L’Aquila. Il Tribunale civile dell’Aquila ha condannato la Regione Abruzzo e l’Adsu, l’Azienda per il diritto allo studio, al pagamento di un milione e 200 mila euro ai familiari di Hamade Hussein detto “Michelone”, uno degli 8 ragazzi che hanno perso la vita alla Casa dello studente, crollata la notte del 6 aprile 2009 a seguito della scossa che ha portato con se’ 309 vite. I familiari di “Michelone” e delle altre vittime della Casa dello Studente, sono stati assistiti durante il processo dall’avvocato Wania Della Vigna.
In via definitiva per il crollo della Casa dello Studente sono stati condannati a quattro anni di reclusioni gli ingegneri Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rosicone, e a due anni e sei mesi Pietro Sebastiani, il presidente della Commissione collaudo dell’Azienda per il diritto agli studi universitari. Secondo quanto affermato dagli ‘ermellini’ l’edificio era destinata a crollare sotto il sisma che il 6 aprile del 2009 ha devastato il capoluogo abruzzese perche’ ancora prima dei lavori di ristrutturazione eseguiti nel 2000, l’edificio era stato totalmente, e pericolosamente, modificato rispetto al progetto originario e alla iniziale destinazione d’uso.
Tuttavia sempre secondo la Cassazione, i tre ingegneri che ne curarono la ristrutturazione nel 2000, e l’architetto responsabile del collaudo, avrebbero dovuto controllare i nuovi carichi di peso che gravavano sull’edificio – costruito nel 1965 dalla casa farmaceutica Angelini – e la tenuta statica, prima di eseguire gli interventi che avevano progettato e che “hanno aggravato gli effetti del crollo” nel quale morirono sette studenti e il portiere dello stabile. La Cassazione aveva osservato che si sapeva che L’Aquila era da sempre, “e comunque da prima del 1965, a rischio sismico” e per questo il sisma del 6 aprile “e’ stato motivatamente ritenuto non imprevedibile ne’ eccezionale”. “E’ irrilevante, nel concreto contesto emerso, la regolarita’ o meno dei lavori eseguiti prima degli interventi curati dagli ingegneri Pace, Centofanti e Rossicone: e va al riguardo affermato con la necessaria chiarezza che” – in base a quanto prescritto dalle norme del Ministero dei lavori pubblici del 1996 – “il limite percentuale di aumento dei carichi ammesso (non oltre il 20%) deve essere calcolato sull’assetto originario dell’edificio, rispetto al quale il progettista e il direttore dei lavori che si accingano a progettare ed a realizzare hanno, secondo logica elementare e prudenza, l’obbligo preliminare di verificare se si siano o meno verificati ‘medio tempore’ interventi, indifferentemente regolari o no, autorizzati o no, che abbiano, comunque, gia’ alterato in maniera significativa gli originari equilibri”. Confermato per i tre ingegneri anche il ‘no’ alle attenuanti generiche per “la gravita’ dei fatti, essendo l’immobile destinato ad ospitare giovani, e sulla non emersione di elementi positivamente apprezzabili” per concedergli il beneficio. Per quanto riguarda la responsabilita’ di Sebastiani, ad avviso della Cassazione, “risulta tranciante il rilievo, pure correttamente svolto dai giudici di merito, secondo cui la licenza edilizia rilasciata dal Comune di L’Aquila in data 28 dicembre 1999 richiedeva il collaudo statico dell’immobile, che nessuno risulta avere svolto”. Complessivamente dall’avvocato Wania Della Vigna sono stati richiesti 6 milioni di euro per i familiari anche di altri cinque studenti, miracolosamente sopravvissuti sotto le macerie dell’edificio la notte del 6 aprile 2009.
“Nel caso di specie”, si legge nelle motivazioni della sentenza civilistica di condanna, “il Tribunale, ai fini dell’individuazione delle cause del crollo dell’edificio, ritiene di far proprie le conclusioni del perito nominato in sede penale, unitamente gli apporti del consulente del P.M., in considerazione dell’elevato grado di competenza del perito, della vastita’ dei materiali sottoposti ad esame, dell’approfondita ed accurata analisi condotta in ordine alla dinamica del collasso. Deve anzitutto escludersi il carattere eccezionale o anomalo del sisma, tale da renderlo cioe’ un evento imprevedibile e pertanto imprevedibile; in particolare, va evidenziato come il terremoto de quo, riconducibile scientificamente alla categoria ‘strong’, nell’ambito della quale vanno classificati mediamente 120 terremoti annui nel mondo, non rappresenti un evento assolutamente anomalo e tale da non dover essere considerato nel vaglio delle condotte umane che da esso possono essere influenzate, neppure per il territorio aquilano: a fronte della notoria sismicita’ della zona – valutata di II categoria, ossia media gia’ da prima del 1965 – la citta’ era stata in passato colpita da due terremoti di analoga intensita’, nel 1461 e nel 1703; il fatto che terremoti analoghi a quello del 2009, in se’ stessi non abnormi quali fenomeni sismici, si fossero gia’ verificati, e per ben due volte, nella citta’ di L’Aquila, dimostra che il sisma di cui si discute puo’ essere semmai ritenuto raro, ma non certo eccezionale ed al di la’ dell’orizzonte di prevedibilita’/prevenibilita’. Quanto agli specifici fattori determinanti il crollo, – si legge sempre in sentenza civile del Tribunale dell’Aquila – la perizia Mulas, in estrema sintesi, afferma che esso fu il prodotto della sollecitazione impressa dal sisma, dei gravi errori dell’ingegnere Botta (deceduto), autore dell’originario progetto dell’edificio de quo, nonche’ dalle modifiche progettate ed eseguite sotto la direzione degli ingegneri Pace, Rossicone e Centofanti, che implicarono un considerevole aumento dei carichi verticali e l’apposizione della parete non strutturale, denominata in perizia parete Rei, dotata di notevole rigidezza e resistenza e collocata in corrispondenza della trave 18-29: tali interventi influenzarono negativamente la cinematica del crollo – che comunque sarebbe derivato dall’effetto combinato del sisma e degli errori progettuali del Botta – aggravandone le conseguenze”.
“La consulenza”, continua la sentenza, “ha portato alla luce come la stessa parete abbia negativamente e pesantemente interferito col regime statico di tutti gli elementi, pilastri e travi, ad essa adiacenti; in particolare, il cedimento dei pilastri del piano terra, ascrivibile al Botta, e’ stato amplificato in modo abnorme dal cedimento per taglio della trave 18-29, e dalla rottura dei nodi che collegavano le travi al predetto pilastro, con conseguente perdita d’appoggio dei solai che su di esse poggiavano. Dalla perizia emerge in particolare la violazione delle prescrizioni di Legge da parte dei tre ingegneri, che imponeva, proprio in ragione dei lavori implicanti un aumento dei carichi, la verifica della statica dell’edificio e della sua capacita” di resistere, dal punto di vista sismico, alle modifiche apportate. I tre progettisti avrebbero cioe’ dovuto compiere tale verifica, primariamente esaminando il progetto originario del Botta, occasione in cui avrebbero potuto e dovuto rilevarne le gravi carenze. In tale quadro si innestano le responsabilita’ omissive collaudatore del Sebastiani, il quale, anziche’ eseguire la concreta verifica di natura tecnica richiesta dall’incarico conferitogli e dalla disciplina vigente in materia, si limitava ad mera ricognizione di carattere amministrativo e documentale”.