Chieti. La pioggia che in questi giorni è tornata a bagnare l’Abruzzo, dopo mesi di siccità, fa sperare in un graduale ritorno alla normalità, con l’abbandono progressivo delle sospensioni notturne nella fornitura di acqua potabile, che hanno creato innumerevoli problemi, causando danni rilevanti anche al turismo. Si è parlato per l’ennesima volta di “emergenza”, ma si tratta di un’espressione decisamente fuori luogo: per essere definita emergenza, una situazione deve essere grave, straordinaria e imprevedibile, aggettivi non applicabili a un disservizio che si ripete ogni estate da decenni e che certamente si ripresenterà negli anni a venire. Senza interventi significativi sulle reti colabrodo (secondo i dati relativi al 2022, i più recenti oggi disponibili, Chieti disperde il 70,4% dell’acqua captata per usi potabili e Pescara il 54,8%), le speranze di uscire da questa situazione sono praticamente nulle. Dei tanti milioni di euro arrivati grazie al PNRR, solo una minima parte – purtroppo – è stata destinata ad aumentare concretamente la resilienza ai cambiamenti climatici. I venti milioni di euro a disposizione dell’ACA per il “potenziamento” delle reti idriche nell’area metropolitana rappresentano ben poca cosa rispetto alle esigenze.
“Potenziamento”, per inciso, è un termine ambiguo: a cosa ci si riferisce? Si inizierà a rinnovare le tubature colabrodo o si tratta di altro? In ogni caso, nell’immediato e forse anche a lungo termine, l’acqua continuerà a mancare, con bollette incomprensibili ed esose rispetto al servizio offerto. Senza dimenticare i danni che le perdite occulte possono causare: recentemente, un guasto sotterraneo all’incrocio tra Corso Marrucino e Via Spaventa, a Chieti, è stato scoperto solo quando l’acqua ha raggiunto il caveau di una banca. Quante altre perdite ci sono nel sottosuolo, minando la stabilità di un centro storico già interessato da frane e smottamenti?
Si tratta di una situazione di gravissimo disagio che non riguarda solo l’uso potabile. Anche in agricoltura, l’estate 2024 ha portato problemi, non solo a causa della siccità. I nodi sono stati legati sia alla carenza del prezioso liquido (anche per la rete di distribuzione dell’acqua per uso irriguo si parla di “colabrodo” a causa della notevole dispersione), sia alla gestione del Consorzio di Bonifica Centro, responsabile della gestione dei bacini dei fiumi Saline, Pescara, Alento e Foro. Il Consorzio, pur vantandosi sul proprio sito di avere “un ruolo basilare e di riferimento per il controllo e la difesa dell’ambiente, la sistemazione idraulica dei terreni e l’utilizzo razionale delle risorse idriche”, continua ad applicare tariffe al metro quadro e non a consumo. Così facendo, i coltivatori che risparmiano acqua sono penalizzati rispetto a chi la spreca.
La soluzione non può essere un generico aumento delle tariffe (ricordiamo, per inciso, che con le bollette dell’acqua, sia potabile sia per irrigazione, i cittadini contribuiscono anche a pagare gli stipendi, non pochi, dei dipendenti degli enti che gestiscono il servizio), poiché danneggerebbe ulteriormente i consumatori più attenti. L’unica strada percorribile, oltre alla necessità di intervenire per ridurre la dispersione anche nel settore agricolo, è l’installazione di contatori ai punti di prelievo, con conseguente tariffazione a consumo. Ovviamente, a un prezzo ragionevole: Gabriele Trovarelli, presidente del Comitato Bonifica Sostenibile, ha recentemente denunciato che “ai pochi agricoltori che hanno chiesto e ottenuto la tassazione a consumo, il Consorzio ha imposto una tariffa assolutamente sproporzionata, onerosa e ingiusta.”
“L’autunno ormai alle porte” – commenta la presidente del WWF Chieti-Pescara, Nicoletta Di Francesco – “dovrebbe ridurre i disagi tra i consumatori, limitando le interruzioni nelle forniture. Gli enti di gestione (nel caso del nostro territorio, l’ACA e il Consorzio di Bonifica Centro) dovrebbero approfittarne per mettere in atto ogni azione possibile al fine di scongiurare il ripetersi puntuale dei disagi anche il prossimo anno. Lo faranno? La storia recente, purtroppo, non induce all’ottimismo…”