L’Aquila. I controversi affinamenti speciali, che hanno animato anche la platea innescando un vivace dibattito tra quelli per i quali immergere il vino sotto l’acqua del mare o la neve della montagna è semplicemente un’operazione di marketing che non muta le caratteristiche organolettiche e chi invece ritiene che trasformi il prodotto.
La riscoperta degli autoctoni del Mezzogiorno con alcuni di quelli che per primi hanno iniziato a spumantizzarlo. E ancora, il confronto tra Umberto Cosmo di Bellenda Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore, Pietro Pellegrini di Pellegrini spa, Paolo Rossino, direttore Consorzio Alta Langa, Leonardo Seghetti gastronomo e tecnologo alimentare, e Mattia Vezzola, enologo e produttore, che ha offerto uno spaccato della storia della spumantizzazione italiana provando anche a tracciare la rotta di quello che è ormai il più importante segmento di mercato.
Il mondo degli spumanti si è ritrovato ieri all’Aquila con Abruzzo in Bolla, organizzato e promosso da Virtù Quotidiane col patrocinio del Consorzio di tutela vini d’Abruzzo e di L’Aquila Capitale della cultura 2026 e il sostegno del Gal Gran Sasso-Velino, per una seconda edizione che ha richiamato in città enologi, produttori, critici e giornalisti da ogni parte d’Italia.
Al colonnato di Palazzo dell’Emiciclo nell’elegante tensostruttura allestita nel piazzale antistante, per l’intera giornata sono stati aperti i banchi d’assaggio con ben 27 cantine e si sono susseguiti talk e masterclass.
Dopo il brindisi inaugurale in cui è stata stappata la magnum bene augurante come ormai da tradizione alla presenza, tra gli altri, del vice presidente della Regione e assessore all’Agricoltura Emanuele Imprudente, del presidente del Consorzio di tutela vini d’Abruzzo Alessandro Nicodemi e del presidente del Gal Gran Sasso Velino, Paolo Federico, si è subito partiti con il talk “Dalle cime agli abissi, gli affinamenti speciali dello spumante” con gli interventi di Bruno Carpitella di Vini d’Altura che posiziona le bottiglie sotto la neve del Gran Sasso d’Italia, Gianluca Grilli di Tenuta del Paguro a Ravenna che affina sotto il mare Adriatico, Pierluigi Lugano de La Cantina Bisson “Cantina degli Abissi” a Sestri Levante (Genova) che fa la stessa cosa sotto il mar Ligure, considerato uno dei pionieri dell’affinamento sott’acqua che ha avviato negli anni Novanta, Francesco Leo di Cantine Paololeo, a San Donaci (Brindisi), e Antonio Arrighi dell’Azienda agricola Arrighi di Porto Azzurro (Livorno), che immerge le uve e non le bottiglie a largo dell’isola d’Elba.
“Facciamo già degli studi e delle analisi scientifiche comparative tra il prodotto che affina in cantina e quello che posizioniamo sott’acqua o sotto la neve”, hanno detto un po’ all’unisono i relatori intervistati da Marcella Pace e rispondendo anche ad alcuni interventi del pubblico che ha chiesto perché non venissero resi pubblici questi risultati in modo da mettere fine alle controversie.
Si è proseguito con “Gli spumanti del Mezzogiorno e la (ri)scoperta dell’autoctono” condotto da Serena Leo, dove Antonio Pisante di Pisan-Battèl, a San Severo (Foggia) considerato l’alfiere del Bombino della Capitanata, Annapaola Cipolla di Tenute Orestiadi, a Gibellina (Trapani), Massimo Setaro di Casa Setaro-I vini del Vesuvio, a Trecase (Napoli), e Federico Faraone di Azienda agricola Faraone, a Giulianova (Teramo) hanno portato le proprie testimonianze, accomunate dalla produzione di bollicine a base di vitigni autoctoni, scardinando il luogo comune secondo il quale al sud non si può parlare di spumanti perché mancano storicità e tradizione.
E poi il confronto più atteso, quello condotto da Antonio Paolini con le testimonianze di Vezzola, protagonista della “saga” del Franciacorta, del direttore del Consorzio Alta Langa, Paolo Rossino, di uno dei più importanti importatori, Pietro Pellegrini, di Umberto Cosmo, produttore di Prosecco che ha analizzato il successo e l’esplosione della bollicina più venduta che trascina il mercato ma anche dei rischi che ora corre, e del professor Seghetti che ha ripercorso la storia della spumantizzazione abruzzese, “piccola di dimensioni ma profonda come tempi” come ha ricordato il moderatore.
Non è mancato un talk sull’Abruzzo, al quale sono intervenuti Imprudente, Nicodemi, Valentino Di Campli, presidente Legonziano, e Giuseppe Colantonio in rappresentanza del gruppo Citra.
E poi le due affolatissime masterclass, quella condotta da Tommaso Caporale che ha guidato una degustazione del tutto inedita che si fa con le orecchie in cui sono stati assaggiati alla cieca quattro prodotti abruzzesi del neonato marchio Trabocco Doc, attraverso il metodo di analisi acustica del perlage, e quella sull’abbinamento pizza-bolle con Antonella Amodio, che ha presentato il suo libro Calici&Spicchi, il critico Fabio Riccio e Luca Cucciniello di Parià Pizzeria Partenopea che ha sfornato pizze al padellino abbinate al metodo classico di Nododivino.
Grande successo e attenzione anche per gli show cooking dell’Unione regionale cuochi, con gli chef Stefano Ferrauti e Matteo Di Panfilo, sapientemente coordinati dal prof Vincenzo Ambrosini.
Dalle microproduzioni ai colossi della cooperazione, da chi spumantizza da decenni a chi lo fa solo da poche stagioni, dal metodo classico a quello Charmat hanno partecipato le cantine Biagi, Cantina Frentana, Cantina Tollo, Casal Thaulero, Citra, Ciccone, Centorame, Collefrisio, Contesa, Dora Sarchese, Faraone, Fausto Zazzara, Feudo Antico, La Quercia, Piandimare, Poderi Costantini, San Lorenzo, Nododivino, Legonziano, Tenuta Ulisse, Vignamadre, Vigna di More e Vinco. E nel corner collettivo c’erano i prodotti anche di D’Alesio, Illuminati, Di Ubaldo e Cioti.