Vasto. Si trova in carcere Fabio Di Lello, il 35enne di Vasto accusato dell’omicidio di Italo D’Elisa, il 21enne ucciso ieri con 4 colpi di pistola davanti all’ingresso del bar ‘Drink Water’ di Vasto. Il capo d’imputazione verra’ formalizzato nella giornata di domani in occasione dell’interrogatorio cui l’uomo verra’ sottoposto dal pm Gabriella De Lucia, alla presenza del suo legale, l’avv. Giovanni Cerella. Nel pomeriggio di oggi, intanto, la Procura di Vasto affidera’ al medico legale Pietro Falco l’incarico di effettuare l’autopsia sul corpo del giovane. Subito dopo l’omicidio, Fabio Di Lello si era recato per pregare sulla tomba della moglie, dove i carabinieri hanno rinvenuto l’arma del delitto, legalmente detenuta dall’uomo che si e’ spontaneamente costituito. L’omicidio sarebbe stato compiuto per vendetta: Italo D’Elisa, il primo luglio scorso, aveva causato la morte della moglie di Di Lello, Roberta Smargiassi, deceduta a seguito di un incidente stradale, e per questo era stato rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio stradale.
Consap, senso ingiustizia arma persone oneste. “La tragedia di Vasto è la certificazione del fallimento di un sistema giudiziario che è stato criticato dagli stessi Capo Procuratori della Repubblica anche nelle recenti aperture dell’anno accademico per le sue potenzialità criminogene”. E’ quanto si legge in una nota della Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia (Consap), in riferimento all’omicidio di ieri a Vasto. “Come poliziotti non entriamo nel merito della vicenda dichiara il segretario nazionale, Stefano Spagnoli però crediamo che ci si debba seriamente domandare chi ha armato la mano del ‘marito distrutto’ Fabio Di Lello, per interrogarci poi sui disastri di leggi spesso paradossalmente tanto dure quanto inefficaci e di iter giudiziari che non riescono quasi mai compensare le vittime, condannate, esse sì, all’ergastolo del dolore o a quello della paura”. “La vendetta di Vasto pone l’accento sul reato di omicidio stradale, una legge lungamente attesa, ma che il Governo non riesce a usare come deterrente: norme indiscriminatamente punitive, che però non hanno prodotto nel cittadino quel sano timore che induce al rispetto delle regole”. “Il marito che si vendica, sparando e uccidendo, non è molto diverso dal padrone di casa che si arma e spara al ladro, fenomeni che prosegue la nota del sindacato come poliziotti condanniamo senza incertezze, ma che rappresentano la risposta a un vuoto di giustizia, intendendo non le toghe, ma la capacità delle nostre regole di ridare fiducia e speranza alle vittime; non di meno agisce anche da sprone sul criminale straniero che punta sull’Italia per commettere le sue nefandezze, picchiare vittime innocenti magari anziane e sole, forte di un’impunità di fatto che c’è in Italia e non esiste nei loro Paesi”. “Come operatori della sicurezza, sappiamo che esiste una linea morale e civica che impedisce a un cittadino onesto di trasformarsi in criminale conclude Spagnoli a meno che la sua sensazione di ingiustizia non superi la soglia critica, il compito delle Forze dell’ordine, della legge e della Magistratura, in un paese civile è proprio questo, evitare che si raggiunga questa soglia”.