Avezzano. C’è il papà che è preoccupato, che racconta che la sua bimba ha sette anni e ha paura di fare qualsiasi cosa in casa, anche mettersi il pigiama da sola nella cameretta. Poi ci sono gli allevatori, che hanno le terre a via romana e che lavorano da quando erano giovanissimi, tra pecore e capre, portando avanti quei lavori che nessuno vuole più fare ma che invece loro con sacrificio e determinazione continuano a portare avanti.
Ma ci sono anche mamme, che si guardano intorno e richiamano i mariti: “Stai calmo, non ti agitare, arrivano i carabinieri e ci pensano loro”.
All’arrivo dei giornalisti sono ancora tantissimi, c’è tutto il paese, San Pelino e dintorni, hanno i cellulari tra le mani e continuano a scambiarsi informazioni in quella chat di whatsapp che in questi giorni si è rivelata un efficace canale di comunicazione, per rimanere in contatto tra compaesani. Che hanno un unico obiettivo: rimanere uniti e farsi coraggio per ripristinare la legalità, per allontanare dal territorio i ladri che stanno ossessionando le loro famiglie, che temono incursioni a tutte le ore ormai, del giorno e della notte.
Sono circa le 20.3 di domenica sera, quando si dovrebbe essere nel calore di una casa a ricaricare energie per la nuova settimana che sta arrivando e invece a San Pelino tutto il paese è in strada. Buona parte è nella parte alta, davanti a una casa, che da fuori sembra un’abitazione normale e invece dentro accoglie persone disperate, confuse, che escono fuori e cercano di spiegare che loro con quel casino non c’entrano niente.
Arrivano i carabinieri, partono le perquisizioni, nella struttura e nelle auto.
Un ospite di quella che sembra “un rifugio” per persone “fragili”, esce fuori e dice: “Io non ho fatto niente” e mostra il braccialetto elettronico che ha alla caviglia, che dimostra che è in un regime restrittivo della libertà.
Si intravede anche una donna. Qualcuno dice che anche lei vive lì. Forse fa la cuoca.
È una scena surreale quella che ci siamo trovati di fronte ieri sera nella parte più alta del paese, a San Pelino. Alla fine, quei ladri che da mesi stanno facendo razzia nelle case dei residenti, li hanno scovati e fermati gli stessi cittadini. Che hanno organizzato delle ronde, che si sono appostati in ogni angolo del territorio, dall’angolo di Caruscino 109, fino al semaforo di San Pelino e li hanno “beccati” proprio mentre tentavano il furto in una casa.
Le ultime ore della serata in molti le hanno passate davanti a quella casa che sta a pochi metri dal dipinto di San Michele Arcangelo, quello che nell’iconografia immortala il grande angelo che trafigge il demonio con la spada. Un’immagine potente, a cui il paese è affezionato. Proprio da lì parte un sentiero, che sale in montagna, c’è anche la cartellonistica del Cai. Le donne del posto ci vanno a camminare.
“Un giorno mia moglie è tornata a casa e mi ha raccontato che l’hanno fermata e le hanno detto che aveva un bel c*** e l’hanno invitata a salire”, possiamo accettare questa cosa? Le donne hanno paura ormai anche a passeggiare nel loro paese”.
Qualcuno racconta che si tratta di una casa gestita da una fondazione. Il paradosso è che la fondazione porta proprio il nome di quell’enorme angelo alato: “Fondazione San Michele Arcangelo onlus”. “Noi vorremmo sapere chi c’è dietro a questa fondazione? Da dove arrivano i soldi? Chi sostiene questi progetti?”, dicono i residenti. “Hanno portato qui i ladri, persone che vediamo bivaccare drogati, ubriachi. Si stanno rivelando pericolosi e noi siamo arrivati a un punto di non ritorno”.
Poi ci sono altri che spiegano che hanno anche seguito queste “losche” figure che girano per le case e alcuni vengono dal motel che ospita rifugiati che sta davanti al Liceo Artistico, su via Settembre. Sono tutte accuse da dimostrare. Perché le chiacchiere se le porta il vento, il detto è più vero che mai in questi frangenti. Ci vogliono denunce, ci vogliono esposti, ci vogliono testimonianze e riscontri. È la legge.
Qualcuno apre la chat e ci mostra le foto della refurtiva che qualche volta lasciano nella fuga oppure che scelgono di non trattenere perché cose di poco valore sul mercato nero.
La tensione in alcuni momenti arriva alle stelle.
Il quadro è questo. I ragazzi che ieri sera sono stati fermati a San Pelino dai residenti esasperati sono minorenni. Sono arrivati in Italia e hanno trovato accoglienza in case che sono diventate trappole. Sono ragazzi che cercavano qui un futuro, scappano da guerre, dalla fame ma qui in Italia si perdono. Ed è sotto gli occhi di tutti. Chi li controlla, chi li guida, chi li forma? Quale futuro per loro? Sembrano abbandonati a se stessi, bivaccano dalla mattina alla sera, non lavorano. E a quanto pare si sono messi a rubare.
E così da un lato ci sono loro, fantasmi in una società in cui non solo non si sono integrati ma che ora li respinge perché loro nel frattempo sono diventati pericolosi. Dall’altro ci sono i padri di famiglia, che lavorano, si costruiscono le case, fanno sacrifici e poi si trovano tutti i giorni assediati dai ladri.
Da un alto lato ancora ci sono le forze dell’ordine, contro cui lamentano la poca presenza sul territorio. Ma a quanto pare la “coperta è corta” e non è possibile in un territorio ampio e così diramato come la Marsica, avere sotto controllo tutto, 24 ore su 24. E allora ecco lo strappo, gli scontri, la paura e la mancanza di sicurezza. Che ieri sera a San Pelino sono esplosi. Per fortuna, però, nei termini della ragionevolezza e della legalità. Integrazione? Qui rimane un abbaglio.
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