L’Aquila. “Meriterebbe un’approfondita analisi specialistica il fenomeno per cui il centrodestra dà il meglio di sé quando è sotto pressione e quasi ritenuto morente e, al contrario, quando ha il vento in poppa fa di tutto per autodistruggersi Prova ne è l’acceso dibattito che si sta sviluppando sulle candidature in vista delle prossime elezioni regionali, con i responsabili e i referenti di Lega e Forza Italia che hanno iniziato una incomprensibile rincorsa alla sconfitta. A voler dare credito ai sondaggi, basterebbe prendere l’ultima rilevazione ufficiale, riferita a poco più di dieci giorni fa, per vedere come la crescita del movimento di Salvini, per esempio, avviene a scapito degli alleati: la somma della coalizione, infatti, si attesta al di sotto del 29%, sei punti e mezzo in meno delle politiche del 4 marzo scorso. Solo il risultato delle liste civiche di centrodestra ridurrebbe la distanza dal Movimento 5 stelle, un dato, quello attribuito a queste ultime compagini, che però risente molto della reale composizione delle stesse e dal consenso che i singoli candidati sapranno portare a casa, non avendo un simbolo “riconoscibile” in grado di drenare voto d’opinione, che pure nelle consultazioni locali pesa molto di meno”. Così il sindaco della città dell’Aquila, Pierluigi Biondi.
“Sia chiaro”, continua, “ognuno, legittimamente, ha il diritto di rivendicare la propria specificità e di studiare tattiche e strategie per ottenere il massimo nelle trattative, stando bene attenti però a non infastidire l’ampia platea dell’elettorato diffuso e invisibile per soddisfare la sete di guerra della ridottissima schiera degli ultras. Di fronte abbiamo due modelli. Uno, vincente, quello dell’Aquila, con una coalizione ampia che va da Fratelli d’Italia all’Udc, passando per le esperienze civiche, con un’offerta umana e politica credibile e con un programma di cambiamento. L’altro, quello perdente, di Teramo, dove il fuoco amico delle rappresaglie ha portato alla sconfitta di una persona perbene, preparata e capace come Giandonato Morra e che ha ridato fiato a un centrosinistra già avviato verso l’opposizione. Archiviate le esternazioni ferragostane e placati gli animi, perciò, il centrodestra riparta azzerando l’assurda spirale fatta di provocazioni che sta entusiasmando solo grillini e Partito democratico e torni a discutere del programma di governo da sottoporre agli abruzzesi”.
“Dopo”, conclude, “si potrà passare ai nomi, individuando tra i papabili il più forte, a prescindere dal partito di appartenenza. Ripartiamo dall’esperienza del capoluogo di regione, dove una classe dirigente giovane è stata in grado di mettere da parte le reciproche, e giuste, ambizioni e fare sintesi, consentendo così al centrodestra di recuperare una partita che solo due mesi prima lo vedeva sotto di 25 punti percentuali e suonare la carica alla coalizione a livello nazionale. Spetta solo a noi scegliere se fare dell’Abruzzo il laboratorio di un centrodestra rinnovato e ripensato in chiave moderna oppure se sancire la fine della coalizione così come la conosciamo da un quarto di secolo, pur nelle mille evoluzioni avute, e buttarci a capofitto in un’avventura di cui, prima o poi, potremmo amaramente pentirci”.