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Bimba uccisa dalla statua al centro commerciale: una condanna e cinque assoluzioni 

Redazione Centrale di Redazione Centrale
31 Maggio 2018
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Pescara. Si e’ concluso con una condanna e cinque assoluzioni il processo riguardante la morte di Catherine Vassilissa Efremov, la bimba di 5 anni schiacciata, nel 2011, da una statua di bronzo in una piazzetta di un centro commerciale nel Pescarese. Il giudice monocratico di Pescara, Francesco Marino, ha, infatti, condannato Ubaldo De Vincentiis, originario del Belgio e residente a Montesilvano, responsabile e legale rappresentante del Citta’ Sant’Angelo Outlet Village, a sei mesi di reclusione (pena sospesa). Sono stati invece assolti perche’ “il fatto non costituisce reato” : Gianluigi Rinaldo e Maurizio Campanai – il primo residente a Gallarate e il secondo ad Arezzo – direttori del centro dal 2009 in poi; i toscani Lorenzo Rosi e Giacomo Billi, il primo legale rappresentante della societa’ Pescara Outlet soc. cons. P.a. con sede a Reggio Emilia proprietaria della statua e il secondo responsabile tecnico della societa’; l’abruzzese di San Giovanni Lipioni (Ch) Massimiliano Rossi, responsabile della sicurezza e della prevenzione del centro. Il pm aveva chiesto tre anni e otto mesi ciascuno per i sei imputati.

L’accusa per tutti era di omicidio colposo. A carico di De Vincentiis e di due societa’ responsabili civili e’ stato, inoltre, stabilito un risarcimento danni, pari complessivamente a circa 650 mila euro, a favore delle parti civili. La famiglia della bimba, di origine russa e residente a Parigi, era arrivata dalla Francia per trascorrere una breve vacanza in Abruzzo. La piccola si era fermata a giocare con la sorella vicino ad statua di bronzo che crollo’ a terra colpendola al capo. L’accusa ha sostenuto che gli imputati avrebbero causato la morte della bambina per “imprudenza, negligenza e imperizia, nonche’ violando gli obblighi di cura e custodia connessi alla proprieta’, alla disponibilita’ e all’utilizzo della statua”. Nello specifico, De Vincentiis, Rinaldo, Rosi e Billi, sempre a giudizio dell’accusa, “non avrebbero provveduto al corretto montaggio e posizionamento in sicurezza, mediante fissaggio e ancoraggio con appositi bulloni, della statua al relativo basamento di marmo al momento dell’acquisto o comunque non verificavano che le operazioni fossero effettuate correttamente”.

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