L’Aquila. Sono oltre 150mila ogni anno le aggressioni, tra denunce ufficiali e sommerso, rivolte solo agli infermieri. Una situazione che per il sindacato delle professioni sanitarie COINA rappresenta una vera emergenza sociale, che va affrontata con interventi concreti e duraturi, non con soluzioni temporanee.
A dirlo è il segretario nazionale Marco Ceccarelli, che in un duro commento critica le recenti sperimentazioni di dispositivi di sicurezza come le bodycam nei Pronto Soccorso del Veneto, definendole “toppe su una ferita aperta”.
“Le microcamere non fermano la violenza, la registrano soltanto” spiega Ceccarelli, “Chi aggredisce è spesso esasperato da lunghe attese, stress e situazioni difficili. Pensare che una bodycam o un pulsante di allarme possano essere la soluzione è illusorio. È necessario affrontare le vere cause, a partire dalla carenza di personale e dal sovraffollamento degli ospedali”.
Il sindacato denuncia un sistema sanitario al limite: pronto soccorso congestionati, personale ridotto all’osso, tempi d’attesa troppo lunghi che alimentano tensioni e conflitti. Secondo COINA, solo un rilancio della sanità territoriale, con potenziamento della medicina di prossimità e dei servizi domiciliari, può alleviare la pressione sugli ospedali.
“Serve un piano straordinario di assunzioni, contratti dignitosi e investimenti reali” sottolinea Ceccarelli, “Non si può più rimandare il ritorno di professionisti nei distretti e ambulatori”.
Sul tema sicurezza, COINA riconosce l’importanza di garantire protezione, ma avverte: “Riempire gli ospedali di agenti non basta. I professionisti, soprattutto nei turni notturni, sono spesso lasciati soli, senza supporto e strumenti adeguati”.
Il sindacato lancia un appello alle istituzioni: “Smettiamo di inseguire emergenze con soluzioni di facciata. Serve una strategia strutturale per la sanità pubblica, che riporti sicurezza e qualità per chi lavora e per i cittadini. Il tempo delle toppe è finito”.