Firenze. È dei giorni scorsi il “recupero” a livello giornalistico della notizia del Dna sconosciuto presente su un proiettile proveniente dalla scena dell’ultimo duplice omicidio del Mostro di Firenze (7-8 settembre 1985, vittime: Nadine Mauriot e Jean-Michel Kraveichvili).
Forse – ma sono ovviamente necessarie approfondite verifiche – una traccia dell’omicida che potrebbe concorrere alla sua identificazione.
Oggi si prospetta la possibilità di riesumare i resti di Stefania Pettini, uccisa con il fidanzato Pasquale Gentilcore il 14 settembre 1974. Secondo alcuni si tratterebbe del primo duplice omicidio del Mostro, secondo altri del secondo, dopo quello del 21 agosto 1968 (vittime: Barbara Locci e Antonio Lo Bianco).
In ogni caso, il delitto del 1974 presenta elementi di rilevo dal punto di vista criminologico: dopo aver ucciso i due giovani, l’aggressore ha posto in essere atti idonei a configurare, in embrione, quella che sarebbe in seguito divenuta la sua “firma”: con la punta dell’arma bianca ha praticato numerose incisioni intorno al seno e al pube della vittima femminile e apposto un tralcio di vite reperito in loco (la scena del delitto era in prossimità di un vigneto) nella sua vagina. Una sorta di agghiacciante prefigurazione delle mutilazioni inflitte all’esito dei delitti successivi.
Ma il delitto del 1974 rivela un ulteriore aspetto peculiare, che oggi viene riconsiderato nell’eventualità di una auspicata riapertura delle indagini. In sede di aggressione, l’omicida non è riuscito a uccidere Stefania Pettini esplodendo contro di lei tre colpi di arma da fuoco (la nota Beretta .22, mai recuperata) e, per contrastare la sua reazione, è stato costretto a infliggerle vari colpi d’arma bianca. Vi è, dunque, la possibilità che, nella colluttazione, tracce dell’omicida siano rimaste sotto le unghie della ragazza. Da qui l’odierna richiesta dei familiari di Stefania di procedere alla riesumazione della congiunta perché si effettuino le necessarie analisi forensi.
Con riferimento al duplice omicidio in questione, riemergono alcuni elementi registrati all’epoca che, opportunamente recuperati, potrebbero forse rivelarsi utili in sede di indagine. Il pomeriggio precedente al fatto, la Pettini aveva confidato a un’amica lo sgradevole incontro con uno sconosciuto, di cui purtroppo non abbiamo ulteriori dettagli.
Il titolare dell’autoscuola frequentata da Stefania aveva poi riferito ai Carabinieri di un pedinamento da parte di uno sconosciuto in auto durante una lezione di guida, il venerdì sera prima del delitto.
Più di una vittima del Mostro aveva, del resto, riferito circostanze non dissimili proprio a ridosso degli omicidi. Durante il processo per il delitto Locci-Lo Bianco, era emerso che, poco prima di morire, la stessa Barbara Locci si era rifiutata di appartarsi in auto con uno dei suoi amanti affermando di essere pedinata da un malintenzionato che avrebbe potuto ucciderli a colpi di pistola.
“Se dovessero chiedermi l’autorizzazione per riesumare il corpo di Stefania dicendomi che esiste anche solo una possibilità di scoprire la verità, io gliela darei”, dichiara a Repubblica Tiziana Bonini, cugina di Stefania Pettini. “Non ci ho dormito la notte prima di rispondere. Sono passati cinquant’anni, ma io ho sempre detto che non voglio morire senza sapere chi l’ha uccisa e perché lo ha fatto”.
“Ho presentato un’interrogazione al ministro Nordio affinché la procura di Firenze riesumi i corpi di Stefania Pettini e Jean Michel Kraveichvili, due delle 14 (o 16) vittime del Mostro di Firenze, per come richiesto dai loro stessi congiunti, dopo il ritrovamento di un Dna ignoto”, scrive in una nota il vicepresidente del gruppo di FdI alla Camera, Alfredo Antoniozzi. “Non voglio fare dietrologie, né difendere nessuno, né posso dire ovviamente qualcosa in materia se non quello che disse il mio grande concittadino, Francesco Bruno, criminologo di fama mondiale, che si disse convinto che il Mostro fosse ancora vivo”, prosegue Antoniozzi. “Dinanzi a una possibile notitia criminis la Procura di Firenze deve agire, peraltro avendo anche l’autorizzazione dei familiari di questi due poveri ragazzi, uccisi brutalmente.”