Chieti. La tradizionali rievocazioni della Via Crucis tornano domani ad animare diversi centri dell’Abruzzo, in particolare Chieti e L’Aquila. La processione del Venerdì Santo o del Cristo morto a Chieti è forse la processione più antica d’Italia. Risalirebbe, infatti, all’842 d.C. La sua conformazione attuale risale però solo al XVI secolo, quando nacque l’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti che ancora oggi ne cura l’allestimento e la preparazione. Tra il ‘700 e ‘800 avvennero importanti modifiche riguardanti l’introduzione del coro, dei simboli della Passione e della statua dell’Addolorata, oltre all’eliminazione dal corteo della Morte. La tradizione vuole che la processione di Chieti si debba sempre svolgere anche in condizioni atmosferiche pessime e qualsiasi cosa succeda. La processione ha inizio verso le 19, dalla cattedrale di San Giustino. Lungo gran parte del percorso sono presenti i tripodi accesi con fuoco di cera. Intanto, in cattedrale, alla fine della sacra funzione, sulla scalinata del presbiterio si esibisce il coro per tenori primi, tenori secondi e bassi e composto da oltre 160 elementi che, seguendo la processione, intona il Miserere, composto verso il 1740 da Saverio Selecchy. L’orchestra è composta da violini, viole, violoncelli, flauti traversi, clarinetti, fagotti e, ultimamente, sassofoni. La processione viene aperta dallo stendardo a lutto dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti. Escono quindi le varie confraternite cittadine, ognuna con il proprio stendardo e crocifisso, alcune con propri simboli, tutte con le lanterne (dette fanali), con i confratelli nella mozzetta tradizionale di ciascuna congrega. I membri effettivi dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti, vestiti con una tunica nera, mozzetta gialla e cappuccio nero, circondano le statue del Cristo morto e della Madonna addolorata: solo a loro spetta anche il compito di trasportare questi sacri simboli, secondo una tradizione di successione salica.
Molto sentita la solennità che si celebra a L’Aquila. Dalla Basilica di San Bernardino tra i palazzi vuoti e puntellati della città. Questo il percorso della processione del Cristo Morto. Accompagnano il corteo con il simulacri del maestro Remo Brindisi il coro e l’orchestra del Venerdì santo, formato dai cantori di tutti i gruppi e associazioni corali cittadine. Nel 1954, grazie al devoto interessamento dei frati Minori del Convento di San Bernardino, la processione del Venerdì Santo è stata ripristinata. Merito particolare va al giovane francescano Fra Salvatore Roccioletti. A curare la processione e darle grande lustro è stato poi, a partire dal 1963, Padre Casimiro Centi. La processione del Venerdì Santo a L’Aquila ha una peculiarità che la rende forse unica, cioè quella di essere legata, sin dal 1954, ai nomi del grande artista aquilano d’adozione Remo Brindisi, morto nel 1996 e del padre Fedele Brindisi. Loro sono infatti 16 dei 20 simulacri portati in processione. Per l’edizione di quest’anno a scortare il Cristo Morto sarà il gruppo aquilano di azione civica “Jemo ‘nnanzi”. I simulacri che sfileranno nella sera di domani – anche qui sotto le struggenti note del Miserere – sono opere riconosciute capolavori di arte sacra contemporanea, e sfilano in uno scenario dal sapore antico, tra i palazzi storici della città, alla fioca e suggestiva luce delle torce, proprio come cinquecento anni fa, torce che rischiarano il percorso dei simulacri scolpendo nella notte la tragica discesa dal Golgota. Scriveva negli anni cinquanta l’allora soprintendente alle Belle Arti Raffaele Delogu, a proposto dei simulacri di Remo Brindisi: “Come le civiltà artisticamente mature non hanno mai temuto di riplasmare nel loro spirito e di rinnovare entro le loro particolari forme temi ed immagini della loro tradizione, così nei momenti di maggiore pienezza del sentimento religioso, mai si ebbe timore di affidare l’espressione alle voci più contemporanee e per ciò stesso, più qualificate ad esprimerlo che questo compito sia stato affidato ad un aquilano quale Remo Brindisi, che ha saputo gettare un ideale ponte tra le tradizioni della sua terra ed il sentimento del nostro tempo, è garanzia di aderenza e per L’Aquila, segno significativo di continuità storica e sicura vitalità”. Dal 2000 si è costituita l’Associazione Cavalieri del Venerdì Santo, formata da laici e religiosi, allo scopo di dare continuità all’annuale evento e di rendere la processione un supporto significativo alla religiosità degli aquilani e dei turisti, che la seguono con la stessa fedele e composta partecipazione del passato.
Sulmona: A differenza di quanto avviene a Chieti, la processione del Venerdì Santo a Sulmona si articola in due eventi. Il primo corteo prende il via il pomeriggio e parte dalla chiesa di S. Maria della Tomba, in cui sfila il simulacro del Cristo morto, in possesso della Confraternita di S. Maria di Loreto, e quello della Madonna che Scappa vestita di nero. Apre il corteo la banda locale che, nel mentre attraversa le vie della città arrivando fino a piazza Garibaldi, per poi tornare in chiesa, esegue la celebre marcia funebre del Vella. Viene comunemente chiamata “piccola processione” per distinguerla da quella serale, organizzata dall’Arciconfraternita della SS. Trinità, che rappresenta il secondo dei due eventi quotidiani. Nota anche come “Processione dei Trinitari”, prende il via dalla chiesa della Trinità, sede dell’Arciconfraternita. In capo al corteo sfila “Il Tronco”, grande croce di legno adornata da un telo di velluto rosso, portato in braccio da uno dei confratelli che, a sua volta, è seguito dagli altri confratelli che sfilano imbracciando i caratteristici “fanali” argentati di epoca settecentesca. Sfilano anche i bambini che rappresentano il futuro dell’Arciconfraternita e che, a loro volta, sono muniti di croce, lancia, martello, chiodi e tenaglie. Vi è spazio anche per circa 120 cantori che intonano, ad anni alterni, il “Miserere” di Barcone e Scotti. Sopra un catafalco in argento, decorato con eleganti tessuti e veli, è agiata la statua del Cristo morto con i trentatre garofani rossi donati dai confratelli. Chiude il corteo la statua della Madonna addolorata, vestita con un abito totalmente nero. Una volta che la processione giunge alla chiesa di S.Maria della Tomba, dal campanile della stessa fuoriesce una cascata di luci che rappresenta, secondo la fede cristiana, il Cristo che libera i fedeli dai peccati.
Penne: C’è chi la ritiene la processione di Cristo morto più antica d’Abruzzo. La liturgia pennese può essere fatta risalire agli albori del quattrocento, anche se, stando alle fonti storiche, venne istituita ufficialmente nel 1570, da Padre Girolamo da Montefiore, cappuccino di origine umbra. Grazie a un manoscritto del XVII sec., sappiamo che il rito del Venerdì Santo pennese, denominato “Funerale del Signore”, consisteva in una processione dei Misteri della Passione portati a spalla da penitenti. In passato, soprattutto in epoca medievale, le sacre rappresentazioni, come, appunto, la Passione di Cristo, andavano in scena nelle chiese e erano recitate da chierici affiancati da statue semoventi. La presenza di un simulacro snodato del Cristo dimostra che anche nella chiesa dell’Annunziata era in uso recitare il dramma della Passione che, terminando con la coreografica Deposizione dalla Croce, diede origine al Venerdì Santo pennese. Gli incapucciati sorreggono le lanterne ed i baldacchini su chi sono issate le varie statue, come quella della Madonna Addolorata.
Scanno: “La processione degli Incappucciati”, che fonti storiche fanno risalire alla metà dell800, è organizzata dalla Confraternita della Madonna delle Grazie e si snoda lungo le strade del borgo antico. I confratelli che partecipano al rito sacro, sono coperti in volto da un cappuccio bianco, mentre, attraverso due minuscoli fori su di esso, scrutano il percorso davanti a loro. Attraverso le antiche case di pietra, nel silenzio di un luogo incantato, procedono lentamente in coppia per la visita ai sepolcri. A rendere più suggestiva la processione ci pensano i canti a lutto per la morte del Cristo come, ad esempio, “Il cristiano a piè della Croce”, che con la sua tradizionale melodia abruzzese sposa il folklore locale con la sacralità religiosa. La sera, al calar della luce, la processione assume una veste più intima e mistica quando ai rumori della fauna locale si uniscono le voci di coloro i quali intonano il “Miserere”, struggente canto eseguito in numerose località abruzzesi in periodo pasquale.
Teramo: La giornata del Venerdì Santo è animata da ben due riti, entrambi cari alla popolazione teramana: la processione della “Desolata”, che si tiene all’alba, e la processione del “Cristo Morto”, che, invece, si svolge in serata. La loro origine è antichissima; quella mattutina, organizzata dalla Confraternita di Santa Maria della Cintola, si fa risalire, addirittura, al 1260. Il rito della Desolata rievoca la ricerca della Madre angosciata per la condanna a morte del figlio Gesù; ricerca che avviene per sette chiese di Teramo, che rappresentano anche i sette dolori di Maria Addolorata. A renderla unica, è l’orario insolito in cui essa prende vita. A partire dalle tre del mattino, in città si possono udire fedeli suonare la “troccola”, poichè le campane sono ”legate”, per annunciare l’ imminente uscita della processione. Dalla chiesa di S. Agostino, all’incirca intorno le quattro del mattino, parte il doloroso cammino di Maria. Il sacro corteo è aperto da un confratello che regge una croce lignea recante i simboli della Passione, a cui seguono i fedeli, principalmente donne vestite completamente di nero o che indossano un velo scuro sul capo, proprio come si usava un tempo. Le strade percorse dalla processione sono listate a lutto, con i balconi dei palazzi coperti da drappi di stoffa nera o viola. Canti solenni e struggenti risuonano nella notte, tra le vie cittadine, intonati dal corteo che porta in processione la statua della Vergine Addolorata trafitta da un pugnale. A differenza di quella mattutina, che è la processione dell’intimo raccoglimento espresso da pochi ma significativi elementi, quella della sera è la Processione della Rappresentazione, del dispiegamento dei simboli e dei suoni, destinata a coinvolgere tutta la cittadinanza in un corteo solenne, riccamente articolato.