Massa d’Albe. Immergiamoci negli scenari abruzzesi e regaliamoci il tempo d’osservazione, perché tra le ricche vegetazioni date da questa terra audace, ergono sempre delle immense meraviglie. Alba Fucens, un sito sorto nel IV secolo a.C., è uno di quei luoghi che, come un magnete, ha incentrato un passato intenso, con una forte pulsione vitale per la città eterna quale Roma e, ad oggi, ci regala delle paesaggistiche mozzafiato che contornano la nostra storia di spettacolari visioni archeologiche. L’aria in cui prende forma l’ellittico anfiteatro fucense, profila uno scenario magico che ci concede una prospettiva ossigenante, come il respiro del monte Velino, che si duplica nella bellezza delle sue sinuose curve gemellari ornandone la località.
L’anfiteatro di Alba Fucens, struttura scavata in parte nella roccia del colle di San Pietro, pur non essendo paragonabile al Colosseo per la sua stesura limitata, poiché poteva accogliere solamente alcune migliaia di spettatori, offre all’interno della sua arena una superficie che copre circa la metà di quella del Colosseo. A volere questo anfiteatro fu proprio un abitante di Alba Fucens, ovvero il noto Nevio Sutorio Macrone che lasciò in testamento del denaro per realizzare questo suo desiderio progettuale e, sopra l’arco d’ingresso, possiamo leggere una significativa dicitura in latino, incisa in suo onore, che ne attesta il correlato testamentario dello stesso.
Ad oggi, questo importante spazio della collezione archeologica italiana, ospita grandi festival culturali e ne tramanda le sue potenzialità con quel profilo unico, poiché travolge la bellezza culturale in espressione poliedrica. Addentrandoci con cura nelle vie riemerse di Alba Fucens, a partire dagli scavi che ebbero inizio nel 1949, ci sentiremo avvolti dal profumo della storia e dall’arte profusa in essa e, con il massimo rispetto per ciò che è stato e per ciò che è rinvenuto ai nostri occhi, possiamo goderne gli autentici scenari e i vari ambienti dell’area albense.
Nella via dei pilastri, epoche lontane riecheggiano di emozione, soprattutto al tramonto, quando la luce scalda la visione dei pilastri, creando dei chiaroscuri che sembrano esservi pennellati su di una tela. Fascinosa immagine, che ne imprime la forza di un tempo scritto e che mai verrà rimossa dalle sue pregevoli memorie. E sebbene il tempo è conservatore delle civiltà e ci regala sorprese inaspettate, dobbiamo essere riconoscenti in primis ai nostri predecessori che, con impegno, ci hanno donato la strada del futuro, e noi, con la stessa generosità, abbiamo il diritto e il dovere di conservarne i loro eterni passi, proteggendoli e amandoli ovunque essi annunceranno una rilevante traccia sulla nostra prodigiosa vita.