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Inchiesta Eni: i rifiuti della Basilicata nell’impianto di Chieti. Per la Procura sono pericolosi

Redazione Centrale di Redazione Centrale
18 Aprile 2016
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Chieti. ”L’inchiesta petrolio in Basilicata interessa l’Abruzzo. Oltre 13.000 tonnellate di rifiuti degli impianti petroliferi lucani conferiti a Chieti scalo nel 2013 e 2014”. petrolio_passeraLo ha annunciato il Forum H2O, precisando che ”le carte dell’inchiesta della Procura di Potenza sull’ENI di Viggiano parlano anche dell’Abruzzo Oltre alla questione che riguarda il Direttore tecnico dell’ARTA Abruzzo Giovanni Damiani, si parla in più parti del conferimento di ben 13.482,42 tonnellate di rifiuti liquidi provenienti dalle attività di estrazione (273,3 nel 2013 e 13209,12 nel 2014) che sarebbero state trasportate all’impianto di Chieti scalo della società Depuracque srl in località S. Martino (l’azienda Depuracque, almeno nelle carte dell’inchiesta lucana che abbiamo potuto consultare, non è indagata)”. Per l’associazione abruzzese “il cuore dell’inchiesta riguarda proprio la classificazione di questi rifiuti, che l’ENI dichiarava ‘non pericolosi’ (codice CER 16 10 02) mentre la procura di Potenza, tramite una perizia, li ritiene ‘pericolosi’. Il codice rifiuto da applicare sarebbe stato il 19 02 04* ‘Miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuti pericoloso’ e 13 05 08* ‘Miscugli di rifiuti delle camere a sabbia e dei prodotti di separazione acqua/olio’. Agli atti ci sono intercettazioni in cui si parla di problemi di cattivi odori provenienti dai rifiuti che avrebbero interessato diversi impianti in cui venivano smaltiti i rifiuti prodotti dalle estrazioni, tra cui quello chietino. Secondo la ricostruzione degli inquirenti la questione dei cattivi odori era diventato un problema per gli indagati tanto che uno di loro avrebbe usato un tono di minaccia per l’impianto chietino in cui si sarebbero verificate problematiche odorigene causate dal rifiuto. In un’intercettazione, infatti, si parla chiaramente della Depuracque e dell’intento di togliergli il subappalto qualora le lamentele fossero continuate e se non avessero accettato 10 carichi al giorno”. La Procura di Potenza avrebbe specificato che l’impianto chietino era comunque autorizzato anche per trattare i due codici CER di rifiuti pericolosi che avrebbero dovuto essere assegnati ai rifiuti secondo la procura lucana. Il Forum H20 ricorda che “pochi mesi fa proprio i vertici di Depuracque srl, assieme ad esponenti del Consorzio di Bonifica Centro, sono stati al centro di un’altra e diversa inchiesta, questa volta della Procura distrettuale antimafia di L’Aquila, che ha ipotizzato anche il traffico illegale di rifiuti. Sarebbe interessante capire se la grande mole di rifiuti pervenuti dalla Basilicata a Chieti come rifiuti non pericolosi siano poi stati trattati adeguatamente e correttamente (e a costi maggiori per ENI; la Procura di Potenza ha calcolato in diverse decine di milioni di euro il vantaggio per ENI dalla diversa classificazione dei rifiuti) nell’impianto chietino come rifiuti pericolosi dalla ditta che li ha accettati e smaltiti. In ogni caso, al di là delle questioni penali e dell’inchiesta che farà il suo corso, basta vedere i quantitativi di rifiuti in gioco per capire la totale insostenibilità ambientale della deriva petrolifera”.

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