L’Aquila. Sabato 28 febbraio alle 18.30 presso il Gran Sasso Science Institute in via Michele Iacobucci n.2, si terrà la presentazione del libro “Le Mani della Città” di Claudia Pajewski, a cura di Michela Becchis. L’evento si terrà nel nuovo Auditorium del GSSI situato all’interno del Rettorato. Durante l’incontro, interverranno: Claudia Pajewski, autrice del libro; Fabrizio Barca, economista; Michela Becchis, curatrice e storica dell’Arte; Eugenio Coccia, rettore del GSSI; Piotr Hanzelewicz, artista; Maria Giovanna Musso, docente presso la Facoltà di Sociologia “Sapienza” Università di Roma; Paulo von Vacano, editore; Emanuele Verrocchi, segretario Fillea-Cgil Provincia dell’Aquila.
Edito dalla Drago Publishing, grazie al contributo del GSSI e della Fillea CGIL della Provincia dell’Aquila, il libro è il risultato di un progetto indipendente realizzato dalla fotografa Claudia Pajewski tra il 2014 e il 2017. Il progetto Le mani della città è nato a L’Aquila, una città immobile e silente per anni dopo il terremoto. Poi, d’improvviso, ormai quattro anni fa, comincia la ricostruzione, arrivano le gru, tante, moltissime anzi, a fare da tramite tra la città distrutta e il cielo. Ma una città non si ricostruisce, viene ricostruita da migliaia di uomini, migliaia di mani. Quelle che Pajewski chiama, appunto, “Le mani della città”. Le mani, gli sguardi intensi delimitati dalla profondità buia degli interni e dei cortili tutti da ricostruire; i volti, illuminati da quella luce nitida e limpida che è tipica della città e delle foto di Claudia, volti che volentieri interloquiscono con la macchina fotografica, diretti e schivi al tempo; i corpi infagottati e con i caschetti incalcati sulle teste, inquadrati dalle infinite e rigide geometrie dei tubi Innocenti. Oggi il capoluogo abruzzese è il cantiere edile più grande d’Europa, popolato da migliaia di uomini impegnati nei lavori di ricostruzione. Le mani della città sono le mani di questa nuova cittadinanza – locale, straniera e migrante – che le fotografie di Claudia Pajewski documentano nel dinamismo del lavoro quotidiano, senza rassegnazione o vittimismo. L’artista, da sempre interessata al corpo e al suo linguaggio, ha immortalato tra macerie e frammenti di esistenza la volontà di metamorfosi e riscatto che accomuna queste vite al destino dell’Aquila.