Roma. Nel 2022 si era insistentemente parlato della riapertura delle indagini sull’omicidio di Simonetta Cesaroni, uccisa nell’agosto 1990, con ventinove coltellate, nell’ufficio dell’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù (AIAG), sito in via Poma n. 2, nel quartiere Prati.
Le nuove indagini avevano preso il via a marzo, da un esposto dei familiari della ragazza. A coordinarle, si legge sul Fatto Quotidiano, la Pm Ilaria Calò, lo stesso magistrato che aveva sostenuto l’accusa nei confronti di Raniero Busco, l’ex fidanzato della vittima, assolto definitivamente in Cassazione.
Riesaminati i documenti di allora. Interrogati nuovamente i testimoni, circa venti. Effettuati gli accertamenti, sembra non siano emersi elementi utili per proseguire. Il Corriere della Sera riferisce che la Pm Gianfederica Dito ha deciso di chiedere l’archiviazione, che ora dovrà passare al vaglio del Giudice per le indagini preliminari. Probabile che i familiari, difesi dall’avvocato Federica Mondani, presentino opposizione.
La Commissione antimafia della precedente legislatura si era interessata a sua volta del caso. Proponendo spunti investigativi potenzialmente utili. Aveva evocato depistaggi posti in essere dopo il fatto, “un’attività post delictum, intesa ad occultare il fatto omicidiario o […] persino ad attuare un qualche proposito di spostamento della salma dal luogo in cui fu poi rinvenuta.”
“Resta ragionevole credere che l’omicida fu persona che aveva un notevole livello di dimestichezza con lo stabile, se non proprio con l’appartamento”, si legge nella relazione proposta dalla Commissione dopo l’istruttoria espletata. “Si deve essere trattato di persona che poteva contare su un rapporto di confidenza con la vittima o che era in grado di approfittare della fiducia di Simonetta o quantomeno, in via subordinata, di non indurla in sospetto o in allarme, trovandosi a tu per tu, in situazione di isolamento.”
Ancora: “Rimane estremamente probabile che l’omicida sia di gruppo sanguigno A, perché sarebbe altrimenti poco spiegabile che a tale gruppo sanguigno debbano essere ricondotte le macchie ematiche rinvenute su interno, esterno e maniglia della porta della stanza dove venne ritrovato il cadavere”. Delle molte ipotesi “avanzate per spiegare questa risultanza degli esami sui reperti ematici, tutte comunque risultano conducenti nell’identificare il sangue repertato nell’appartamento come quello dell’omicida, magari anche frammisto a quello della vittima. Appare altamente probabile che l’aggressore si sia ferito nella colluttazione e nella ancor più feroce e violenta dinamica omicidiaria.”
Secondo qualcuno, l’identità dell’assassino si cela nelle carte dell’indagine. Tra coloro che, nel corso dei tre decenni che si separano dall’omicidio, sono stati sottoposti a indagini e accertamenti forensi. O che, per qualche ragione, a tali accertamenti sono sfuggiti.
Tre anni fa, in occasione del trentesimo anniversario dell’omicidio, l’avvocato Mondani, aveva rivolto un appello agli inquirenti: “Resta il dolore e restano tanti dubbi: il Pm dia segnali, le indagini potrebbero essere riaperte”. L’assassinio di via Poma, aveva detto, “rappresenta una sconfitta per tutto il sistema giudiziario italiano, una sconfitta per lo Stato. Bastava qualche approfondimento in più ma ciò non è stato fatto.”
Il commento
“Non penso ci sia nulla da commentare, restiamo in attesa di una decisione definitiva”, È quanto ha dichiarato a Fanpage il deputato Pd Roberto Morassut dopo la richiesta di archiviazione. “La magistratura ha sicuramente più elementi per valutare. In fondo sono passati 33 anni da quel tragico pomeriggio di agosto. Sicuramente è sempre più complicato riaprire casi che risalgono a così tanti anni fa. Cercare prove. Molti personaggi che potevano aver avuto un ruolo nella vicenda non ci sono neanche più.”
“Come con i casi di scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori (per cui è stato primo firmatario, ndr) ho cercato di illuminare il Parlamento”, sono sempre parole di Morassut a Fanpage. “Abbiamo avuto già modo di affrontare il tema di una specie di inflazione delle commissioni di inchiesta, ma ce ne sono alcune che hanno un senso. Ed è quello che penso di questi tre casi. Secondo me aveva senso che il Parlamento si occupasse dei Cesaroni e Orlandi, seppur diversi, per una ricostruzione storica e inquirente. La proposta di legge è in commissione giustizia, ma non fa passi avanti. Forse perché si considera la vicenda non un delitto di Stato, ma un fatto di cronaca.”
“Non voglio fare polemiche: ho una mia visione dei fatti, una mia idea, non pretendo che sia quella giusta. Ma un po’ però mi dispiace che la questione si fermi così. Non perché valuti male il lavoro della magistratura, anzi ritengo che ormai gli elementi disponibili si sia talmente sfibrati che ricongiungerne i fili sia diventato difficile”, conclude.