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Delitto di Garlasco: la nuova indagine prosegue tra analisi forensi, misteriosi messaggi e alibi da verificare

Luca Marrone di Luca Marrone
18 Maggio 2025
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Pavia. Le nuove indagini sul delitto di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007 – per il quale è stato condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione l’allora fidanzato della vittima, Alberto Stasi – sono attualmente in corso su vari fronti, seguite con il consueto, parossistico interesse dai media e puntualmente dibattute dagli esperti, veri o autocertificati, che affollano i salotti televisivi. Il continuo succedersi di articoli e servizi sulla vicenda, gli aggiornamenti che avvicendano ininterrottamente in un crescendo di rivelazioni che si pretendono sempre più sensazionali, rendono complesso e affannoso seguire gli sviluppi dell’indagine in atto e non sempre permettono ai lettori di acquisirne una visione precisa.

Perquisizioni

La mattina di mercoledì 14 maggio, i Carabinieri del nucleo investigativo di Milano hanno sottoposto a perquisizione l’abitazione dell’attuale nuovo indagato, il trentasettenne Andrea Sempio, a Voghera; quella dei suoi genitori a Garlasco; quelle di due amici di Sempio, Roberto Freddi e Mattia Capra, che lui avrebbe sentito la mattina in cui è stata uccisa Chiara. Freddi e Capra frequentavano l’abitazione della giovane, sita in via Pascoli, in quanto amici – come lo stesso Sempio – di Marco Poggi, fratello della vittima. Nel corso delle operazioni, coordinate dal procuratore di Pavia Fabio Napoleone (originario di Ortona, in provincia di Chieti, classe 1957, ha lavorato alla procura di Milano durante lo scandalo Telecom-Sismi ed è stato consigliere del Csm), dall’aggiunto Stefano Civardi e dalla pm Valentina De Stefano, sono stati sequestrati anche cellulari e pc.

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I reperti nel canale

Un cosiddetto “supertestimone”, di cui si è parlato nelle scorse settimane, avrebbe riferito a un inviato della trasmissione Le iene il racconto di una donna secondo la quale, a ridosso del delitto, una delle gemelle cugine di Chiara Poggi, avrebbe gettato in un canale di Tormello, nei pressi di Garlasco, un pesante borsone. Se ne è discusso, tra l’altro, nell’ultima puntata di Quarto grado. Come si ricorderà, le gemelle in questione, Paola e Stefania Cappa, all’epoca del delitto erano assurte agli onori della cronaca perché autrici di un fotomontaggio che le ritraeva in compagnia della giovane vittima, il che aveva inizialmente suscitato perplessità e sospetti, in seguito diradatisi.

L’autrice del racconto è deceduta, così come l’altra persona che, insieme al “supertestimone”, avrebbe ascoltato il suo racconto. Testimonianza “de relato”, dunque, di cui ovviamente è necessario valutare l’attendibilità.

A Tormello, nel 2007, abitavano la nonna e il fratello maggiore delle gemelle Cappa e gli inquirenti hanno disposto che si procedesse agli accertamenti necessari nel predetto canale che, peraltro, a detta di alcuni residenti, sarebbe stato ripulito dal Comune otto anni fa. A quanto riportato da Open, in esito alle ricerche compiute nei giorni scorsi, vi sarebbero comunque stati rinvenuti una mazzetta da muratore, un attizzatoio da camino e la testa di un’ascia, oggetti che potrebbero – in linea teorica – porsi in relazione con l’omicidio di Chiara. Rainews menziona invece il ritrovamento di una “pinza da camino”.

I tecnici procederanno ai necessari esami forensi. Anche ammettendo che si tratti di reperti riconducibili al delitto, il fatto che siano rimasti per anni immersi nell’acqua torbida e ristagnante del canale, rende ovviamente poco probabile che possano rivelare tracce utili all’indagine.

Per quanto riguarda l’attizzatoio, Rita Preda, la madre di Chiara, ha precisato all’epoca che in casa Poggi “non manca e non è mai mancato.” Il 14 luglio 2008, il padre della vittima, Giuseppe Poggi, aveva denunciato la scomparsa di un martello a coda di rondine conservato nel seminterrato della villetta in cui è avvenuto l’omicidio ma, a quanto pare, uno strumento del genere non rientrerebbe comunque tra i reperti recuperati nel canale.

Campioni genetici

Nel corso dell’udienza relativa all’incidente probatorio in atto, tenutasi venerdì 16 maggio, il Gip ha disposto l’acquisizione del Dna di diversi soggetti che frequentavano casa Poggi. Ciò allo scopo di effettuare comparazioni con le tracce biologiche rivenute sulle unghie della vittima e con altre repertate in loco.

Verranno quindi prelevati e analizzati campioni genetici delle gemelle Paola e Stefania Cappa; di Marco Panzarasa, amico di Alberto Stasi, con cui quest’ultimo aveva organizzato una vacanza a Londra e che aveva dato ripetizioni a Stefania Cappa; dei già citati Mattia Capra e Roberto Freddi, amici di Marco Poggi e Andrea Sempio; di Alessandro Biasibetti, un altro amico. Nessun indagato, tra loro.

Alle analisi verranno sottoposti anche tre investigatori e un medico legale che, a quanto riportato dagli organi di stampa, il giorno del delitto sarebbero entrati nella villetta dei Poggi senza indossare i prescritti guanti di lattice, evidentemente necessari a impedire la contaminazione della scena.

Gli accertamenti mirano non solo a verificare l’eventuale fondatezza dell’ipotesi investigativa che vuole Sempio coinvolto nella vicenda, ma anche a tentare di identificare il soggetto denominato “Ignoto 2”, il secondo uomo le cui tracce sono state recuperate in casa Poggi e che, secondo gli inquirenti, potrebbe essersi trovato sul locus commissi delicti il giorno dell’omicidio.

Lo scontrino e il pompiere

Nelle scorse settimane gli investigatori hanno convocato Daniela Ferrari, la madre di Andrea Sempio, per chiederle ulteriori chiarimenti in merito all’alibi del figlio per il giorno del delitto. Ricordiamo che, nel 2017, Andrea è stato già indagato per l’omicidio, risultando estraneo ai fatti.

Ha sempre sostenuto che, il 13 agosto 2007, si trovava a Vigevano per acquistare un libro. A sostegno di tale asserzione, ha prodotto lo scontrino di un parcheggio, a lungo conservato. E tale alibi sarebbe stato ulteriormente convalidato dalle dichiarazioni rilasciate da sua madre che – il 15 febbraio 2017, durante la prima indagine a carico del giovane – ha dichiarato agli inquirenti: “Quella mattina mi sono svegliata verso le 7,30. In casa c’erano mio figlio e mio marito. Si erano già alzati anche loro. Verso le 8,15 sono uscita per andare a fare delle commissioni […] sono tornata a casa verso le 10. Quando sono tornata a casa ho trovato mio marito e mio figlio, il quale mi stava aspettando perché mi aveva già detto prima che io uscissi che gli serviva la macchina per andare a Vigevano […] Quando sono tornata ho dato le chiavi della macchina a mio figlio che è uscito ed è rientrato verso mezzogiorno.”

Successivamente intervistata nel corso di una puntata della trasmissione Quarto grado, la donna ha mostrato di ricordare dettagli ancora più precisi: “Sono entrata in casa che erano le 10. Alle 10,05 ho consegnato le chiavi della macchina all’Andrea che è andato a Vigevano.”

In merito alla convocazione ricevuta da Ferrari nell’ambito della nuova indagine, l’avvocato Massimo Lovati, che assiste Sempio insieme alla collega Angela Taccia, ha commentato: “Non capisco perché risentirla, nel 2017 aveva già detto quello che sapeva e ricostruito la circostanza dello scontrino. Abbiamo consigliato alla mamma di Andrea di avvalersi della facoltà di non rispondere, può farlo essendo un familiare della persona indagata.”

È quanto la donna ha scelto di fare, in effetti. Nel corso dell’interrogatorio, poi, si è registrato uno sviluppo imprevisto, che i giornali hanno prontamente riportato: la madre di Sempio sarebbe stata colta da un improvviso malore. Ciò, si legge, dopo aver sentito menzionare, dagli inquirenti, il nome di Antonio B., un ex vigile del fuoco in pensione che, a quanto scrivono MowMag e diversi altri quotidiani, conoscerebbe la donna e potrebbe aver fornito informazioni capaci di invalidare l’alibi di suo figlio.

Con riferimento alla circostanza e alla madre di Sempio, nel corso di un’intervista a Lombardia Nera su Antenna 3, l’avvocata Angela Taccia ha considerato: “Le è stato fatto il nome di una terza persona. Una persona che non c’entra con il delitto, apparentemente. Una persona che né io né Andrea conosciamo. Ma attenzione: ho detto io e Andrea. Non ho detto anche la mamma.”

“Abbiamo incastrato Alberto Stasi”

Paola e Stefania Cappa, si diceva, non sono indagate. In questi giorni, il settimanale Giallo ha fatto riferimento a numerosi messaggi vocali inviti da Paola ad un amico, ex manager dello spettacolo, Francesco Chiesa Soprani. A quanto leggiamo sul settimanale e sulle pubblicazioni che danno conto della notizia, in questi messaggi la giovane avrebbe detto: “Mi sa che abbiamo incastrato Stasi.”

Secondo alcuni, tale riferimento sarebbe da porsi in correlazione con il colloquio che, dopo il delitto, il fidanzato di Chiara ha avuto con Stefania Cappa. Erano in corso gli interrogatori e i due, alla polizia, erano stati ripresi di nascosto. Si erano scambiati un abbraccio e Stefania aveva rivolto a Stasi alcune domande sulla posizione in cui si sarebbe trovato il corpo di Chiara quando è stato rinvenuto. Domande che – questa la possibile interpretazione del citato messaggio, che si è letta in questi giorni – sarebbero state “suggerire” dai Carabinieri per indurre Stasi a fornire risposte idonee a comprovare il suo coinvolgimento nel delitto.

La precisazione del destinatario dei messaggi non si è fatta attendere. In un’intervista a Repubblica, Chiesa Soprani spiega che si tratterebbe di un equivoco: “Non è come è stato raccontato”, sostiene. “Chi lo ha riportato deve avere letto il titolino indicativo che avevo dato io, nella fotografia-memo, a una vocale: ‘Incastrare Stasi’. Ed è venuta fuori sta cosa.”

Quando si è diffusa la notizia del prelievo del Dna di Andrea Sempio, l’ex manager dello spettacolo dice di aver scritto all’amica Paola Cappa: “Che cosa sta succedendo?” La donna gli avrebbe risposto con numerosi messaggi vocali, che il destinatario avrebbe salvato e classificato. Quei promemoria, si legge su Open, sarebbero poi stati inviati all’autore di un programma Mediaset, ma non utilizzati. Ora, Chiesa Soprani dice che il materiale è a disposizione della Procura di Pavia, nel caso in cui volesse acquisirlo.

Un possibile movente

In questi giorni, sui giornali e sui talk show, si è anche ribadito il fatto che il delitto di Chiara Poggi, pure attribuito a Stasi con sentenza definitiva, non risulterebbe finora rivelare un plausibile movente. Secondo la Repubblica, gli investigatori oggi ipotizzano che esso potrebbe emergere ricostruendo le dinamiche interazionali in essere tra i gruppi dei giovani allora presenti a Garlasco.

Due gruppi, invero dalle caratteristiche marcatamente differenti. Il primo composto da ragazzi studiosi e tranquilli, di cui facevano parte Marco Poggi, Andrea Sempio, Panzarasa, Capra, Freddi e Biasibetti; il secondo, più dedito a feste e vita mondana, che annoverava tra i suoi componenti le gemelle Cappa.

L’omicidio potrebbe esser scaturito dal rifiuto, da parte di Chiara, di partecipare ad attività per lei sgradite. Oppure, si ipotizza, la giovane potrebbe essere venuta a conoscenza di qualcosa di compromettente per qualcuna delle persone intorno a lei e uccisa per scongiurare il pericolo che riferisse quanto scoperto.

Un singolare suicidio

A Garlasco, tra il 2011 e il 2016, si sono registrate alcune singolari morti rubricate come suicidi, che secondo taluni potrebbero in qualche modo essere poste in correlazione con l’omicidio di Chiara Poggi. Solo una congettura, ovviamente, cui i giornali non hanno comunque mancato di riservare molto risalto.

Suicidi di giovani, salvo una eccezione. Uno si lancia da un acquedotto nel 2011. Un altro si impicca a una trave nel 2014, con un nodo scorsoio assai difficile da realizzare. Nel 2015, un ulteriore suicidio per impiccagione. Nel 2016, un giovane si toglie la vita dopo aver riportato, in un post su Facebook, una canzone dei Club Dogo, La verità, il cui testo recita: “La verità sta nelle cose che nessuno sa”. Qualcuno ha ritenuto di poter ravvisare in questo riferimento un qualche genere di allusione, peraltro ormai difficile da ricondurre a circostanze ben precise. Come sprovvista di effettiva, concreta utilità a livello investigativo ci sembra la constatazione, da taluni proposta, che la canzone risale al 2007, lo stesso anno del delitto Poggi.

L’episodio che qui ci interessa risale al 2010 e appare atipico rispetto ai casi considerati. Giovanni Ferri ha più di ottant’anni. È un meccanico in pensione, gode di buona salute ed è dedito ad accudire la moglie invalida. Conduce una vita decisamente abitudinaria, è assai benvoluto nella cittadina. Un giorno, come ogni mattina, esce di casa, segue il consueto itinerario, acquista il giornale nella sua edicola di fiducia, lo legge sorseggiando il caffè seduto al tavolino del solito bar. Quel giorno, però, Giovanni non fa ritorno a casa. Per ragioni che rimangono sconosciute, sembra si infili in un pertugio di circa 50 cm tra un muro e un palazzo, in via del Mulino, distante due chilometri dalla villetta dei Poggi, e qui si tagli i polsi e la gola. Qualche dubbio sull’effettiva causa della sua morte potrebbe risultare legittimo. E forse meriterebbe un tentativo di verifica la voce, ricorrente all’epoca, che l’uomo avesse visto qualcosa la mattina dell’omicidio di Chiara.

Tags: Chiara PoggiDelitto di Garlasco
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