Pescara. “La Città” è un intervento realizzato dall’associazione Viviamolaq nella Casa Circondariale di Pescara. Il progetto si è basato, in primis, sul prestare ascolto alle voci, ai desideri ed alle esigenze di chi cerca di recuperare agli errori commessi, di chi aspetta un’occasione per dimostrare il cambiamento a cui si sta faticosamente rieducando. I detenuti coinvolti nei primi laboratori di partecipazione espressero il sogno di dare spazio ad un loro preciso obiettivo: una città nel carcere. Un dentro che potesse apparire un fuori, un luogo se non vero, almeno verosimile dove poter dialogare su una panchina, passeggiare lungo un corso fatto di colore, natura, e veri materiali, tangibili da poter davvero toccare. In quel mondo fatto di chiavi, barriere, porte, sbarre. Il Laboratorio di partecipazione è stato efficace: rapido, dal costo contenuto, gestito dagli stessi detenuti, e realizzato senza comportare problemi di sicurezza. In una parola: replicabile.
“Sono molto felice che questo progetto si sia compiuto a Pescara e nella nostra struttura carceraria”, dice l’assessore alla Cultura Giovanni Di Iacovo, “Un progetto di cultura che ha risvolti sociali rilevantissimi e capaci di coinvolgere sia chi ha proposto e realizzato il progetto che quanti ne sono stati interpreti. Bella anche la disponibilità della struttura, non estranea a progetti che hanno come obiettivo la rieducazione e il reinserimento dei detenuti in una nuova vita, diversa e nuova rispetto a quella passata. Grazie all’associazione che ha saputo mettere insieme cuore e braccia per trasformare laboratori ed esperienze in una comune occasione di crescita”.
La storia. Tutti i dati sulla detenzione carceraria raccontano una storia ben diversa da quanto enunciato dalla Legge fondamentale del nostro Stato: il tasso di affollamento delle prigioni è superiore al 113,2% e l’edilizia penitenziaria sembra proprio essere l’arma utilizzata a fini detentivi visto che lo spazio vitale pro capite è ben al di sotto dei 3 mq previsti. Si contrae lo spazio, si riduce la luce naturale, e di conseguenza si limita l’utilizzo di materiali confortevoli per confinare la libertà di ogni detenuto. Ecco, se l’architettura è stata una componente della strategia del controllo e della “punizione” è arrivato il momento di operare nella piena direzione del recupero e del reinserimento sociale.
La base. Le premesse scientifiche alla base della volontà di dare vita all’esperienza rieducativa hanno centrato l’attenzione sulle componenti fisiche e psicologiche legate all’ambiente. La convinzione che da una equilibrata gestione dello spazio sociale ne possano derivare benefici a livello salutistico ha mosso gran parte delle azioni del Laboratorio:
- un ambiente percepito disagevole comporta indirettamente il peggioramento del comportamento individuale e collettivo;
- l’affollamento contribuisce ad una sensazione di tensione e all’innalzamento della pressione sanguigna: la colorazione incide sia sulla pressione che sulla respirazione. Nello specifico l’utilizzo del blu, il viola e il verde comportano un effetto calmante;
- in ambito medico, i pazienti con stanze che hanno la vista su un paesaggio naturale hanno
una riabilitazione più veloce. La privazione di luce può sviluppare reazioni depressive.
Il progetto. L’area di intervento corrisponde ad un’ala del carcere di San Donato composta da un corridoio lungo circa 40m e largo 2,5m sul quale si affacciano diverse stanze. È già presente la sede della redazione del giornale Voci di Dentro, un’aula studio, una biblioteca ed una stanza filatelica. Grazie alla collaborazione fattiva dei detenuti sono state realizzate una sartoria ed una vasta area multidisciplinare, fulcro delle attività di formazione e informatizzazione di tutto il compendio. Si è così raggiunto l’obiettivo di ridefinire gli spazi dedicati al lavoro, alla creatività, alla formazione e soprattutto alla socialità dei detenuti. Ad ogni stanza è stato abbinato un colore, toni distensivi e che richiamassero la natura. E visto che in città i negozi e le botteghe si affacciano sulle strade richiamando ed attirando con vetrine espositive colorate abbiamo pensato di portare il colore fuori dalle stanze, direttamente sul corridoio trasformato in corso. Le fasce di colore si rincorrono sulle superfici disegnando un vortice dinamico e scandendo lo spazio come nella realtà esterna. In corrispondenza di ogni porta abbiamo poi pensato ad un arredo integrato utile all’attività effettivamente ospitata nella stanza. I materiali utilizzati provengono dal riciclo dei cantieri aquilani in cui l’sssociazione si trova ancora attualmente coinvolta, le attrezzature sono state condizionate dalle policy di sicurezza carceraria.
I risultati. In una società che, anche a causa di obiettivi problemi di logistica urbana, confina istituzioni del genere ai margini ambientali, il progetto La Città centra l’insperato l’obiettivo di far entrare la società nel carcere.