Teramo. ”A leggere le notizie riportate dalla stampa locale, sembra che si sia tornati indietro di oltre un decennio quando si visse la fase più preoccupante della gestione dei Laboratori di Fisica Nucleare sotto il Gran Sasso. Erano gli anni in cui il Governo nazionale, contro la volontà di tutti gli enti locali e della popolazione, voleva realizzare un’inutile e dannosa terza galleria a servizio dei Laboratori, le cui attività erano avvolte nel mistero”, così Dante Caserta, Vicepresidente del WWF Italia. Caserta prosegue raccontando che “Fu proprio il WWF a rendere noto l’elenco delle sostanze presenti nei Laboratori, poste quindi vicinissime alla falda acquifera che rifornisce tre province abruzzesi. E fu sempre il WWF a evidenziare le carenze nella gestione degli esperimenti condotti nei Laboratori attraverso la pubblicazione di documenti e di scambi interni tra i ricercatori. Dapprima fummo accusati di allarmismo, ma poi arrivò l’incidente con il trimetilbenzene (nell’ambito dell’esperimento diventato famoso come Borexino) del 16 agosto 2002 che evidenziò tutta la fragilità del sistema di gallerie, laboratori e punti di approvvigionamento di acqua presenti nel Gran Sasso”. Come è noto vi furono denunce, sequestri e procedimenti penali e si avviarono interventi per la messa in sicurezza del sistema. Per anni il WWF ha continuato a chiedere che vi fosse una informazione puntuale di quanto accadeva sotto la montagna, soprattutto in merito alla presenza di determinate sostanze necessarie per gli esperimenti condotti nei Laboratori e l’inquinamento dovuto al transito degli autoveicoli nelle gallerie autostradali. È stato sempre ripetuto che ormai tutto era sotto controllo e che non vi erano più pericoli. Fino alle notizie di ieri. “Ovviamente attendiamo che si facciano i dovuti approfondimenti, ma intanto non possiamo tacere sulla gestione delle informazioni aggiunge Luciano Di Tizio, delegato WWF Abruzzo Possibile che solo a dicembre si venga a sapere di qualcosa che sarebbe successo a settembre? È questa la trasparenza che si vuole dare ai cittadini su un bene prezioso come l’acqua? In questo caso non ci sarebbe stata la somministrazione di liquido contaminato, come invece avvenne per alcuni anni in val Pescara a causa dei veleni della discarica di Bussi officine. Stando alle dichiarazioni dei responsabili del Ruzzo, l’acqua fornita ai cittadini è stata sempre potabile. Resta tuttavia la pessima abitudine di non informare tempestivamente i cittadini, che non possono essere trattati come bambini da tenere all’oscuro dei problemi per non preoccuparli. Chiediamo alla Regione di adoperarsi perché si accerti con puntualità che cosa è accaduto a settembre e quali sono i reali livelli di sicurezza dei Laboratori. Ma chiediamo pure che, alla luce della tanto decantata politica della trasparenza, ci si impegni da oggi in avanti a informare sempre i cittadini e a farlo subito, non con un inaccettabile ritardo di oltre tre mesi”
Un “fatto gravissimo” la contaminazione dell’acqua del Gran Sasso, captata dalla Ruzzo a scopi idropotabili. Lo afferma il Forum nazionale dei movimenti per l’acqua che, parlando di “un sistema idrico molto complicato e vulnerabile per la presenza dei laboratori dell’Infn e dei tunnel” e di “un patrimonio idrico, quello del Gran Sasso, tra i più importanti del mondo”, si pone una serie di interrogativi, chiedendo in primo luogo alle istituzioni e agli enti competenti se il sistema sia “in sicurezza”. “Ieri sera dicono al Forum abbiamo appreso, solo grazie al lavoro dei giornalisti, che il 2 settembre scorso le acque del Gran Sasso captate dalla Ruzzo a scopi idropotabili sono risultate contaminate da solventi e, secondo quanto dichiarato ieri sera alla stampa dalle autorità solo dopo la deflagazione del caso, sono state immediatamente messe a scarico, cioè lasciate scorrere nei fiumi e nell’ambiente, in un parco nazionale, e non inviate nei rubinetti”. “A quasi quattro mesi di distanza aggiungono gli ambientalisti il fatto viene alla luce solo dopo un sibillino comunicato della Giunta regionale in merito alla dichiarazione di stato di emergenza, documento che non parla del ritrovamento del 2 settembre, ma esclusivamente di un provvedimento della Asl, senza chiarirne ulteriormente le motivazione. Ad oggi non abbiamo reperito dati ufficiali. Una delle questioni principali è l’assenza di trasparenza: per questo la richiesta che facciamo è l’immediata pubblicazione di tutta la documentazione sul caso”.”Quanto accaduto afferma Augusto De Sanctis del Forum Acqua è molto grave. Il primo problema è il ritrovamento stesso di questa sostanza contaminante. Ricordiamo che nel sistema autostradalaboratoriacquedotto furono fatti lavori per oltre 50 mln euro per separare completamente i flussi idrici, con obiettivo di evitare contaminazioni, che già c’erano state nel 2002. E’ grave che ora si ripeta. Va capita la fonte della contaminazione”. “Il secondo problema aggiunge è sempre relativo al 2 settembre scorso. Come è stato gestito l’evento visto che i laboratori Infn sono classificati ufficialmente come impianto a rischio di incidente rilevante in base alla direttiva comunitaria Seveso? Evidenziamo che esiste un piano di emergenza con una precisa filiera di responsabilità e azioni da mettere in campo, compresa la comunicazione alla popolazione che non c’è stata”. “Il terzo problema prosegue De Sanctis è che ci troviamo in un Parco nazionale e si parla di contaminazione delle acque che sarebbero state messe a scarico. Quell’acqua, se non è andata fortunatamente nella rete idropotabile, e su questo aspettiamo la documentazione ufficiale, non è sparita con il suo carico di contaminazione ed è finita nell’ambiente. Il quarto problema riguarda la trasparenza e l’informazione della popolazione, così come imposto dalla direttiva Seveso”. “Il modo in cui è stato trattato il caso da parte delle autorità è letteralmente fantascienza, visto che stiamo parlando di una captazione di cento litri al secondo che viene a mancare, con la dichiarazione di stato di emergenza, in un sistema che teoricamente dovrebbe essere al massimo grado di sicurezza. Nei laboratori, all’interno della montagna, in un sistema delicatissimo e vulnerabile come pochi, vengono usate centinaia di tonnellate di sostanze come nafta pesante e pseudocumene. Ci sono inoltre due tunnel autostradali che attraversano una montagna piena d’acqua e contaminanti possono provenire anche da lì. Dopo quanto avvenuto nel 2002 conclude di certo non si possono ripetere gli errori del passato”.