Sulmona. “Quanto accaduto nei giorni scorsi a Sulmona ci colpisce profondamente e ci chiama, come cittadini e come forza politica, a una riflessione seria e urgente. Una giovane ragazza è stata, molto presumibilmente, vittima di un atto di violenza gravissimo, ad opera di due coetanei. Esprimiamo piena vicinanza alla ragazza e alla sua famiglia, con rispetto, senza invadere il dolore, ma affermando con fermezza che la violenza non può mai essere normalizzata, minimizzata o taciuta”. A sottolinearlo è la Lega Sulmona.
“Siamo vicini – prosegue – anche alle famiglie dei ragazzi coinvolti, consapevoli che dietro a questi gesti ci sono ferite profonde e una necessità urgente di dialogo, educazione e responsabilità condivisa.
Siamo davanti a un fatto che non riguarda solo la giustizia penale, ma che interroga la nostra società, la nostra cultura, il nostro modo di educare. Dietro la violenza c’è spesso un vuoto: assenza di ascolto, mancanza di educazione affettiva, uso distorto dei social, incapacità di accettare un “no”, di riconoscere l’altro come persona. Il fenomeno del revenge porn, la condivisione non consensuale di immagini, l’umiliazione pubblica tramite i social, non sono più episodi isolati, ma parte di un clima che dobbiamo denunciare e cambiare. Non possiamo lasciare sole le vittime. Non possiamo lasciare disorientati i giovani. È necessario agire. Ora.
Servono spazi di dialogo reali e sicuri, in cui bambini, adolescenti e famiglie possano trovare ascolto, educazione e confronto. Serve una presenza più attiva delle istituzioni scolastiche e territoriali, con progetti continui sull’educazione alle relazioni, al rispetto, al corpo e al consenso. Serve insegnare a riconoscere e ad accettare un rifiuto, a gestire le emozioni e i conflitti senza ricorrere alla violenza, alla prevaricazione o alla vendetta digitale. Serve una rete sociale che protegga, formi e accompagni. Questa vicenda non deve chiudersi nel silenzio. Deve essere un punto di partenza per interrogarsi, per cambiare, per pretendere più responsabilità da parte di tutti. Alla ragazza diciamo che non è sola. Alla comunità diciamo che non possiamo restare in silenzio. Ai giovani diciamo che ci siamo, ma serve anche il loro coraggio per costruire una cultura diversa: quella del rispetto, del limite, della dignità”.