Trieste. Ancora misteri nella vicenda di Liliana Resinovich, la sessantatreenne scomparsa il 14 dicembre 2021 e rinvenuta priva di vita nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico della città il 5 gennaio 2022. La Procura aveva originariamente chiesto l’archiviazione del procedimento ritenendo di poter ricondurre la morte della donna a suicidio. L’opposizione all’archiviazione proposta dai parenti è stata accolta e si è dato corso a ulteriori accertamenti, nel tentativo di percorrere anche la pista del possibile omicidio, considerando le condizioni del corpo al momento del ritrovamento, avvolto in un sacco di plastica, con un altro sacco sulla testa.
Un nuovo esame autoptico ha posto in evidenza una lieve frattura alla lamina della seconda vertebra toracica. Elemento di cui dovrà essere valutata la causa, come della tumefazione presente sulla palpebra destra, delle tracce ematiche sulla narice destra e dell’infiltrazione emorragica riscontrata sulla testa.
A ciò si aggiunga che, in sede di rinvenimento, gli abiti della donna risultavano intonsi, ulteriore particolare ritenuto meritevole di valutazione. “Se il corpo di Liliana fosse rimasto per tre settimane in quell’area dell’ex Opp, nel punto preciso dove è stato trovato”, considera la botanica Marisa Vidali, consulente dell’associazione Penelope, che fornisce assistenza legale al fratello e alla nipote di Liliana, “lo strato erbaceo, costituito perlopiù da edera, sarebbe risultato schiacciato e le foglie sarebbero ingiallite non ricevendo luce. Invece non era così.”
L’esperta, riferisce Il Piccolo, ha da poco depositato una relazione tecnica in Procura, che si focalizza, tra l’altro, sulle specie di pianta presenti nel luogo di ritrovamento e sui dati merceologici. “Nelle settimane che hanno separato la scomparsa della donna dal giorno del ritrovamento del corpo […]”, spiega Vidali al Piccolo, “ci sono stati più episodi piovosi, con esattezza il 21, il 24 e il 26 dicembre e poi il 3 e il 4 gennaio, mentre il 5 gennaio è piovuto dopo il ritrovamento di Liliana, quando il corpo era già stato protetto.”
I sacchi neri in cui si trovavano i resti mortali sono risultati puliti, il che non si accorderebbe con i dati meteorologici acquisiti. “Avrebbero dovuto essere sporchi di schizzate di terra, di foglie accumulate ai bordi con il vento, e l’assenza di queste evidenze porta a escludere che il corpo di Liliana sia rimasto lì per tutte quelle settimane.”
Circa le temperature registrate e lo stato in cui il cadavere è stato rinvenuto, la relazione dimostra inoltre che “nella maggior parte delle giornate non si andava sotto i 4 gradi, la temperatura alla quale vengono conservati i corpi.”
“In alcuni casi si sono toccati anche i 17 gradi: temperature che non possono aver contribuito certamente alla conservazione del corpo”, conclude la botanica.