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 Società Internazionale delle Cefalee alza gli standard della prevenzione dell’emicrania

Angela Guarnieri di Angela Guarnieri
25 Febbraio 2025
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L’Aquila. L’emicrania è molto più di un semplice mal di testa: è una malattia debilitante che può stravolgere la vita di chi ne soffre, limitando la possibilità di lavorare, studiare, viaggiare, stare con la propria famiglia e godere dei momenti più belli della quotidianità. La paura costante del prossimo attacco, il dolore che costringe a rinunciare a impegni e progetti, la frustrazione di sentirsi intrappolati in una condizione invisibile agli altri, sono aspetti che chi vive con l’emicrania conosce fin troppo bene.
Grazie ai progressi nelle terapie preventive, come gli inibitori della via del peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), oggi è possibile guardare oltre la semplice e temporanea riduzione della frequenza degli attacchi e aspirare a una reale scomparsa delle manifestazioni della malattia.
In un nuovo position statement (documento di sintesi), pubblicato sulla rivista Cephalalgia (DOI: 10.1177/03331024251320608) la società internazionale delle cefalee (International Headache Society) invita la comunità scientifica e i clinici a rivedere gli obiettivi della prevenzione dell’emicrania, non limitandosi a riduzioni percentuali dei giorni con emicrania, ma ponendo l’accento sulla qualità della vita e sulla possibilità di viverla appieno, senza il peso costante della malattia. Il documento propone un nuovo quadro di valutazione basato su quattro livelli di controllo dell’emicrania:
  • libertà dall’emicrania: nessun giorno con emicrania o cefalea moderata-severa;
  • controllo ottimale: meno di 4 giorni al mese con emicrania o cefalea moderata-severa;
  • controllo modesto: tra 4 e 6 giorni al mese con emicrania o cefalea moderata-severa;
  • controllo insufficiente: più di 6 giorni al mese con emicrania o cefalea moderata-severa.
“L’obiettivo della prevenzione dell’emicrania non dovrebbe limitarsi a una riduzione del 50% dei giorni di emicrania, ma piuttosto mirare a garantire il massimo miglioramento possibile per chi soffre di questa patologia disabilitante”, afferma Simona Sacco, prima autrice del documento e Professore Ordinario di Neurologia all’Università dell’Aquila. “Per chi soffre di emicrania non dovremo accontentarci di un miglioramento parziale: vogliamo promuovere un cambiamento nella pratica clinica che riduca al minimo la disabilità residua e favorisca il benessere complessivo dei pazienti, affinché possano riappropriarsi delle proprie vite con serenità e libertà”.
Anche la Prof.ssa Cristina Tassorelli, Ordinario di Neurologia all’Università di Pavia e co-coordinatrice del documento, sottolinea l’importanza di questo cambiamento di paradigma:
“L’emicrania impone limitazioni profonde nella vita di chi ne soffre. Non si tratta solo della sofferenza imposta dai giorni di dolore, ma di tutto ciò che viene sacrificato: il tempo con la famiglia, il lavoro, il piacere di fare progetti senza il timore costante di un attacco. È tempo di alzare l’asticella e fissare obiettivi terapeutici più ambiziosi, affinché le persone con emicrania possano recuperare la libertà di vivere, invece di rassegnarsi a convivere con l’emicrania”.
L’IHS sottolinea che questo approccio non intende modificare i criteri di approvazione dei farmaci o le politiche di rimborso, ma piuttosto ispirare clinici, ricercatori e decisori politici a puntare più in alto nella gestione dell’emicrania, con un potenziale impatto positivo sulla salute pubblica e sui costi socio-economici della patologia.
Questo documento rappresenta un punto di svolta che mira a operare un cambiamento nella mentalità di approccio all’emicrania, perché chi soffre di questa malattia non merita solo di “stare un po’ meglio”, ma di vivere bene, con la serenità di chi non deve più preoccuparsi del prossimo attacco.
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