Pescara. Nel 2019 la spesa per la gestione degli animali nelle città italiane è stata complessivamente di 228.682.640 euro (+3,6% rispetto all’anno precedente): i Comuni dichiarano di aver speso per questa voce 156.857.113 euro, altri 71.825.527 euro sono stati spesi dalle aziende sanitarie.
È quanto riporta la IX edizione dell’indagine “Animali in città” di Legambiente, che si occupa di animali domestici,
selvatici e randagi.
Secondo la ong, solo l’1% degli 11 dei Comuni campionati raggiunge una performance eccellente nel rapporto tra risorse impegnate e risultati ottenuti. Per i canili, i Comuni dichiarano di spendere il 59,3% del bilancio destinato al settore (circa 93 milioni di euro per il 2019). Gestiscono in proprio il 2,2% di queste strutture, tramite ditte o cooperative con appalto pubblico il 21,7%, tramite associazioni in convenzione il 27,9%. Per il rimanente 48,2% “non è dato sapere”, spiega Legambiente.
Solo 35% Comuni ha regolamento sugli animali. Accesso in locali pubblici regolamentato in 11% dei Comuni
Solo il 35% dei Comuni italiani dichiara di avere un regolamento per la corretta detenzione degli animali in città: l’accesso ai locali pubblici e negli uffici in compagnia dei propri amici a
quattro zampe è regolamentato solo in un Comune su 10 (11%), mentre i Comuni costieri che hanno permesso
l’accesso alle spiagge sono solo il 14,9%.
L’indagine ha coinvolto 1.069 amministrazioni comunali e 46 aziende sanitarie, ed evidenzia come solo il 29,7% dei Comuni dichiari di monitorare le colonie feline presenti nel proprio territorio.
Da questi monitoraggi risulterebbero 16.650 colonie, con oltre 143.530 gatti e 8.881 cittadini impegnati.
I Comuni che hanno dichiarato di avere cani liberi controllati sono nel 67,4% dei casi al Sud e Isole, nel 4,2% al
Centro e nel 28,4% dei casi al Nord Italia. Complessivamente sono stati dichiarati 1.632 cani liberi controllati,
con 281 cittadini specificamente impegnati.
In Italia da 20 a 30 milioni di cani. Solo 36,1% Comuni conosce numero animali iscritti all’anagrafe
Spesa pubblica in aumento, milioni di “clandestini”, grandi disparità tra territori.
È quanto emerge dalla IX edizione di “Animali in città”, l’indagine di Legambiente sui servizi offerti dalle
amministrazioni comunali, e dalle aziende sanitarie, per la gestione degli animali d’affezione e la qualità della
nostra convivenza in città con animali selvatici e non. L’indagine, che si basa su dati 2019 e che ha coinvolto
1.069 amministrazioni comunali e 46 aziende sanitarie, evidenzia come il 69,5% dei Comuni dichiari di avere
uno sportello (un ufficio o un servizio) dedicato ai diritti degli animali in città, ma solo uno su sette (15,7%)
raggiunge una performance sufficiente, con Prato, Modena e Bergamo a superare il punteggio necessario per
raggiungere l’ottimo. Dai dati forniti dalle aziende sanitarie, si stimano 226 canili rifugio in attività per 36.766
posti disponibili, ma al 31 dicembre 2019 erano ospitati in queste strutture 92.371 cani, ovvero 2,5 volte i posti
disponibili.
Ma quanti sono i cani in Italia?
Secondo le amministrazioni comunali che hanno risposto, la media è di un cane ogni 7,5 cittadini residenti, ma solo il 36,1% dei Comuni rispondenti conosce il numero dei cani iscritti all’anagrafe nel proprio territorio, per un totale di 1.060.205 cani su 7.913.890 residenti.
Quindi, sulla base delle anagrafi territoriali più complete, la stima del numero di cani presenti in Italia va dai 19.800.000 ai 29.800.000. Numeri analoghi per i gatti. Sono 490 i Comuni che dichiarano di aver dato lettori di microchip in uso al personale, per un totale di 784 lettori: in media 1,6 per amministrazione.