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Omicidio Pavone: chiesta la conferma della condanna a 30 anni di reclusione per Gagliardi

Redazione Centrale di Redazione Centrale
23 Aprile 2016
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Pescara. Il procuratore generale della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila, Romolo Como, ha chiesto la conferma della condanna a 30 anni di reclusione emessa in primo grado a carico di Vincenzo Gagliardi, impiegato delle Poste a Pescara e originario di contrada San Martino di Chieti, per l’omicidio dell’ingegnere informatico Carlo Pavone, colpito sotto casa a Montesilvano (Pescara) con un colpo di fucile il 30 ottobre 2013 e morto il 16 novembre 2014 dopo un anno di coma. giustizia- tribunaleIl pg ha, quindi, chiesto il rigetto del ricorso presentato dal legale di Gagliardi, l’avvocato Renzo Colantonio, che ha riproposto sostanzialmente la linea difensiva adottata in primo grado. L’imputato, agli arresti domiciliari da diversi mesi, in primo grado era stato condannato per omicidio volontario premeditato dal gup del Tribunale di Pescara, Maria Carla Sacco, al massimo della pena, cioe’ l’ergastolo, ridotto pero’ a 30 anni per lo sconto di pena previsto dal rito abbreviato. Secondo l’accusa, Gagliardi, che in passato ha lavorato con la moglie di Pavone e con la quale aveva una relazione sentimentale di cui la vittima era a conoscenza, avrebbe atteso l’ingegnere informatico sotto casa e gli avrebbe sparato. Il procuratore Como, durante la sua requisitoria, ha sostenuto che le prove attestano la responsabilita’ di Gagliardi, oggi presente in Aula. Dello stesso avviso gli avvocati Massimo Galasso e Marino Di Felice, legali dei fratelli di Pavone, Adele e Rocco, e della madre Concettina Toro, parti civili. La difesa ha invece sostenuto l’innocenza dell’imputato facendo leva su alcuni elementi, come, ad esempio, il coltello rinvenuto sul luogo del delitto, prova, a suo dire, dell’innocenza di Gagliardi. Colantonio ha poi argomentato che le sostanze rinvenute sugli indumenti del suo assistito non sarebbero di provenienza univoca da arma da fuoco. Inoltre, ha contestato la fattibilita’ sotto il profilo spazio temporale. La Corte, presieduta dal giudice Luigi Catelli (a latere Armanda Servino), ha rinviato al 20 maggio per le repliche e la sentenza.

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