L’Aquila. Il presidente della sezione penale e del collegio giudicante della Corte d’Appello dell’Aquila, Aldo Manfredi, ha provveduto al deposito della sentenza numero 294/2024 del processo a carico di 28 imputati relativo alla tragedia di Rigopiano avvenuta il 18 gennaio del 2017 e costata la vita a 29 persone che morirono nell’hotel travolto da una valanga.
A renderlo noto è la stessa Corte d’Appello in una breve comunicazione pubblicata sul suo sito web. “Con la nevicata abbondante in quel momento in corso, si sarebbe dovuta attivare la macchina dell’emergenza attraverso la chiusura e pulizia delle strade e, soprattutto, l’evacuazione dell’hotel”. Queto il succo della sentenza, seicento pagine nelle quali i giudici della Corte d’appello dell’Aquila spiegano il perché della parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale di Pescara a febbraio dell’anno scorso. Tre imputati che in primo grado erano stati assolti sono ora stati condannati in appello. Si tratta dell’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, condannato a un anno e otto mesi per omissione di atti d’ufficio e falsità ideologica; dell’ex capo di gabinetto della Prefettura, Leonardo Bianco, che dovrà scontare una condanna di un anno e 4 mesi per falso; del tecnico del Comune di Farindola, Enrico Colangeli, per il quale la Corte ha deciso una pena di due anni e 8 mesi per omicidio colposo e lesioni plurime. La sentenza ha confermato le condanne di primo grado per il sindaco di Farindola, Lacchetta, a 2 anni e 8 mesi, per i dirigenti della Provincia, Mauro Di Blasio e Paolo D’Incecco, a 3 anni e 4 mesi, per il tecnico Giuseppe Gatto a 5 mesi, per l’ex gestore del resort Bruno Di Tommaso a 5 mesi.
“Il deposito è avvenuto anticipatamente a quello assegnato”, si legge nella comunicazioni”, onde consentire alle parti di usufruire di ulteriore tempo per lo studio della sentenza, al fine della eventuale proposizione di impugnazione”. La scadenza naturale del termine era fissata al 10 maggio. L’hotel fu distrutto da una valanga il 18 gennaio del 2017, sotto le macerie sono morte 29 persone. Nelle seicento pagine di sentenza i giudici della Corte d’appello dell’Aquila spiegano il perché della parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale di Pescara a febbraio dell’anno scorso: il ragionamento del collegio si concentra sulla situazione meteorologica e sul conseguente rischio valanghe. Si sarebbe dovuto chiudere la strada, sgomberarla dalla neve ed evacuare il resort, azioni che spettavano alla Provincia e al Comune di Farindola, in primis. Attività operative nelle quali sempre secondo la valutazione dei giudici di secondo grado, rientrava anche la Prefettura di Pescara che nella persona del suo massimo rappresentante, Provolo, sarebbe venuta meno con la mancata attivazione del centro coordinamento dei soccorsi e della sala operativa, azioni che al contrario sarebbero state falsamente comunicate al ministero come avvenute. Presunte omissioni quelle del prefetto che, sempre secondo il ragionamento della Corte d’appello dell’Aquila, non avrebbero influito direttamente sulla morte delle 29 persone visto che i tecnici erano comunque stati sentiti e non avevano dato al prefetto specifiche indicazioni per assumere determinati provvedimenti che avrebbero potuto impedire la catastrofe.