dell’anno il mio pensiero va alle vittime del sisma ed ai loro familiari che virtualmente abbraccio uno ad uno perché ho ascoltato la sofferenza, ho sentito l’odore delle macerie, quella polvere acida che ti entra nei polmoni e ti impedisce di scaricarti il cuore dal dolore. Non bisogna cercare la verità nella retorica a buon mercato, bisogna cercarla nei fatti. I fatti non mentono mai. A tredici anni dal sisma troppo è ancora da fare, il centro storico di Castelvecchio Subequo, la sua Chiesa avvolta dai tubi innocenti testimoniano la non volontà a ricostruire e si respira la sconfitta del cittadino di fronte all’inerzia delle Autorità”.


