L’Aquila. Tante storie, tanta solidarietà, tanta amicizia, tante vicende si sono intrecciate in questi anni che L’Aquila ha dedicato a rialzarsi da questa caduta, a guarire le ferite non solo esterne e visibili a occhio, ma anche colpi e contraccolpi psicologici. Molte di queste storie sono simili a quella di Carla Cimaroni, quarantenne aquilana, che ha vissuto il dramma del sisma nella sua casa del centro storico, che ha visto in una manciata di secondi distruzione e morte, desolazione e disperazione. Raccogliere i cocci, che sono macerie, che sono disagi, che sono paure, che sono momenti difficili, che sono rabbia e tristezza, angoscia e paura. Incollarli uno ad uno e giurare a se stessa che no non si può abbandonare tutto e andare via. Carla ha un compagno e un cane, un jack russell, Arturo, ha coraggio e determinazione. E’ stata la prima a tornare ad abitare nella zona rossa a soli otto mesi dal terremoto. Siamo andati a trovarla a due giorni dal quinto anniversario di una tragedia che girando per la città ancora mostra le ferite che fanno molto male. Ovunque nel centro storico cantieri aperti, quelli che messi insieme fanno di L’Aquila il più grande cantiere d’Europa con migliaia di ponteggi, chilometri di tiranti, milioni di puntelli su finestre, porte, balconi, tetti, case e negozi, chiese e palazzi. Un cantiere che sembra non finire mai e che anzi, nel work in progress, si è ingrandito favorendo l’entrata della malavita pronta a mettere le mani sui soldi, tanti o pochi, è impossibile da stabilire, destinati alla ricostruzione. Carla ci riceve nel suo appartamento dell’unico palazzo completamente ristrutturato della zona rossa, ci offre un caffè e ci sorprende dicendo che mai ha pensato di andare via, di abbandonare la sua città. Il suo compito dal giorno successivo al terremoto era quello di reagire alla distruzione. Ci ha messo testa e cuore Carla e in tempi rapidi è tornata a casa nonostante la desolazione tutt’intorno, di giorno e di notte, nonostante il silenzio assordante rotto soltanto dal rumore delle transenne che i militari spostavano per consentire il passaggio dei mezzi dell’esercito che facevano venire brividi da stato d’assedio e che Carla aveva imparato a coprire ascoltando musica. Stanno ricostruendo le proprietà a L’aquila ci ha detto, lentamente, ma stanno ricostruendo almeno quelle. Non stanno ricostruendo il tessuto sociale, è questo l’errore più grande, aggiunge con amarezza. La vita si svolge nei centri commerciali, il cuore cittadino è un luogo abbandonato fatto di palazzi sventrati e negozi abbandonati. Via Sallustio, Via Garibaldi, i portici e piazza Duomo, quasi mille attività commerciali prima del sisma, ora se ne contano appena 23 riaperte dopo 5 anni. E’ girando per queste strade che s’intravede una vetrina illuminata, ci avviciniamo, meraviglia per i nostri occhi, una pasticceria addobbata con dolci pasquali, colombe e uova di cioccolato simboli di vita e di risurrezione. Nella mente il 6 aprile di cinque anni fa, mancavano pochi giorni a Pascqua. Tullio e sua moglie hanno fatto la stessa scelta di Carla, non si fanno affari in quella strada, anzi si attinge ai risparmi per mantenere l’attività, ma qualcuno doveva pur iniziare ad investire nel centro. Loro lo hanno fatto, aspettano tutti gli altri e sono sicuri che un giorno alzando gli occhi al cielo si vedrà ancora L’Aquila volare. Gianluca Rubeo