Villa Santa Lucia degli Abruzzi (AQ). Giovedì 14 agosto p.v. alle 21 si terrà presso la Sala convegni del Museo delle Capanne in Pietra di via Roma a Villa Santa Lucia degli Abruzzi (AQ) l’incontro pubblico, e quindi a ingresso libero, “Streghe, Pozioni e Bestie Feroci”.
Relatore il giornalista e autore di testi storici Giovanni Todaro. Interverrà anche l’agricoltoreabruzzese Dino Rossi, vicepresidente dell’Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente e della Vita Rurali. Il tema ovviamente è la stregoneria, analizzata sotto l’aspetto storico-scientifico.
La trattazione riguarda nella fattispecie il terribile operato nei secoli della S. Inquisizione e delle autorità civili, nonché le cosiddette streghe che nella stragrande maggioranza altro non erano che abili erboriste, dette anche erbane, conoscitrici dei rimedi naturali (in tempi in cui i medici erano ben difficilmente alla portata della popolazione povera), e ovviamente le loro pozioni – tratte dai verbali dei processi dell’Inquisizione e analizzate
chimicamente dal prof. Enrico Malizia, oggi scomparso, uno dei più grandi tossicologi e drogastici del mondo
e che tra l’altro fondò la cattedra di Tossicologia Clinica e il Centro Antiveleni dell’Università La Sapienza.
Giovanni Todaro organizzò anni fa una mostra sulla stregoneria, collaborando proprio con il prof. Malizia.
In Abruzzo il caso più famoso di tortura e uccisione per rogo di povere vittime innocenti è quello di Penne del
1584 ai cosiddetti “diavoli di Penne”: Cristina Malospirito, Caltelmo della Corvara, Annibale di Montegallo e
altri complici forestieri definiti incantatori. Altri processi e condanne avvennero a Tagliacozzo, Città
Sant’Angelo, Teramo, Chieti e Giulianova.
Oltre ai moltissimi morti e povertà causati da guerre, catastrofi naturali, peste e dalle carestie causate dal gelo e piogge della Piccola Era Glaciale che durò dall’inizio del XIV a quasi la fine del XIX secolo, una delle cause di condanna come presunte streghe era la fame e quindi l’inconsapevole consumo popolare di segale contaminata dal fungo Claviceps purpurea, allucinogeno con gli stessi effetti della droga LSD. Queste persone, mangiando il pane o la zuppa di segale chiamata cornuta (in tempi non di fame normalmente scartata), e quindi il fungo che resiste alla cottura, di fatto si drogavano e poi dicevano di avere volato o altre “cose da streghe”. Ma gli inquisitori le processavano come eretiche e streghe.
La parte finale della relazione di Todaro riguarda gli animali collegati nella superstizione stregonica, dai gatti
neri ai caproni e lupi, questi ultimi ritenuti all’epoca demoniaci e ausiliari nelle malefatte di streghe e stregoni.
In particolare sarà trattata la vera vicenda – supportata da documenti ufficiali degli archivi di stato abruzzesi –
della Bestia di Pacentro (meglio conosciuta come Bestia di Corfinio, anche se lì non fece alcuna vittima) che
nell’arco di sei mesi nel 1839 – a poche decine di chilometri in linea d’aria da Villa Santa Lucia degli Abruzzi
– uccise e divorò 12 persone, ferendone molte altre, nelle zone di Pacentro, Roccacasale, Sant’Eufemia a
Maiella, Sulmona e Salle.
La gente fu così terrorizzata da provocare lo scrupoloso intervento del marchese Francesco Saverio Del Carretto, Ministro Segretario di Stato della Polizia Generale del Regno delle Due Sicilie. Si diceva fosse una iena striata fuggita da qualche circo, ma quando la Bestia fu abbattuta con un colpo d’ascia da un abitante di Pacentro, il 23 agosto 1839, i chirurghi che la esaminarono constatarono che si trattava di un grande lupo maschio alto 80 cm al garrese e pesante 45 kg. Dopo la sua morte non ci furono più attacchi. Ovviamente non c’era mai stata alcuna iena ma per la gente della zona rimase il detto Te se pozza magnà la jena e cioè “Ti possa mangiare la iena”, a dimostrazione che la credulità della gente ha la pelle ancora più dura dei lupi veri.