Pavia. La notizia pretendeva di essere clamorosa e risolutiva. Addirittura, il rinvenimento di una particella di unghia di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007, non esaminato all’epoca delle prime indagini sul delitto.
È questo che molti organi di stampa hanno lasciato intendere la scorsa settimana. Un frammento che avrebbe rivelato la presenza di una significativa quantità di Dna idoneo ad attestare un contatto diretto tra la vittima e il suo aggressore e non una mera e irrilevante contaminazione. Non solo, questo Dna sarebbe stato senz’ombra di dubbio riconducibile all’attuale indagato per il brutale omicidio, Andrea Sempio.
Caso risolto, dunque, e responsabile finalmente individuato, oltre ogni ragionevole dubbio, grazie a quelle scienze forensi che non lasciano irrisolto un crimine e impunito un colpevole? Uno scenario evocato dai media con accenti sensazionalistici inversamente proporzionali all’accuratezza e all’approfondimento. Anzi, a esser precisi, i pezzi imbastiti in fretta e furia con il consueto copia-incolla hanno omesso di precisare in quali circostanze si sarebbe proceduto a effettuare accertamenti tanto decisivi e gravemente indizianti. Si è preferito dar conto nei dettagli di ciò che avrebbe preceduto il fortunoso rinvenimento piuttosto che diffondersi – come sarebbe stato necessario – sulle presunte nuove analisi genetiche rivelatrici, solo vagamente menzionate.
Frammenti di unghie
Torniamo quindi un momento alle indagini effettuate nel 2007, a ridosso dell’omicidio di Chiara, così come rievocate dai media. Nel corso dell’esame autoptico sarebbero state tagliate le unghie della vittima e collocate in due provette, una per quelle della mano sinistra e una per quelle della mano destra. Un errore, in realtà: per evitare possibili contaminazioni, sarebbe stato necessario collocare separatamente i frammenti in base al dito da cui provenivano. Esaminando in seguito tali frammenti, il Ris ha proceduto a separarli, tentando appunto di ricondurli a ciascun dito. “Si procede all’ispezione delle unghie della mano destra, riscontrando cinque frammenti più grandi e qualche frammento più piccolo”, si legge in una relazione tecnica del Reparto Investigazioni Scientifiche, riportata dal settimanale Giallo. “Il frammento X5 [ritenuto riconducibile al mignolo destro, ndr] viene conservato e non analizzato, vengono analizzati i frammenti più grandi. I frammenti X5 vengono preservati all’interno di un vial plastico, mentre gli altri vengono sottoposti ad asportazione mediante tampone. Per la mano sinistra di procede nello stesso modo.”
Questo accadeva dunque nel 2007. Per quanto riguarda la mano sinistra, sembra che i frammenti dell’unghia del mignolo siano andati persi, ma i mass media hanno riservato il maggiore interesse al reperto X5. Perché, secondo quanto annunciato nel corso della trasmissione Ore 14 sera, proprio sul frammento dell’unghia del mignolo destro di Chiara Poggi risulterebbe presente la predetta, significativa quantità di Dna attribuibile a Sempio.
Assunto prontamente recepito e ripetuto urbis et orbis. E che, nella sbrigativa incompletezza che lo ha caratterizzato, si è rivelato idoneo a far sorgere domande più che legittime. Chi avrebbe proceduto all’analisi tecnica in questione e quando sarebbe stata effettuata?
In un’intervista a Fanpage, la genetista Marina Baldi, consulente della difesa di Sempio, non ha mancato di palesare qualche perplessità in proposito. “C’erano questi frammenti che erano troppo piccoli per essere tamponati, quindi si perdono le tracce di questi frammenti che, in realtà, probabilmente potrebbero essere stati inseriti in un’altra delle nove provette [quelle contenenti i frammenti delle unghie: nove perché, come sopra accennato, quello del mignolo sinistro sarebbe andato perso, ndr]. Quindi, non so, adesso ultimamente stanno uscendo fuori delle notizie per cui sarebbero state trovate e analizzate. Però questo mi sembra un po’ strano, perché come incidente probatorio le parti non sono state informate.”
Baldi ha poi spiegato perché ritiene che il materiale rivenuto sulle unghie di Chiara sia da contaminazione e non da contatto. “Quando c’è un contatto e soprattutto quando la vittima si difende, il Dna che si trova sotto le sue unghie è estremamente concentrato perché c’è una pressione molto forte. Qui noi lo abbiamo in due dita separate ed è un quantitativo molto molto ridotto, non è al di sotto delle soglie ma è veramente basso, quindi non vedo proprio come si possa dichiarare che sia un Dna da contatto”, ha detto. “Noi possiamo prendere un quantitativo minimo di Dna delle persone da qualsiasi oggetto. Chiara non ha il Dna della famiglia o di altre persone sulle unghie perché magari quella mattina si era fatta la doccia, poi ha toccato un oggetto dove c’era un Dna che stava lì chissà da quanto. Così si è sporcata un po’ le unghie. Per me è un Dna assolutamente scarso, probabilmente da trasferimento secondario.”
Uno sviluppo risalente
Un riferimento che sembrerebbe chiarificatore sulle predette “nuove” analisi che, nella narrazione dei media, sarebbero state condotte su un reperto rinvenuto in circostanze imprecisate, è contenuto in un articolo della genetista Carolina Sellitto apparso su Giallo. “I Ris non li sottopongono a tampone [i frammenti di unghia più piccoli di cui si è detto, ndr] ma li mettono via così, senza passare il ‘cotton fioc’. Questi frammenti restano cioè intatti”, scrive la dottoressa Sellitto. “E torneranno alla ribalta nel 2014. [L’avvocato] Tizzoni, per conto della famiglia Poggi, chiede di riesaminarli con tecnologie più moderne che – tra parentesi – esistevano già nel 2007, ma il Ris pare non lo sapesse. Cercano il Dna di Stasi. La consulenza viene affidata al dottor De Stefano. Il Dna di Stasi non si trova e quindi tutto viene messo in un cassetto. Fino al 2016.”
“E qui arriva il secondo colpo di scena”, prosegue la genetista. “I difensori di Alberto Stasi affidano una nuova consulenza al genetista Pasquale Linarello. Dalle nuove analisi emerge Dna esogeno, compatibile – secondo il consulente Linarello – con quello di Andrea Sempio. E indovinate dove lo si trova? Proprio nei frammenti non ‘ripuliti’ dal tampone Whatman. Quelli che avevano mantenuto la quantità più alta di Dna.”
“Anche nelle altre unghie il Dna estraneo c’era, ma l’uso improprio del tampone nel 2007 lo ha in gran parte eliminato”, conclude Sellitto.
Dunque, nulla di nuovo? Il presunto scoop, quello che pareva un inedito sviluppo sembrerebbe essere, in realtà, la riproposizione, con qualche dettaglio esplicativo in più, di una notizia ribadita spesso in questi mesi, ovvero il rinvenimento, sotto le unghie di Chiara Poggi (almeno, nei frammenti più piccoli non tamponati subito dopo il delitto), di materiale genetico riconducibile – secondo il consulente della difesa di Stasi – all’attuale indagato. E che, a parere di altri esperti, non risulterebbe invece attribuibile.
C’è invero chi sposa senza riserve le conclusioni della consulenza Linarello e ritiene comprovato un contatto diretto tra la vittima e Sempio. “Certo bisognerà attendere anche i risultati ufficiali della dottoressa Albani, chiamata a rispondere sul Dna sulle unghie di Chiara [nell’ambito dell’incidente probatorio in corso, ndr]”, scrive la direttrice di Giallo, Albina Perri. “Ma i risultati della scienziata non potranno essere lontani da questi, e cioè: i Dna sulle unghie di Chiara sono comparabili, coincidenti con l’Y di Andrea Sempio e, vista l’abbondanza del Dna sul mignolo, da contatto diretto.”
Notizia del 12 novembre scorso, breve e lapidaria, condivisa da vari giornali: quello rinvenuto sulle unghie di Chiara Poggi risulterebbe essere un Dna “incompleto, misto e non identificativo” di un singolo individuo. Questi sarebbero i risultati dell’incidente probatorio affidato dal Gip di Pavia al perito della polizia scientifica Denise Albani.
La relazione tecnica sarebbe quindi già stata depositata? Intervistata nel corso della trasmissione Ignoto X condotta da Pino Rinaldi, l’avvocata Giada Bocellari, che assiste Alberto Stasi insieme al collega Antonio De Rensis, ha chiarito che non risultano documenti depositati o comunicazioni della dottoressa Albani.
Ci risiamo: indiscrezioni, fuga di notizie o esercizio di “giornalismo creativo”? L’avvocata Bocellari si è detta certa che la genetista “non abbia fatto trapelare assolutamente nulla” sull’analisi che sta conducendo.
“Nessuno scientificamente potrà mai dire se quel Dna è un Dna da contatto diretto o da contatto mediato”, ha spiegato inoltre, “in questo ci soccorre la prova logica, quindi cerchiamo di avere tutti ben chiara questa differenza, tra il dato scientifico e la sua interpretazione, a cui ricorre la logica.”
“Quello che la difesa di Stasi sottolinea è questo: non è che il dato scientifico può essere piegato a seconda di chi è l’imputato o l’indagato”, ha aggiunto. “Quando l’imputato era Stasi la contaminazione non esisteva, sicuramente era dell’assassino, adesso che l’indagato è Andrea Sempio io sento dire che certamente è da contatto mediato, perché è lo starnuto, perché è il telecomando, perché è la tastiera… e chissà quante altre cose.”
Macchie di sangue
Il 16 settembre 2025 il Ris di Cagliari ha depositato presso la Procura di Pavia una relazione tecnica relativa alla Bloodstain Pattern Analysis (BPA) condotta sulle macchie di sangue rivenute nel 2007 sulla scena del crimine. Una analisi affidata al tenente colonnello Andrea Berti, che ha visto l’impiego di tecnologie avanzate come droni e scanner 3D per ricostruire la scena del crimine e che avrebbe rivelato elementi inconciliabili con l’ipotizzata dinamica del delitto recepita nella sentenza che ha condannato Alberto Stasi. Secondo le consuete indiscrezioni, la BPA confermerebbe comunque la presenza sulla scena di un solo assassino.
Dal riesame delle risultanze del sopralluogo condotto nel 2007 nella villetta dei Poggi, sarebbe inoltre emersa una traccia – forse l’impronta di una mano – presente all’interno della macchia di sangue sita sul pavimento alla base delle scale, dove la testa di Chiara sarebbe stata violentemente sbattuta. Traccia identificata allora dal Ris di Parma come mero schizzo ematico, per le dimensioni “sproporzionate” rispetto a quelle di una mano e per l’assenza di dettagli digitali. Le analisi condotte oggi consentirebbero invece di affermare, sempre in via ipotetica, che si tratti di un’impronta autentica, non attribuibile alla vittima né conseguenza di contaminazioni e dunque, potenzialmente, dell’assassino.
L’analisi legittimerebbe poi l’ipotesi che, nel corso dell’iter criminis, sia stata posta in essere una terza aggressione alla vittima, proprio sulle scale che conducono in cantina. Gli schizzi di sangue presenti tra il terzo e il quinto gradino suggerirebbero infatti un ulteriore colpo inferto alla ragazza. Nel 2007, il Ris di Parma aveva considerato la possibilità, ma una perizia nell’ambito del cosiddetto Appello bis (che avrebbe condotto alla condanna di Stasi) aveva escluso che l’assassino fosse sceso lungo la scala fino a quel punto.
Impronte digitali
Per quanto riguarda l’analisi delle tracce dattiloscopiche presenti sul luogo del delitto, affidata dal Gip al tecnico Giovanni Di Censo, nei giorni scorsi si è appreso che le due impronte digitali leggibili repertate sulla porta di ingresso della villetta apparterrebbero, rispettivamente, a Marco Poggi e a un operatore intervenuto in loco. Le sei impronte presenti su una confezione in cellophane di cereali e su un sacchetto della spazzatura sarebbero invece riconducibili alla vittima.
Secondo un articolo recentemente pubblicato sul Giorno, nel corso della nuova indagine sul delitto sarebbero state complessivamente analizzati centosette frammenti di impronta, di cui ventinove già attribuiti con certezza dal Ris di Parma all’epoca dei fatti. Tra le settantotto tracce rimanenti, ventotto sarebbero ritenute potenzialmente confrontabili e attribuibili. Tra queste ultime, sembra che una sia riconducibile a un falegname e che venticinque non apparterrebbero né ad Andrea Sempio né ad Alberto Stasi. Un’impronta presente sul mobile della cucina risulterebbe insanguinata e, dunque, verosimilmente riferibile a qualcuno presente sulla scena al momento dell’aggressione mortale. Rivelerebbe, tuttavia, solo otto punti comparabili e non sarebbe attribuibile a nessuno dei familiari di Chiara Poggi o degli amici del fratello Marco.
“Il mignolo destro di Alberto Stasi è rimasto (13 minuzie) su uno dei cartoni delle due pizze acquistate per la cena di domenica 12 agosto”, si legge ancora sul Giorno. Sui cartoni in questione sarebbero inoltre state recuperate altre tre impronte, non associabili a Stasi e Sempio.



