Pescara. “Con la presente si vuole rappresentare la posizione della segreteria regionale del sindacato Osapp sulla situazione che si è vissuta nella giornata di ieri presso la casa circondariale di Pescara, e che potrebbe tranquillamente riproporsi in uno degli altri istituti abruzzesi”. Ha dichiarato Nicola Di Felice, Segretario Regionale Osapp.
“Si parte da una considerazione di carattere generale circa la decisione che appare fuori luogo almeno nel momento della rivolta, del trasferimento della Direttrice. Noi come Osapp avevamo più volte messo in evidenza le problematiche che affliggevano l’istituto, per le quali la direttrice certo non si era forse spesa a sufficienza; infatti, si era anche arrivati a manifestare a inizio dicembre davanti la sede dell’ex PRAP. Questo sicuramente rappresenta emblematicamente il rapporto deteriorato che intercorreva tra noi sindacato di Polizia maggiormente rappresentativo e la Direzione, ma mai ci saremmo aspettati una decisione del genere in un momento così delicato. Forse la mancanza di rispetto che si è espresso con un ordine che noi riteniamo fuori luogo e fuori tempo, rappresenta plasticamente la distanza che intercorre tra Roma e l’Abruzzo. La stessa distanza che ha creato le condizioni per lo sfacelo che oggi vive la struttura pescarese. Infatti, appare evidente che se la struttura ha un sovraffollamento che si avvicina al 180% non si può certo dire che questo dipenda dalla direzione dell’Istituto o dalle donne o dagli uomini che li vanno a lavorare.
Passando ad altro punto su cui si intende mettere l’accento, certamente si deve fare un ringraziamento sentito a tutto il personale che ha retto la situazione, sia quello che si è trovato nei primi istanti della rivolta che ha superato con intelligenza i rischi propri dell’evento, sia poi al personale che da ogni dove è subito accorso a dar man forte all’interno della struttura.
Parlo di donne e uomini che magari dopo una notte di lavoro, comunque, anche se assonnati sono tornati sul posto di lavoro, parlo anche di colleghi che magari erano a casa anche a molti chilometri di distanza. Tutti hanno professionalmente partecipato e insieme hanno raggiunto l’obiettivo che si erano posti, che ricordo a tutti è anche la sicurezza della stessa città.
Infatti non va dimenticato mai, che la casa circondariale si trova aimè all’interno della città.
Se la popolazione rivoltosa riusciva a superare l’ultimo muro, che tra l’altro in alcuni punti è di ben 2 metri più basso dell’altezza regolamentare, si sarebbero trovati nel centro di un quartiere tra l’altro molto popoloso. Su questo punto ribadisco sin da ora l’invito a mettersi intorno a un tavolo a tutte quelle figure che possono finalmente portare alla costruzione di una struttura degna in un luogo più idoneo. Argomento che ciclicamente viene alla luce e poi dimenticato come nulla fosse.
Altro punto su cui si deve mettere l’accento è la combinazione che si sta creando anche in altre strutture abruzzesi, quali Teramo, Chieti, Sulmona, Avezzano e Vasto, ed esattamente quel mix mortale tra una carenza di uomini in divisa, che moltiplica le problematiche derivanti da un sovraffollamento carcerario senza precedenti, aggravato dalla carenza di tutte le altre figure che a vario titolo compongono il personale che lavora in istituto.
Infatti anche se qualcuno a vario titolo minimizza le situazioni, noi denunciamo senza se e senza ma, il sovraffollamento carcerario unito a una carenza che di personale senza precedenti.
Alcuni esempi portano fanno meglio capire: se si pensa che istituti come quello di Pescara hanno una carenza di personale di Polizia che si attesta quasi al 30% per una capienza di circa 250 detenuti. Ma poi i detenuti sono quasi il doppio, ecco che è chiaro che la carenza non è quella di cui parlano senza cognizione di causa alcune figure istituzionali. Per fare un esempio è come se un ospedale che dovrebbe ospitare 100 malati ne ospita quasi il doppio, è chiaro che i dottori, gli infermieri e tutte le altre figure vanno ricalibrate.
Questo avviene in quasi tutte le strutture d’Abruzzo, con situazioni veramente al limite sia a Teramo, sia a Pescara, come a Avezzano, Sulmona.
Ultima considerazione che si vuole affrontare è quella della tipologia di presenza negli istituti. Infatti si sta assistendo che su alcuni istituti si continua a inviare quasi esclusivamente detenuti che in altre realtà in particolar modo del Lazio hanno dato problemi. Ebbene cosa fa la politica locale? Sa la politica locale che questo porta con se anche problemi sul territorio circostante gli istituti? Quando avremo un vero sussulto regionale?”.