L’Aquila. “Ventiquattro anni passati ininterrottamente al 41bis non bastano a Vincenzo Stranieri per trovare la strada della libertà seppure il regime carcerario lo abbia ridotto con gravi problemi psichiatrici e con un tumore trattato da tempo con la chemioterapia. Alla teorica fine della carcerazione prevista per il 16 maggio scorso, a Stranieri erano stati aggiunti altri due anni di misura di sicurezza. Troppo poco per la Direzione Distrettuale Antimafia e così i due anni sono stati tramutati in un altro 41bis in una casa di lavoro. Nel carcere dell’Aquila dove la casa lavoro è senza lavoro”. Lo scrive la parlamentare radicale Rita Bernardini, presidente onorario di ‘Nessuno tocchi Caino’, in una lettera al capo del Dap Santi Consolo al quale chiede di intervenire per porre fine a questa situazione “disumana”. “Visitai l’istituto la scorsa Pasqua e rimasi basita. Vi trovai 5 internati letteralmente ristretti nel regime di carcere duro. Chiesi a uno di loro quale fosse il suo lavoro attraverso il quale avrebbe dovuto rieducarsi e mi risposte che faceva lo scopino per 5 minuti al giorno; uno che faceva il portavitto mi chiese ‘come faccio a dimostrare che non sono più pericoloso?’. Un altro mi fece presente che l’ora d’aria si svolgeva in un passeggio coperto senza mai poter ricevere la luce diretta del sole”, scrive Bernardini. “Questo regime di detenzione completamente illegale è riservato oggi a Vincenzo Stranieri gravemente malato e quasi impazzito per i degradanti trattamenti subiti. E le conseguenze prosegue la lettera rivolta a Consolo le patiscono anche i suoi familiari, in particolare la figlia Anna la quale fino a che suo padre era recluso a Terni se telefonava per chiedere come stava il padre si vedeva almeno rispondere in modo umano”. Oggi nemmeno questo. “Chiederò lumi al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria perché sono convinta che il suo Presidente Santi Consolo, uomo di legge e di umanità come pochi, come me non potrà tollerare che simili trattamenti siano a lungo riservati ad esseri umani che si trovano, seppure privati della libertà, nelle mani dello Stato”, conclude Bernardini.