Firenze. Una vecchia macchina da scrivere. Un cimelio dimenticato, recuperato in una vecchia soffitta e apparentemente privo di interesse. Eppure, potrebbe trattarsi di un oggetto direttamente in correlazione con il Mostro di Firenze, l’elusivo omicida seriale che, tra il 1968 e il 1985, ha ucciso giovani coppie appartate in auto con una Beretta .22 (mai recuperata), praticando poi sulle vittime femminili atroci mutilazioni.
Il reporter e documentarista Paolo Cochi – uno dei massimi esperti del caso – l’ha acquistata dai familiari di un uomo che, a metà degli anni Ottanta, era stato oggetto di interesse da parte dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo, come possibile responsabile dei delitti e su cui gli stessi avevano redatto un dossier. Poi, per ragioni mai chiarite, il soggetto era, per così dire, scomparso dal campo visivo degli investigatori, il suo nominativo non era stato incluso nella lista dei sospettati redatta dalla Sam, la Squadra Anti Mosto, l’organismo interforze appositamente creato per indagare sull’omicida.
Un individuo misterioso, coinvolto negli anni Sessanta nel furto in un’armeria, nel corso del quale era stata rubata anche una Beretta .22. Forse, lo stesso uomo osservato da più di un testimone a ridosso degli ultimi due duplici omicidi (29 luglio 1984, vittime: Pia Rontini e Claudio Stefanacci; 7 settembre 1985, vittime: Nadine Mauriot e Jean-Michel Kraveichvili) e di cui sono state fornite agli inquirenti descrizioni assai simili: robusto, con il viso pieno, i capelli rossicci tagliati corti, vestito in modo elegante. Gli esperti del caso sono soliti definire questo misterioso soggetto il “Rosso del Mugello”. È possibile che la macchina da scrivere oggi recuperata possa fornire un utile apporto a questa pista di indagine?
“Ho relazionato la Pm Giunti, che segue il caso, ponendo in evidenza un insieme di elementi di forte interesse investigativo a proposito del sospettato dei CC di Borgo San Lorenzo”, dichiara Cochi.
“Oltre alla denuncia del 1980 per reati contro la libertà sessuale (tentato stupro e percosse a una minore), vi sarebbe un elemento che ‘collega’ direttamente il sospettato con le attività del mostro”, continua l’esperto.
E, con riferimento appunto alla macchina da scrivere, spiega che “secondo una perizia della grafologa Clarissa Matrella, ci potrebbe essere compatibilità con le tre lettere di minaccia inviate ai magistrati Vigna, Canessa e Fleury nel 1985, da sempre considerate dalla Procura, opera del mostro.”
Cochi fa riferimento ai plichi anonimi pervenuti, dopo l’ultimo duplice omicidio, ai sostituti procuratori Paolo Canessa, Francesco Fleury e Piero Luigi Vigna.
Nei primi due, consegnati il primo ottobre 1985, vi era la fotocopia di un articolo della Nazione del 29 settembre 1985, dal titolo: “Altro errore del mostro”. Sottotitolo: “La notte del delitto tutte le strade erano controllate e la sua auto potrebbe essere stata segnalata da un casellante”. Sul bordo della fotocopia, la frase dattiloscritta: “Uno a testa vi basta”. Oltre a questo, la busta conteneva un foglio di carta con spillato il dito di un guanto chirurgico recente all’interno una cartuccia marca Winchester .22 con “H” impressa sul fondello (i proiettili utilizzati dal Mostro).
Nel plico indirizzato a Vigna e giunto in Procura il 5 ottobre 1985, guanti chirurgici e un dito di guanto contenente anch’esso una cartuccia Winchester .22 serie “H”. I tre plichi seguivano una precedente busta, indirizzata al magistrato Silvia Della Monica, che era stata a sua volta impegnata nelle indagini sui delitti, contenente un lembo del seno dell’ultima vittima femminile.
“Nell’indagine effettuata mi sono imbattuta in una macchina usurata con delle possibili omografie compatibili con le lettere fotocopiate”, dichiara la dottoressa Clarissa Matrella. “Solo con la comparazione tecnica con le originali il mio lavoro sarà completo. Inoltre sarebbe opportuno che le lettere originali fossero sottoposte alla prova del DNA da un genetista visto che il retro è stato incollato con la saliva presumibilmente e comparato con il Rosso di Mugello.”
Tutto questo e altro sarà a breve reso noto in una trasmissione di Rai Tre che di recente ha già dato risalto al lavoro di Paolo Cochi. “Nella trasmissione sentiremo i parenti dell’uomo del Mugello circa la sua attività lavorativa negli ambienti investigativi e giudiziari e il legame con un noto magistrato”, spiega il documentarista. “E parleremo di altre situazioni, come la testimone autostoppista che apprese la notizia della macabra lettera con il feticcio al magistrato Silvia della Monica, prima che la stessa era uscita sui giornali.[1] Tanti elementi e tanta ‘carne al fuoco’ sui quali la Procura, nonostante le richieste degli ex legali delle vittime, non ha provveduto fino ad ora ad alcun accertamento richiesto.”
“La linea dei legali invece è quella di una richiesta di revisione sulla condanna di Mario Vanni, operazione non ancora matura in base ai dati raccolti. Proseguo nel seguire i familiari, gli avvocati si cambiano, i familiari no. Ed io vorrei giustizia per loro, cercando un colpevole/i, non revisionare processi vecchi di 30 anni.”
[1] La descrizione che la giovane autostoppista aveva fornito dell’uomo che le aveva dato il passaggio poco dopo il delitto del 1985 e che le aveva parlato di un dettaglio di quest’ultimo prima che questo venisse reso noto, richiama a sua volta, vistosamente, il “Rosso del Mugello”.