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Chiudono nel chietino Cometa e Progetto Meccanica, niente da fare per i lavoratori

Redazione Centrale di Redazione Centrale
16 Settembre 2016
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Chieti. stranieri_lavoroA conclusione della procedura di mobilità avviata il 19 febbraio scorso, l’azienda metalmeccanica Cometa di Casoli (Chieti) ha ufficializzato ai sindacati la decisione di chiudere. Sono partire le lettere di licenziamento ai 38 lavoratori. “Purtroppo finisce un percorso che rappresenta la fine dell’ex Cisi, dell’indotto Honda ­ dice Nicola Manzi ­ segretario Uilm di Chieti-Pescara ­ Il mercato non ha offerto acquirenti per sopravvivere”. Nel marzo scorso la stessa Uilm aveva indetto uno sciopero a oltranza per protestare contro la richiesta di concordato preventivo da parte del vertice aziendale e per una crisi senza precedenti, che aveva portato a un ritardo sul pagamento di tre mensilità. Proteste e sit­in si erano poi registrati da parte della Fiom Cgil. Il segretario provinciale di Chieti, Davide Labbrozzi, commenta in una nota: “Ancora un’azienda che chiude. Bisogna affermare che i tanti sacrifici profusi dal sistema Cometa per evitare che la Fiom entrasse in azienda, se spesi per salvare la fabbrica di Casoli avrebbero potuto far registrare un vero impiego di energie per evitare che un’azienda storica andasse a finire allo sfascio. Questa triste fine non è stata determinata da una semplice fatalità, ma dall’incapacità e dallo scarso impegno che Cometa ha espresso in questi anni”. “La Fiom sta studiando il contesto, in particolare quel che ha determinato l’indebitamentoprosegue Labbrozzi ­ Appena si conclude questo lavoro sarà presentato un esposto alla Procura della Repubblica. Cometa pensa di liquidare tutti i lavoratori con un piatto di lenticchie, con 4500 euro di incentivo per l’esodo pretendendo una rinuncia totale e tombale a rivendicare qualsivoglia elemento”. Per anni Cometa è stata specializzata in subfornitura per motocicli, quad, motoslitte, seadoo (le moto d’acqua), piccoli aerei, supercar e treni, e ha lavorato per aziende tra cui Honda, Brp, Piaggio, Ktm. L’area industriale di Casoli (Chieti) perde un’altra azienda dell’indotto metalmeccanico di sub componentistica del consorzio Cisi. Chiude anche Progetto Meccanica, 23 lavoratori, nato dal fallimento dell’ex Verlicchi. L’azienda, produttrice di telai e marmitte per la Honda, aveva 66 dipendenti molti andati in mobilità durante la crisi. Ora la trattativa con l’azienda Progetto Meccanica si è chiusa in Provincia di Chieti senza un accordo sindacale, così questa mattina l’azienda ha dichiarato di procedere con i licenziamenti dei 23 dipendenti rimasti. ”La crisi di Cometa e Progetto Meccanica ­ dice il segretario generale della Uilm­Uil Chieti­Pescara, Nicola Manzi ­ riporta in evidenza un dramma che la Uilm da tempo sta seguendo da vicino, quello del vecchio indotto Honda e del vecchio sistema Cisi che stanno crollando inesorabilmente, con la scure dei licenziamenti che, ancora una volta, si abbatte sull’area industriale di Casoli. La Uilm ­ aggiunge Manzi ­ chiede massima attenzione per i lavoratori di queste aziende che per decenni hanno contribuito al successo del marchio giapponese. Chiediamo che si sostenga la ripresa dello sviluppo riportando sul territorio lavoro, professionalità e competenze che hanno fatto grande il nome della Honda Italia in Europa e nel mondo ”. Nel caso della vertenza Cometa, lo stesso Manzi dice ”ci siamo impegnata a sottoscrivere un accordo, lo scorso 12 settembre nella sede della Provincia, che tuteli il più possibile i lavoratori. Premettendo che erano scaduti i termini di legge per l’avvio della procedura di mobilità e che l’azienda era sotto concordato preventivo dal 17 febbraio con il Tfr e tre mensilità bloccate ”. Per la rsu Uilm Uil di Cometa ”quello che abbiamo preteso dall’azienda era di poter ottenere qualcosa per le nostre famiglie, per la sopravvivenza di questi mesi. Il concordato preventivo prevedeva due soluzioni: la continuità produttiva, che abbiamo tentato fino all’ultimo di salvaguardare, o la cessazione delle attività. Ciò che siamo andati a fare in Provincia era trattare sui licenziamenti e fare un accordo il più possibile positivo per i lavoratori, ben sapendo che saremmo potuti andare a casa con uno stipendio di 15 giorni”.

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